La visita del Papa a Lesbo, in Grecia
È andato nel campo profughi di Kara Tepe, e ha definito la situazione disperata dei migranti un «naufragio di civiltà»
Domenica, nella penultima giornata del suo viaggio tra Cipro e Grecia, Papa Francesco ha visitato il campo profughi di Kara Tepe a nord di Mitilene, capoluogo dell’isola greca di Lesbo. Il campo è gestito dall’amministrazione locale in collaborazione con l’UNHCR, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, e ospita migliaia di richiedenti asilo provenienti dai paesi del Medio Oriente. È la seconda volta che il Papa visita Lesbo e i suoi campi profughi negli ultimi cinque anni. Durante la visita ha detto:
«Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà».
A settembre dell’anno scorso il vecchio campo profughi dell’isola a Moria, che allora ospitava circa 13mila persone, oltre quattro volte la capienza massima prevista, fu completamente distrutto da un incendio appiccato dai migranti che protestavano per le condizioni sanitarie aggravate dalla pandemia. Il campo di Moria è stato poi sostituito da quello di Kara Tepe, realizzato con finanziamenti dell’Unione Europea e ingrandito negli ultimi mesi.