Il distretto veneto della giostra
In provincia di Rovigo da novant'anni si costruiscono le attrazioni per i luna park itineranti e per i parchi divertimento di tutto il mondo
di Claudio Caprara
Nell’Alto Polesine, nei comuni di Bergantino, Melara, Castelnovo Bariano, Calto, Ceneselli e Castelmassa, in provincia di Rovigo, c’è il distretto della giostra: una zona dove più di cento imprenditori lavorano su tutto quello che ha a che fare con le strutture dello “spettacolo viaggiante” e dei parchi divertimento. Comprese le attività dell’indotto, il settore dà lavoro a più di 1.500 persone per un mercato che è al 98% estero.
Le ragioni economiche del distretto della giostra
Franco Cestonaro è il funzionario della CNA (la Confederazione Nazionale dell’Artigianato) che coordina le attività del settore. «Il distretto della giostra è nato perché le imprese con il tempo hanno cominciato a lavorare insieme, a proporsi insieme e a dare vita a un sistema che sta affrontando il mercato mondiale dei parchi divertimento, partendo da una tradizione e da una storia comune».
Il distretto è composto da imprese molto piccole, con una media di 3 o 4 addetti. «La normativa prevede che tutte le imprese che operano nel settore delle attrazioni e dello spettacolo viaggiante siano parte del distretto», spiega Cestonaro. «Si tratta di un complesso di attività artigianali e di piccole industrie: i meccanici, gli elettricisti, i carpentieri, i falegnami, i verniciatori, gli addetti alla vetroresina, gli oleodinamici [quelli che si occupano delle attrezzature che si muovono grazie a fluidi in pressione, in particolare olio idraulico]. Tante attività, tante competenze che alla fine, messe insieme, danno vita alla giostra».
Il fatturato complessivo delle aziende del distretto è di circa 200 milioni di euro, il 98% viene dal mercato estero. Il loro “vantaggio competitivo” sta proprio in questa collaborazione, che rende il prodotto eccellente.
«La ricetta del successo del distretto della giostra ha tre ingredienti fondamentali: la creatività, l’innovazione tecnologica, la sicurezza», racconta Cestonaro. «I costruttori e i progettisti delle giostre venete sono stati in grado di migliorare sempre il prodotto. Hanno investito in innovazione tecnologica, in ricerca, collaborando con il Laboratorio Automazione e Robotica dell’Università di Padova [che peraltro ha anche rapporti con la NASA]».
Avere studi approfonditi sui materiali, sulla compattezza, sulla resistenza è stato essenziale. «L’altro elemento che abbiamo reso patrimonio del distretto è ciò che abbiamo imparato nel controllo a distanza delle nostre tecnologie. Le nostre aziende riescono a ottenere il massimo della sicurezza e ciò rappresenta una garanzia dal punto di vista etico, ma è fondamentale anche per vendere di più».
Il distretto è nato anche per comunicare con il mercato. «Con le istituzioni locali e con i soggetti economici regionali abbiamo concordato una strategia di promozione a livello internazionale», ricorda Cestonaro. «Organizziamo visite all’estero e la partecipazione alle fiere del settore. Siamo andati in America Latina, in Canada, in Australia, negli Emirati Arabi Uniti, in Medio Oriente. Col tempo abbiamo anche capito che era importante invitare da noi i compratori. La conoscenza diretta dei luoghi di produzione, degli imprenditori, della storia delle attività legate alla giostra è stata una scelta di rilievo: un modo per fare capire a circa trecento proprietari di luna park stabili o itineranti di tutto il mondo la qualità dei nostri prodotti e la cultura che sta dietro alle attrazioni realizzate qui».
I competitor sono americani, tedeschi, svizzeri. Si tratta di grandi imprese multinazionali. «Trovarsi di fronte dei colossi ha convinto gli artigiani di Bergantino a mettersi insieme: altrimenti la forza degli altri li avrebbe spazzati via. Ancora di più oggi, dopo due anni difficilissimi è rilevante che le istituzioni, a livello europeo o nazionale, mettano a disposizione delle risorse per sostenere “progettualità complesse”: reti, aggregazioni, sistemi. L’unione delle aziende dell’alto Polesine diventa un’entità variegata in grado di rappresentare la qualità dei prodotti italiani».
