Un interprete di Frontex è stato scambiato per un migrante e respinto in Turchia
È successo nei pressi di Salonicco, in Grecia, e ormai non si tratta più di casi isolati: ma la Grecia nega tutto
Un interprete di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, è stato scambiato per un migrante mentre si trovava in Grecia ed è stato portato con la violenza in Turchia. Lo ha raccontato il New York Times, raccogliendo la testimonianza dell’uomo, che ha origini afghane. La sua storia è particolarmente problematica perché da tempo la Grecia nega di compiere respingimenti di migranti, vietati dalle norme europee: ora però un episodio simile a quello raccontato da decine di migranti in questi mesi è capitato a un funzionario di un’agenzia dell’Unione Europea, cosa che rende difficile smentirlo o minimizzarlo.
L’interprete vive da anni in Italia e da qualche tempo lavora per Frontex sul confine terrestre fra Grecia e Turchia. Il New York Times racconta che a settembre si stava dirigendo a bordo di un pullman verso Salonicco per passare alcuni giorni di vacanza quando la polizia greca ha fermato il pullman e fatto scendere lui e alcuni migranti. Da quel momento sono iniziate le violenze e le violazioni di diritti umani, scrive il New York Times.
L’uomo racconta che lui e altri migranti sono stati picchiati, spogliati e imprigionati, e che la polizia ha sequestrato loro telefoni, soldi e documenti. I suoi tentativi di spiegare alla polizia chi fosse sono stati accolti con botte e risate. Poi l’uomo è stato portato in un remoto capannone dove è stato trattenuto assieme ad almeno un centinaio di persone, incluse donne e bambini: da lì è stato imbarcato su un gommone e spinto verso la sponda turca del fiume Evros.
Il racconto dell’uomo collima con decine di testimonianze che raccontano di violenze e respingimenti illegali compiuti dalle forze dell’ordine greche, sia sul confine terrestre con la Turchia sia nel tratto di mare che separa le isole greche dalla costa turca. Il governo greco ha sempre smentito ogni accusa, e ha messo in dubbio anche la ricostruzione fornita dall’interprete al New York Times. «I fatti non si sono svolti come sono stati raccontati», ha fatto sapere un portavoce del governo greco al quotidiano.
La testimonianza dell’interprete è stata invece ritenuta credibile dalle istituzioni europee, secondo fonti interne del New York Times: sia per la sua posizione lavorativa sia per alcune prove fornite, fra cui registrazioni audio e video. L’uomo è stato ascoltato anche dalla commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, che si è detta «estremamente preoccupata» dalla sua testimonianza.
La Commissione Europea ha detto ad Agence France-Presse che intende aprire sul caso «un’indagine indipendente, completa e rapida», e una decisione simile è stata presa anche dall’autorità garante indipendente in Grecia, che si occupa anche di casi di sospetta violazione dei diritti umani.
InfoMigrants ricorda che la zona di confine via terra fra Grecia e Turchia «è protetta da un divieto di accesso militare e rimane molto difficile da raggiungere», e che «le testimonianze di respingimenti illegali sono comuni». Questa come altre zone di confine dell’Unione Europea sono spesso inaccessibili per ricercatori, operatori di ONG, esperti di diritti umani e giornalisti: in queste settimane sta succedendo una cosa simile anche al confine fra Polonia e Bielorussia, in cui sono bloccati centinaia di migranti.
Secondo i dati dell’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, nel 2021 sono arrivati in Grecia via terra 4.492 richiedenti asilo, mentre nel 2020 erano stati poco meno di seimila. In base alle testimonianze di migranti e ong che si occupano di diritti umani nello stesso periodo ci sono stati anche moltissimi respingimenti illegali.