Ai comuni mancano i dipendenti per gestire i soldi del PNRR
C'è il rischio che 70 miliardi di euro rimangano inutilizzati: il governo vuole rimediare con un piano straordinario di assunzioni
Tra pochi giorni a Camporotondo Etneo, un comune di cinquemila abitanti in provincia di Catania, non ci saranno più agenti di Polizia locale. L’ultimo in servizio andrà in pensione il 7 dicembre e non potrà essere sostituito almeno per i prossimi mesi. Ma anche altri uffici sono vuoti: molti funzionari hanno approfittato di Quota 100 e nel giro di poco tempo il Comune è passato da venti a quindici dipendenti.
Il sindaco Filippo Privitera sa quante difficoltà ci siano nell’impegnarsi a ottenere i fondi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza da 221,1 miliardi di euro: gli enti locali sono determinanti per spendere quei soldi, un’opportunità unica dopo anni di tagli, ma senza dipendenti sarà complesso se non impossibile seguire i bandi, preparare i progetti, controllare che i fondi vengano spesi bene. «Nelle riunioni con i miei colleghi sindaci viene spesso proposto di utilizzare i fondi del PNRR per finanziare i progetti», dice Privitera. «Alla domanda “chi può mettere i tecnici?” non risponde mai nessuno. Mi dispiace dirlo, ma siamo destinati a perdere questi soldi».
Camporotondo Etneo non è un’eccezione. Ovunque in Italia ci sono comuni, piccoli e grandi, al Sud come al Nord, che non hanno professionisti e competenze per presentare i progetti ai ministeri, affidare i lavori, eseguirli e controllarli nei tempi richiesti dal piano. L’economista Carlo Cottarelli, su Repubblica, l’ha chiamato «l’imbuto degli enti locali».
Secondo i dati della Ragioneria dello Stato pubblicati dal Sole 24 Ore, oggi i comuni hanno 320.304 dipendenti. Nel 2010 erano 392.856, mentre nel 2001 451.878: in dieci anni i dipendenti sono diminuiti del 18,5 per cento, in vent’anni del 29,1 per cento, quasi un terzo. A causa del ricambio molto limitato, inoltre, l’età media si è alzata dai 45 anni del 2001 fino ai 53 del 2021.
Il calo è distribuito in tutte le regioni italiane, con oltre il 30 per cento in Molise, Campania, Basilicata, intorno al 20 per cento nelle Marche, in Lombardia, Toscana e Piemonte e riduzioni inferiori al 20 per cento solo in Calabria, Sicilia, Emilia-Romagna e Veneto. L’unica eccezione è il Friuli Venezia Giulia che grazie allo Statuto di autonomia ha potuto assumere e aumentare il personale di quasi il 40 per cento negli ultimi dieci anni. «Le preoccupazioni che i sindaci stanno esprimendo, cioè la preoccupazione di un affanno della macchina amministrativa, la condividiamo», ha detto a metà ottobre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.
Finora si è discusso poco delle possibili conseguenze di queste lacune sulla riuscita del PNRR perché il governo guidato da Mario Draghi ha deciso di dedicare le prime fasi del piano all’approvazione delle riforme generali – giustizia, concorrenza, fisco – e di riservare gli investimenti pubblici e gli incentivi agli investimenti privati ai prossimi anni.
Questa scelta consente al governo di rispettare i primi impegni richiesti dalla Commissione europea – al momento, secondo il ministro dell’Economia Daniele Franco sono stati raggiunti 35 obiettivi su 51 previsti entro la fine dell’anno – senza avere conseguenze sull’erogazione dei fondi a causa delle difficoltà degli enti locali.
Ma le preoccupazioni restano, pur rimandate di qualche mese, e sono dovute principalmente alla significativa quota di risorse del PNRR che gli enti locali sono chiamati a gestire: un flusso di denaro straordinario che si aggiunge alla già complessa ordinaria amministrazione.