Cestonaro è convinto che la peculiarità del distretto di Bergantino debba essere difesa: «La creatività nasce dalla piccola impresa. Questo è un valore che va tutelato. Questi due anni di pandemia hanno messo in ginocchio le nostre aziende. È stato un periodo tremendo, che non è ancora finito. La politica e le istituzioni sembra se ne siano rese conto, ma ci devono essere a fianco in questo momento e supportarci sia dal punto di vista normativo che di sostegno concreto».
La giostra un futuro ce l’ha. Di questo Franco Cestonaro è convinto, nonostante la crescita qualitativa e quantitativa della realtà virtuale. «Nelle ultime fiere abbiamo visto che ha più spazio l’intrattenimento basato sulla realtà aumentata. La caratteristica fondamentale di questi divertimenti è la solitudine, anche in mezzo agli altri. L’esperienza è individuale. Il carattere aggregante della giostra rimane la caratteristica vincente e resterà tale. La condivisione dell’emozione è un elemento ancora troppo rilevante per essere sorpassato».
Perché ci sono le giostre a Bergantino?
«Nel 1929 – spiega Lara Chiccoli, sindaca di Bergantino dal 2019 e presidente del Consorzio della giostra, l’entità istituzionale che rappresenta il distretto della giostra – quando c’è stata la grande crisi, i nostri concittadini non vollero cercare fortuna all’estero e si inventarono un lavoro puntando sulle giostre e su quella che era una nascente “industria del divertimento”. Con lo spettacolo viaggiante i soldi entravano subito nelle casse della famiglia, non si doveva aspettare l’incasso della vendita dei prodotti dell’agricoltura. È stato per questo che sono diventati spettacolisti viaggianti e poi, di conseguenza, hanno cominciato a costruire le giostre».
Qui si produce tutto su misura per chi lavora nei luna park: i caravan che servono per le famiglie che ci lavorano, le luci, le vernici: «Le giostre prodotte qui – spiega Chiccoli – hanno degli standard tecnologici, di innovazione e di sicurezza che non si trovano in altre realtà. Di questo se ne sono accorti in tutto il mondo ed è uno dei motivi per cui continuano ad acquistare i nostri prodotti». Ma la pandemia ha colpito duramente il settore. «È ovvio che questo è un settore che vive con l’aggregazione, la condivisione delle emozioni. Costruttori e operatori dello spettacolo viaggiante sono stati vittime di questa situazione. Molte commesse che avevano ottenuto nel 2019 purtroppo sono state annullate».
La sindaca guardando al futuro si sforza di essere positiva, nonostante le incertezze e l’incombere di una nuova ondata dell’epidemia. «È un settore che ha bisogno di sostegni a tutti i livelli. Quando gli imprenditori delle scarpe devono andare ad una fiera, per esempio, è facile portare con loro il prodotto. I nostri imprenditori che vanno ad una fiera devono trasportare una giostra che magari è alta 60 metri… Il contributo che deve essere erogato alla nostra realtà deve tenere in considerazione anche questi aspetti particolari del settore».
«Ci sono altre realtà di produzione delle giostre, anche in Italia: per esempio a Vicenza e Reggio Emilia», aggiunge la sindaca. «La nostra particolarità è data dalla pluralità di operatori legati al territorio che realizzano tutti i servizi per lo spettacolo itinerante. Qui a Bergantino neanche la ferramenta del paese è uguale a quella degli altri paesi: perché si trovano gli strumenti e i pezzi che possono servire a questo settore specifico».
A Bergantino c’è un atteggiamento diverso nei confronti dei nomadi?
