Ci sono troppe cose in streaming da tradurre
E ce ne saranno sempre di più, tanto che c'è chi parla di carenza di traduttori e di un settore vicino alla saturazione
Su Netflix Strappare lungo i bordi si può ascoltare in inglese, francese e spagnolo (farlo è un’esperienza strana ma a suo modo interessante) e leggere in greco o tedesco, e da qualche giorno Squid Game è finalmente disponibile con il doppiaggio italiano (sebbene non sembra che l’ostacolo rappresentato dai sottotitoli avesse dissuaso molti dal vederla). Per chi è ancora qui e non è andato a sentire come si dice «andiamo a pija er gelato» in inglese o che voce ha in italiano la letale bambola robot di un-due-tre-stella, questi sono solo due esempi per dire che da Netflix in giù ogni grande servizio di streaming punta ormai a essere globale, e che esserlo vuol dire avere contenuti sottotitolati o doppiati in quante più lingue possibili.
Negli ultimi anni è senz’altro aumentata la richiesta di traduttori, doppiatori, tecnici del suono e addetti alla fornitura di servizi linguistici: in inglese si parla di LSP, acronimo di “Language Service Providers”. C’è così tanta richiesta, e a ritmi così alti, che secondo il sito di tecnologia Rest of World, che ne ha parlato con alcuni addetti ai lavori, già ora c’è una «grave carenza di traduttori» e l’intero settore della localizzazione (il termine con cui si fa spesso riferimento a tutte le azioni di traduzione volte a “localizzare” un contenuto per una certa lingua e un certo paese) «ne risulta spinto fino ai limiti».
David Lee – amministratore delegato di Iyuno-SDI, una delle più grandi società di localizzazione al mondo – ha detto: «Posso affermare che in questo settore nei prossimi due o tre anni la domanda supererà l’offerta», visto che il settore «semplicemente non ha abbastanza risorse per fare quel che gli viene richiesto».
Nel cinema e nella tv, il bisogno di tradurre e tradurre in fretta c’era già prima di Netflix: per esempio per rendere disponibile in Italia e in italiano, una settimana dopo l’uscita statunitense, le nuove puntate di Game of Thrones, che col passare degli anni sempre più persone guardavano però in lingua originale.
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Negli ultimi anni il processo si è però senz’altro velocizzato: Netflix – che fino al 2015 non c’era in Italia e che divenne davvero “globale” solo nel 2016, quando arrivò in un colpo solo in 130 nuovi paesi – oggi ha oltre il 60 dei suoi abbonati in paesi diversi dagli Stati Uniti, e da quei paesi è arrivato anche l’83 per cento dei nuovi abbonati del 2020. Sulla sua scia, qualcosa di molto simile lo stanno facendo anche Disney, Amazon, Apple e, seppur in misura minore, tanti altri.
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Come ha scritto Rest of World «sono in tanti a competere a livello mondiale» e «ogni nuovo mercato presuppone nuovi sforzi e nuove spese di traduzione».
Le poche grandi società di traduzione e doppiaggio, le uniche che possono gestire i grandi ordini e le strettissime scadenze spesso richiesti dai grandi servizi di streaming, si trovano quindi con sempre più richieste e sempre meno tempo. Per questo, Chris Fetner – direttore dell’Entertainment Globalization Association (EGA), un’associazione di categoria per aziende di localizzazione – ha anticipato che nei prossimi anni si arrivi a una sorta di ingorgo, con aziende che non riusciranno a prendere nuovi ordini prima di aver esaurito i precedenti e con servizi di streaming che pagheranno sempre più per far sì che i propri contenuti passino davanti alla fila.
Così come Lee, anche Fetner – che per quasi dieci anni ha lavorato a Netflix occupandosi proprio di localizzazione – ha detto che fino a qualche anno fa «il settore riusciva a gestire la domanda» ma che già ora «sta raggiungendo il punto di saturazione ed è come una spugna troppo impregnata d’acqua». Secondo Fetner, molte aziende rappresentate dall’EGA sono già piene di lavoro fino a dopo il 2022 e che «ogni giorno capita di sentire qualcuno che ha rifiutato qualche nuovo contenuto da tradurre».
La prima soluzione, come sempre in questi casi, sarebbe assumere nuovi doppiatori, traduttori e tecnici del suono, o adoperarsi per formarne di nuovi quanto prima. Parlando soprattutto di traduttori, Lee ha detto però che è difficile trovare esperti già pronti, che ci vuole tempo per formarne di nuovi. Inoltre, in molti casi tempi, stipendi e condizioni di lavoro sono peggiori di quelle che si potrebbero trovare in altri contesti legati alla traduzione. Iyuno-SDI, che lavora in oltre 100 lingue e traduce oltre 600mila episodi l’anno, è stata criticata per quanto poco paga certi suoi collaboratori.
Un’altra soluzione, molto più semplice, è lavorare più rapidamente, però con risultati più scadenti. Secondo Rest of World sta già succedendo: cita a questo proposito un recente sondaggio dell’EGA che ha chiesto a 15mila abbonati italiani, francesi, tedeschi e spagnoli a diversi servizi di streaming di dire quanto fossero soddisfatti di doppiaggi e sottotitoli. Più della metà di loro ha detto di aver trovato, almeno una volta al mese, doppiaggi o sottotitoli che li avevano delusi.
Florencia Lago, traduttrice argentina che si è occupata della versione spagnola di Squid Game (ovvero El juego del calamar) per conto di Iyuno-SDI, ha raccontato che non parla coreano e di aver quindi lavorato a partire dall’inglese: capita spesso, con contenuti in certe lingue, che li si traduca in inglese e poi da lì in altre lingue. Questo procedimento è noto come templating e rende tutto più veloce e meno caro, visto che un traduttore inglese>spagnolo costa meno ed è più facile da trovare di uno coreano>spagnolo.
Rispetto alla traduzione diretta il templating aggiunge quindi un passaggio in più alla traduzione, cosa che spesso finisce per appiattire il linguaggio, duplicare eventuali piccoli errori e soprattutto filtrare ogni frase, concetto, parola o modo di dire attraverso la lingua inglese.
«Immaginatevi» – ha detto a Rest of World il traduttore dall’hindi al francese François-Xavier Durandy – «di dover tradurre un contenuto francese in coreano e poi ritradurlo in inglese, anziché andare direttamente dal francese all’inglese».
Per il futuro, non quello a breve termine, in questo settore potrebbero accadere soprattutto due cose. La prima è che, come succede in molti altri contesti quando certe aziende crescono molto, è che Netflix, Disney+ o Amazon Prime Video possano pensare di iniziare a tradursi da sole, senza la collaborazione di aziende esterne, i propri contenuti. Richiederebbe grandi investimenti iniziali, ma darebbe molti benefici, compreso limitare i rischi legati al dover condividere con altre aziende contenuti magari ancora non disponibili online. La seconda possibile novità per il futuro è rappresentata – pure qui – dalle intelligenze artificiali e da tutti i contributi che potrebbero dare, e in parte già stanno dando, nell’automazione delle traduzioni, o di certi loro aspetti.
I tariffari base previsti da Netflix per le sue traduzioni per il doppiaggio, per i sottotitoli e anche per le audiodescrizioni, da e verso varie lingue, si possono vedere qui.
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