Come lavorare in parallelo su più idee, e trasformarle in imprese digitali
È quello che fa uno startup studio, creando ad esempio un servizio per superare il "paradosso della scelta" nel food delivery
Negli Stati Uniti a metà anni Novanta nasce un modo diverso di creare startup innovative, cioè aziende di prodotti e servizi ancora in fase di sviluppo ma con forti possibilità di crescita. L’obiettivo è riuscire a lavorare in parallelo su più idee e testarne la loro forza: le migliori diventano imprese pronte ad attrarre il capitale umano e finanziario necessari a posizionarsi con successo sul mercato. Nascono così gli startup studio: al contrario degli acceleratori, che puntano a migliorare e far crescere una startup creata da qualcun altro, gli startup studio ideano, sviluppano e realizzano startup internamente. Un team specializzato lavora infatti a tempo pieno su più idee in parallelo. In Italia una delle poche realtà a seguire questo approccio creativo è Djungle Studio.
Nato a Torino nel 2021, Djungle Studio lavora su idee originali per confezionare startup digitali, sperimentando e individuando la formula migliore per ottimizzare i processi creativi e produttivi. Cerca così di ridurre al minimo le criticità di quello che solitamente è un investimento rischioso, offrendo startup pronte per acquisizioni e investimenti. Secondo Djungle Studio, si può paragonare in parte il funzionamento di uno startup studio a quello di uno studio cinematografico: a partire da alcune idee, grazie alla collaborazione dei diversi reparti, vengono scritti, diretti, prodotti più film in parallelo, pronti poi per essere distribuiti. I film sono diversi, ma si intravedono le comuni pratiche creative, produttive, stilistiche.
Djungle Studio è uno startup studio orizzontale, cioè opera in diverse aree tematiche, al contrario di quelli cosiddetti verticali, che lo fanno in un solo campo tematico, ad esempio esclusivamente in quello della sanità. La scelta di lavorare su temi trasversali è una diretta conseguenza della sua mission, cioè quella di impegnarsi a trovare soluzioni tecnologiche ai problemi della vita quotidiana.
Tra questi problemi che lo studio ha già cercato di risolvere c’è il cosiddetto “paradosso della scelta” nell’ambito del food delivery: di fronte a un’offerta molto vasta – quale è oggi quella delle app per ordinare cibo da asporto – finiamo per non riuscire a scegliere, un po’ come accade di fronte alle molte proposte delle piattaforme in streaming. Nel 2021 Djungle Studio ha creato così un servizio che sceglie il pranzo al posto dell’utente. Nel fare questo, secondo i suoi creatori, assume ironicamente il ruolo di una “mamma”: decide in autonomia cosa cucinare, ma conosce i gusti, e soprattutto i “dis-gusti”, dei suoi “figli”. Da qui il nome, MAMMT.
Una volta scaricata la app MAMMT, nel momento dell’ordine l’utente fornisce alcune informazioni, come i cibi sgraditi o che non può mangiare. MAMMT è poi connessa a una rete di ristoranti di cucina tradizionale che confezionano il pasto “a sorpresa”. Con il tempo, MAMMT “impara” a conoscere l’utente attraverso i suoi feedback lasciati a fine pranzo, evitando abbinamenti che non sono piaciuti e riproponendo quelli più apprezzati (ad esempio porzioni più abbondanti o la scelta di mangiare più pasta).
Il processo che ha portato a MAMMT mostra come si svolge il lavoro collaborativo di Djungle Studio. Durante un Djungle Camp – appuntamento trimestrale di confronto creativo e di strategia – è nata l’idea di un servizio capace di migliorare il modo di mangiare delle persone in pausa pranzo. È stato poi stato avviato il cosiddetto processo di “discovery”, indagando, attraverso analisi e ricerche sul campo, tutti i problemi che i lavoratori possono avere nel procurarsi un pasto in pausa pranzo.
A questa fase è seguita quella di “validation”: si disegna una soluzione al problema che tenga conto dei risultati ottenuti nella fase precedente. In questo caso, il problema individuato era appunto il paradosso della scelta che, insieme alla mancanza di tempo e al ripetersi delle solite opzioni, faceva sì che le app di delivery non fossero una soluzione esaustiva. La soluzione è stata quella di creare un sistema cui delegare tale scelta.
Dopo aver sondato il possibile interesse del pubblico per una soluzione di questo tipo, ad aprile 2021 Djungle Studio ha avviato la fase di test con i suoi primi dieci utenti. I test di Djungle Studio sono pensati per essere semplici: in questo caso gli ordini venivano raccolti su WhatsApp e i pasti preparati da un ristorante accanto alla sede dello studio.
Ottenuti riscontri positivi, a maggio Djungle Studio ha attivato l’ultimo passaggio (“MVP and prototyping”): è iniziato il processo di attivazione sul territorio della app, presente per ora su tutta Torino e in alcune zone di Milano. La diffusione di certi servizi digitali dipende infatti anche dalla diversa configurazione dei territori, come dimostrano le scelte strategiche di Djungle Studio.
A Torino si è partiti a maggio da alcune zone centrali per arrivare a settembre a coprire l’intera città, con una diffusione a macchia d’olio. Diverso invece l’approccio a Milano. Djungle Studio ha deciso di partire infatti a ottobre da un’area circoscritta, alcuni CAP del quartiere Garibaldi, significativa per l’alta concentrazione di uffici e quindi di possibili utenti. Successivamente la diffusione avverrà a macchia di leopardo, cioè verranno “accese” alcune aree della città non collegate fra loro, ma sempre accomunate dall’alta concentrazione di uffici.
Djungle Studio sta lavorando anche ad altre soluzioni pratiche a problemi quotidiani. Per una migliore gestione del tempo personale, è in via di sperimentazione Alfreedo, l’assistente virtuale cui delegare la risoluzione di fastidiose scadenze burocratiche e faccende quotidiane. Eaas è invece un software piattaforma pensato per gli e-commerce, per aiutare i brand a migliorare l’esperienza dei clienti e a creare esperienze personalizzate anche attraverso la gamification. È stata utilizzata ad esempio per creare la app di Flying Tiger. Un altro progetto in lavorazione, ma ancora in fase iniziale, è dedicato a cambiare l’accesso al credito, e le relazioni che lo determinano, anche attraverso le nuove possibilità offerte dalle criptovalute.