Un museo come biglietto da visita
Il Museo Storico della Giostra e dello Spettacolo Popolare di Bergantino è unico nel suo genere in Italia. Oltre ad essere un’attrazione per un piccolo centro, fuori dai percorsi turistici del nord est, è un vero e proprio biglietto da visita per gli operatori nei confronti dei clienti stranieri. È un luogo che serve per far conoscere le radici storiche, culturali e antropologiche che fanno di questa zona il centro europeo della produzione e della vendita delle attrazioni dei luna park.
«Il percorso che il visitatore può compiere qui da noi – dice Elvia Arcellaschi, conservatrice del museo – è un viaggio nei luoghi dell’altrove. È una visita a quello che va al di là del quotidiano, a ciò che è stato inventato per trovare momenti di svago, intrattenimento e divertimento. Perché divertirsi è un’esigenza umana che c’è stata, fin dall’antichità».
L’origine della giostra nell’Alto Polesine
Il Polesine tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ha la fama di terra desolata e povera. Apparentemente non c’erano alternative all’emigrazione per cercare fortuna. Da queste parti era difficile sopravvivere.
Tra chi non ebbe la voglia di partire c’erano due personaggi di Bergantino che divennero i pionieri dello spettacolo viaggiante: Umberto Bacchiega e Umberto Favalli, due meccanici di biciclette. Se avessero continuato a fare quel lavoro avrebbero dovuto concentrare i loro ricavi alla fine dei raccolti, quando i contadini avrebbero saldato il conto delle riparazioni fatte durante l’anno. Per evitare l’attesa di mesi, per il loro sostentamento, si inventarono il mestiere di andare per fiere a vendere i dolci fatti in casa dalle mogli.
In una fiera del mantovano notarono una rudimentale autopista, che veniva da Milano: un’incredibile novità per l’epoca. I due la trovarono bellissima, anche perché la voglia di automobile era enorme. Le persone erano elettrizzate da quella giostra, e per salirci pagavano subito un biglietto. I due amici si accordarono per costruire una giostra simile a quella che avevano visto, con lo scopo di portare a casa qualcosa dalla vendita dei biglietti e avere così un reddito tutti i giorni. L’inaugurazione della loro autopista avvenne nella piazza di Bergantino, nella fiera di aprile del 1929. Fu un successo clamoroso. Da quel momento si misero in viaggio e diventarono “spettacolisti itineranti”.
Albino Protti amava inventare e costruire giostre nuove, in particolare era attratto dal volo degli aeroplani. Il suo primo tentativo fu una struttura di ferro ovale, dove alcune catene collegate tramite carrucole sollevavano abitacoli di lamiera a forma di rudimentali aeroplani. Protti non ebbe il tempo di perfezionare questa giostra: era il 1939. Qualche mese dopo l’inaugurazione fu costretto a partire soldato. La sua “fortuna” fu di trovarsi a combattere in Africa, dove fu fatto prigioniero e condotto a lavorare nei campi di cotone degli Stati Uniti.
La cosa che colpì la sua fantasia furono i rimorchi ribaltabili con il pistone idraulico: una cosa che in Italia non esisteva ancora. Nacque in questo modo il suo progetto di infilare, sotto ogni aeroplanino della giostra, un pistone idraulico per simularne il decollo e l’atterraggio.
Protti tornò dalla guerra, sano e salvo, ma senza una lira. Convinse la moglie e la figlia ad andare in giro nelle piazze con una piccola giostra per fare cassa. Cominciò a vagare per le campagne del Polesine per recuperare i materiali che gli sarebbero potuti servire a costruire la giostra dei suo sogni. Ad esempio riuscì a recuperare i serbatoi degli aerei utilizzati dagli americani durante la guerra, che adattati applicando delle alette diventarono i suoi piccoli aerei da intrattenimento. Una ralla di un carro armato fu montata al centro della giostra e ad ogni velivolo venne applicato un sollevatore idraulico. Nacque in questo modo la giostra “aerei a comando indipendente” con sollevatore idraulico: l’avio.
Il brevetto è del 1951 ed è diventata una delle più famose ed utilizzate giostre al mondo.