Secondo uno studio curato dall’Ufficio parlamentare di bilancio e presentato durante un’audizione alla commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, fino al 2026 gli enti locali avranno potenzialmente a disposizione tra i 66 e i 71 miliardi di euro, circa il 35 per cento delle risorse economiche del Recovery Fund complessivamente destinate all’Italia, 191,5 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 30 miliardi garantiti dal fondo complementare deciso dal governo.
La distribuzione delle risorse dipende dalle competenze degli enti locali. Il PNRR, infatti, è suddiviso in sei settori che sono stati chiamati “Missioni”.
La missione 5, chiamata “Inclusione e coesione”, coinvolge principalmente le Regioni che gestiscono le politiche del lavoro: saranno investiti 5,6 miliardi in diversi progetti, tra cui il potenziamento dei centri per l’impiego. La parte dedicata alla “Coesione” – rigenerazione urbana e riduzione del degrado, piani urbani integrati, politiche abitative – vale invece tra gli 11,3 e i 13 miliardi di euro e avrà competenze divise tra le Regioni e i comuni.
Lo stesso vale per la missione 2, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, la più importante dal punto di vista economico con 18 miliardi gestiti dagli enti locali su 60 totali. I soldi saranno impiegati per investimenti nei trasporti rapidi di massa e nel rinnovo delle flotte di bus e treni (6,5 miliardi), oltre che per la tutela del territorio, come il contenimento del rischio idrogeologico (2,4 miliardi) e il miglioramento dell’efficienza delle prestazioni energetiche dei comuni (6 miliardi).
I comuni hanno un ruolo centrale anche nella missione 4, chiamata “Istruzione e ricerca”, con il piano di potenziamento degli asili nido che prevede poco meno di 265mila nuovi posti (grazie una spesa di 4,6 miliardi in 6 anni) e il programma di messa in sicurezza e miglioramento degli edifici scolastici che assegna 3,9 miliardi alla ristrutturazione di oltre duemila scuole dal punto di vista strutturale e dell’efficienza energetica.
Per ottenere i fondi necessari a realizzare questi progetti, gli enti locali devono partecipare ai bandi pubblicati dai ministeri competenti, devono realizzare gli interventi nel rispetto delle leggi – quindi con tutte le procedure previste per fare un’opera pubblica, pur con una serie di semplificazioni – e devono rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo. Tutti i progetti devono essere conclusi entro il 31 marzo 2026: considerati i tempi di realizzazione di molte opere pubbliche italiane, è una scadenza piuttosto ambiziosa.
Secondo un’indagine curata da The Innovation Group e Gruppo Maggioli a cui hanno partecipato 224 enti, tra comuni, province, regioni e scuole, l’86 per cento degli enti pubblici che hanno risposto giudica il PNRR un’occasione importante per promuovere nella pubblica amministrazione le riforme strutturali auspicate da tempo. Tuttavia, per il 41 per cento degli enti intervistati la Pubblica amministrazione è «poco o per niente» pronta a recepire il PNRR.
Uno dei problemi più rilevanti che riguardano direttamente i comuni è lo storico scarto di efficienza tra le diverse aree del paese. Non è un caso che tra gli obiettivi del PNRR ci sia la riduzione del divario tra le regioni italiane, in particolare tra Nord e Sud, anche attraverso l’assegnazione del 40 per cento delle risorse economiche alle regioni del Mezzogiorno: in totale, comprendendo i fondi strutturali europei e il fondo di sviluppo e coesione, le regioni del Sud dovranno gestire 87 miliardi di euro in condizioni già precarie.
È noto il caso della Sicilia, che aveva presentato 61 progetti per l’attribuzione di 1,6 miliardi di euro del PNRR destinati ad agricoltura e infrastrutture irrigue: il ministero non ne ha approvato nemmeno uno, perché nessuno rispettava tutti i criteri necessari.
Il ministero ha spiegato che la Regione aveva commesso una serie di errori. In varie note dei mesi scorsi il ministero aveva già mosso alcune obiezioni dando tempo dieci giorni per i correttivi. Era stato contestato, per esempio, che alcuni tecnici che avevano effettuato i controlli sulla qualità dei progetti non avevano i requisiti per poterli fare, ottenuti solo in data successiva agli accertamenti già svolti. In altri casi, progetti che ricadono in aree diverse della Sicilia erano stati validati lo stesso giorno dal medesimo perito. Infine, in molti casi era segnalata la carenza di documentazione a corredo delle domande di finanziamento.
