Una canzone di William Fitzsimmons

E storie varie di Nashville

(EPA/HERBERT P. OCZERET)
(EPA/HERBERT P. OCZERET)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Adele ha accettato una “residency” al Caesars Palace di Las Vegas per tutti i weekend dei primi mesi del 2022: una scelta di solito riservata al babbionismo musicale rispettabile ma bollito, in cui magari poteva aspettare a infilarsi, ma sono pure fatti suoi.
Il delirante video di candidatura di Éric Zemmour – di cui è impressionante che lo abbiano pensato così, quindi considerando a ragion veduta che funzioni – aveva due cose musicali notevoli: l’appropriazione indebita di Barbara, che si rivolterà parecchio, e la scelta – in mezzo a tanta proclamazione di francesità da primato – di una cosa di Beethoven come colonna sonora.
Nella colonna sonora del nuovo film di Paul Thomas Anderson, Licorice pizza, vedo che c’è tra l’altro (su Spotifyquella canzone di Gordon Lightfoot che raccontammo qui.
A mezzanotte, mentre noi umani dormiamo o temiamo che la carrozza si trasformi in zucca, Cremonini fa uscire una nuova canzone.
Oggi è un giorno che non parlo qui di Get back, il documentario sui Beatles, ma solo perché mi trattengo: ho solo un consiglio per voi, se siete in cerca di regali per qualcuno potenzialmente appassionato. Abbonatelo a Disney+ per un mese, solo per fargli vedere otto ore di Get back, poi può cancellare.

Matter
William Fitzsimmons

Matter su Spotify non c’è
Matter su Apple Music non c’è
Matter su YouTube

Nashville, il film, uscì che avevo 11 anni: Altman andava meritatamente forte da un pezzo e lo sarebbe andato ancora a lungo. Aveva questa cosa di inventarsi film pieni di personaggi e di attori pazzeschi, e Nashville era uno di quei film, e insegnò al me undicenne che esisteva Nashville e che era un posto incredibile di musica e di matti. E comprai il 45 giri della canzone, che ho ancora e di cui poi iniziai ad apprezzare di più il lato B.

Poi qualche anno fa ci sono andato con Emilia quindicenne in quel viaggio di cui parlo spesso, e ci è sembrato un posto più normale: cioè, pieno di musica e locali, ma neanche così matti. E col tempo avevo imparato che da Nashville era arrivata tantissima musica fantastica, e non solo quella macchietta di country che è più familiare qui, quella sintetizzata in quel pezzo dei Blues Brothers: dove comunque imparammo tutti quella canzone stupenda che è Stand by your man. Ne avevo scritto in una newsletter di due anni fa:
“L’originale era del 1968, di Tammy Wynette, ed è stata attaccata per decenni per il suo messaggio succube nei confronti dei maschi, anche se un’altra lettura più nobile può sintetizzare il testo in “sono uomini, sono pirla, bisogna avere pazienza e perdonarli”.
But if you love him you’ll forgive him,
Even though he’s hard to understand
And if you love him oh be proud of him,
‘Cause after all he’s just a man

Poi quindici anni fa ebbi quell’incidente con i Lambchop, e si aggiunse alle tante occasioni accatastate nel tempo a dimostrare la grandezza della musica di Nashville.
Tutto questo per arrivare a William Fitsimmons, che a Nashville ha vissuto e ha suonato parecchio anche se è di Pittsburgh, e ci ha raccolto suoni che ha rielaborato: ha 48 anni, ed è diventato un po’ noto perché le sue canzoni, con quella voce affascinante, sono state usate sovente nelle serie tv. Lui scrive assai di sue storie personali e familiari, spesso dolorose, come in Matter, che era in un suo disco del 2015 e fa un bel lavoro di ritmo e voce.
You were a lovely child prettier than I knew
You lost your husband in the war plus all that I have put you through
There is a love I have I never gave to you
That doesn’t matter anymore

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