La storia dell’attivista No Tav che sarà consegnato alla Francia
È accusato di aver aggredito un gendarme francese durante una manifestazione a favore dei migranti: da poco è stato arrestato
Emilio Scalzo, l’attivista 66enne accusato di aver aggredito un gendarme francese durante una manifestazione “No Border” a maggio, sarà consegnato alla magistratura francese nei prossimi giorni, probabilmente entro lunedì. Per lui la Corte d’Appello di Torino, il 1° dicembre, aveva deciso l’aggravamento della misura cautelare: dagli arresti domiciliari, cui era stato sottoposto dopo la richiesta d’arresto da parte della Francia, al carcere. Ora Scalzo, prelevato nella sua casa di Bussoleno, in Val Susa, è detenuto nella casa circondariale delle Vallette di Torino.
«Il provvedimento è singolare e paradossale», dice al Post il suo avvocato, Danilo Ghia, «è stato emesso per via, cito testualmente, della “presenza costante di un presidio volto a ostacolare la consegna all’autorità francese”. In pratica, Scalzo è stato portato in carcere non perché abbia fatto qualcosa, ma perché fuori da casa sua c’era un presidio di solidarietà».
La vicenda iniziò il 15 maggio quando, durante una manifestazione, Emilio Scalzo e altri attivisti a favore dei diritti dei migranti che valicano la frontiera lungo la cosiddetta rotta delle Alpi venne a contatto con i gendarmi francesi. Lo scontro avvenne in territorio francese nell’area tra Claviere, in Italia, e Monginevro (Montgeneve), in Francia, dove ogni anno migliaia di migranti tentano il passaggio.
Le operazioni di aiuto ai migranti cominciarono nel 2017, e furono promosse dalla rete No Tav della Val Susa: la loro attività ha come obiettivo quello di dare rifugio e aiuto alle tante persone che tentano il passaggio in Francia per poi raggiungere, se riescono, la Germania.
Nella zona, Alta Val Susa, i migranti iniziarono ad arrivare nel 2017 quando la gendarmeria francese inasprì i controlli tra Ventimiglia e Mentone. I migranti presero così la strada delle montagne, pericolosa perché in autunno e inverno il freddo è intenso e costante. Claviere è a 1.760 metri di altitudine, e il cammino, spesso sotto la neve e con il ghiaccio, dura almeno cinque ore. La prima meta è Briançon, in Francia, ai piedi del colle del Monginevro.
La manifestazione del 15 maggio venne indetta a sostegno dei migranti e contro i governi di Francia e Italia, che secondo gli attivisti non stavano facendo abbastanza per proteggere i migranti. Ci furono scontri: attivisti italiani e francesi da una parte e gendarmi dall’altra. Uno di loro finì con un braccio fratturato. Dopo aver visionato i filmati e sentito la testimonianza del gendarme, la magistratura di Gap, città a 100 chilometri dal confine italiano, emise nei confronti di Emilio Scalzo un MAE, Mandato d’Arresto Europeo.
Il MAE, entrato in vigore il 1° gennaio 2004, è una sorta di estradizione semplificata e velocizzata e comporta la richiesta di un’autorità giudiziaria di uno stato membro dell’Unione Europea affinché si proceda all’arresto di una persona in un altro stato. «Tecnicamente non si parla di estradizione ma di consegna», specifica l’avvocato Ghia. Il MAE serve a evitare il filtro politico: prevede infatti un iter esclusivamente giudiziario senza l’intervento dei ministeri della Giustizia.
Il MAE venne eseguito il 15 settembre su richiesta della magistratura francese e su ordine della procura di Torino. Prelevato nella sua casa di Bussoleno, Scalzo fu portato nel carcere delle Vallette. Dopo nove giorni, gli vennero concessi gli arresti domiciliari. Il suo avvocato presentò ricorso sia alla Corte d’appello di Torino sia, in seguito, alla Corte di Cassazione. Il 26 novembre quest’ultima aveva respinto il ricorso e dato il via libera alla consegna alla Francia.
Il 1° dicembre è arrivata la decisione dell’inasprimento della misura detentiva. «Nelle motivazioni la procura ha espresso il timore che i militanti davanti alla casa di Scalzo tentassero di impedire la consegna», dice l’avvocato Ghia. «Ma se così fosse, avrebbero anche tentato di impedire che lo portassero in carcere».
Emilio Scalzo è molto conosciuto tra gli attivisti No Tav e No Border.
Ex pugile dei pesi medio-massimi ed ex venditore di pesce con un banchetto nei mercati della Val Susa, da anni è uno dei più attivi tra i militanti No Tav e No Border. Aveva finito a marzo di scontare una precedente pena di nove mesi agli arresti domiciliari per fatti sempre legati alla sua militanza. È inoltre sotto processo per l’occupazione di una ex casa cantoniera a Oulx trasformata in rifugio per i migranti. Riguardo a quello che accadde il 15 maggio, l’avvocato spiega che Scalzo si sarebbe difeso da una prima manganellata del gendarme, schivandola, e poi avrebbe alzato un bastone per proteggersi da una seconda manganellata che stava arrivando. Sarebbe stato quindi, secondo Scalzo, il braccio del gendarme a colpire il bastone e non viceversa.
Emilio Scalzo, dopo la consegna alla Francia, verrà portato davanti al giudice a Gap. La sua udienza «sarà analoga a quella che in Italia è l’udienza per la convalida dell’arresto», dice Ghia. A quel punto l’attivista saprà se sarà liberato o se dovrà attendere il processo agli arresti domiciliari, magari con il braccialetto elettronico, o in carcere. «Sarà assistito da un avvocato francese a cui abbiamo già trasmesso tutte le informazioni», aggiunge Ghia.