Tutti questi problemi sono legati alla mancanza di dipendenti o di competenze. Mario Emanuele Alvano, segretario generale di ANCI Sicilia, l’associazione nazionale dei comuni italiani, ha spiegato che nei comuni siciliani mancano molti dirigenti, figure essenziali per partecipare ai bandi e ottenere i fondi del PNRR. La carenza dipende quasi sempre dalle scarse capacità finanziarie dei comuni. «Dove non c’è stabilità finanziaria non posso assumere», dice. «Questa situazione di blocco dura da almeno un decennio e riguarda la maggior parte dei comuni siciliani».
Ogni giorno Alvano riceve telefonate di sindaci che lamentano le inefficienze causate dal blocco delle assunzioni che ha allontanato dalla pubblica amministrazione i professionisti più qualificati. Mancano ingegneri, architetti, tecnici specializzati. «Ma ci sono molti comuni che non hanno responsabili dell’ufficio tecnico o dell’ufficio finanziario. Senza un adeguato livello di progettazione definitiva ed esecutiva garantito da queste figure non si può accedere alle risorse del PNRR. Ci stiamo presentando a un appuntamento storico con le difficoltà che avevamo prima».
Il governo sta cercando di rimediare alla mancanza di dipendenti con due diversi programmi per consentire agli enti locali di assumere nuove persone dopo il blocco degli ultimi anni. Verrà presentato un emendamento al decreto legge PNRR (dl 152/2021) all’esame della commissione bilancio della Camera per consentire ai comuni di assumere fino a 15mila dipendenti a tempo determinato per l’attuazione dei progetti del PNRR.
In sostanza, alla possibilità di assumere determinata sulla base della sostenibilità finanziaria, cioè a un rapporto tra entrate e spese che sia sostenibile, si aggiunge una seconda possibilità di assumere che favorisce i comuni più piccoli secondo parametri che, però, non sono stati ancora comunicati.
Questa soluzione consentirà, tra le altre cose, di non occupare i posti per le assunzioni a tempo indeterminato: in questo modo i comuni potranno comunque potenziare il personale e assumere professionisti a tempo determinato dedicati esclusivamente ai progetti del PNRR.
L’ANCI ha stimato che grazie a questi correttivi si potranno liberare risorse economiche per 600 milioni di euro. Il presidente dell’ANCI, il sindaco di Bari Antonio Decaro, ha detto che questo emendamento è «una prima risposta, ma dobbiamo salutarla come un passo avanti, indispensabile affinché i comuni possano far fronte allo stesso tempo alle loro funzioni ordinarie e, in aggiunta, all’impegno straordinario di varare e poi attuare i programmi del PNRR che li riguardano».
Da pochi giorni, inoltre, il ministero della Pubblica amministrazione ha pubblicato gli avvisi per il reclutamento di mille tecnici ed esperti che aiuteranno gli enti locali a gestire i progetti del PNRR: ingegneri, architetti, biologi, chimici, fisici, esperti giuridici, digitali e gestionali, informatici, statistici, agronomi, geologi, geometri. Sono tra coloro che formeranno le squadre di “pronto intervento PNRR”, si legge sul sito del ministero della Pubblica amministrazione, per «eliminare i colli di bottiglia» sui territori, supportare le amministrazioni locali nella gestione delle procedure complesse, dagli appalti alle autorizzazioni ambientali, e accelerare l’attuazione dei progetti e degli investimenti.
I mille professionisti ed esperti, destinati per il 40 per cento alle regioni del Sud e per il 60 al Centro Nord, rimarranno al lavoro per tre anni. I tempi di candidatura sono stati molto ridotti, dal 30 novembre al 6 dicembre, e non si sa ancora quanti tecnici si sono fatti avanti.