La produzione delle giostre, oggi
Il sistema di officine che compongono il distretto di Bergantino nasce nel dopoguerra. Prima erano falegnami e meccanici che riparavano biciclette o trattori, che solo occasionalmente si dedicavano alla produzione di attrazioni per le fiere.
Fabio Martini è titolare, insieme al fratello Christian e allo suocero Andrea Zerbinati, della Technical Park di Melara che produce attrazioni per parchi mobili e fissi in tutto il mondo: ci ha raccontato la sua storia. «L’azienda è stata fondata da mio padre e da un suo amico nel 1980, io all’inizio ci lavoravo d’estate, quando non andavo a scuola. Poi, nell’86, finito il servizio militare, ho cominciato a lavorare qui a tempo pieno. Abbiamo cominciato con delle giostre per bambini e poi siamo cresciuti. Oggi siamo specializzati in ruote panoramiche e in attrazioni adrenaliniche».
La Technical Park ha una cinquantina di dipendenti che si occupano soprattutto dell’assemblaggio e della spedizione delle giostre, poi ci sono altre 250 persone circa che forniscono diversi componenti dei giochi.
«Fin verso il 2000 facevamo qualche giostra per conto nostro e molti semilavorati per altre aziende che producevano attrazioni. Poi abbiamo deciso di cambiare strategia e provare da soli. Il prodotto che ci ha dato più soddisfazioni negli anni 2000 è stato Vortex. Il successo di una giostra si misura in genere da quanti esemplari si vendono; in questo caso, invece, era il salto tecnologico che avevamo fatto. È un prodotto che ci ha dato consapevolezza e fiducia, da quel momento c’è stata una crescita continua».
Vortex è ancora in catalogo e nelle indicazioni ai compratori si legge: «La rotazione contemporanea del centro a V, dei bracci delle auto e delle auto stesse, insieme al nuovo sistema di gambe penzolanti libere, si traduce in un’emozione straordinaria sia per i passeggeri che per il pubblico. L’operatore può scegliere sia la velocità che il senso di rotazione. Quando la corsa si muove molto lentamente, l’emozione del passeggero è intensificata, quando si muove molto velocemente, il passeggero perde l’orientamento. Suggeriamo una durata della corsa di un minuto e mezzo».
Un’altra attrazione che hanno prodotto solo alla Technical Park e che nel suo genere è stata particolarmente innovativa è stata Flying Fury: una giostra interattiva, che con un joystick permette direttamente al passeggero (e non all’operatore di cabina cassa, come succede normalmente) di comandare i movimenti del proprio velivolo, realizzando, di fatto, un simulatore di volo dal vivo.
«La prima di queste giostre l’abbiamo venduta in Italia – spiega Martini – la seconda al Tivoli di Copenhagen (uno dei parchi divertimento più antichi d’Europa), poi in Francia. In questa giostra c’è tanta elettronica e un sistema rigenerativo di corrente. Ci ha fatto fare un salto di qualità nella produzione e ha mostrato a tutti i clienti di che cosa siamo capaci».
Per decidere su quali prodotti puntare c’è un attento lavoro di scouting. «Visitiamo i maggiori parchi divertimento del mondo durante l’estate – spiega Martini – poi andiamo alle fiere popolari, alle sagre e poi, ovviamente, anche alle fiere specializzate dove ci sono le esposizioni dei nuovi prodotti dei concorrenti. Parlando con i clienti e vedendo cosa fanno i concorrenti ci facciamo un’idea precisa su quali prodotti possiamo puntare. Noi non ci concentriamo solo sull’innovazione tecnologica legata ai materiali (fibra di carbonio o lega leggera), ma il nostro lavoro è realizzare almeno una nuova attrazione all’anno, un prodotto diverso da quello che fanno gli altri».
L’innovazione tecnologica sulle nuove giostre riguarda anche il risparmio energetico. «Stiamo costruendo una ruota panoramica con i tettucci degli abitacoli fatti di pannelli solari. Siamo sensibili anche perché se la giostra consuma meno il cliente risparmia e si offre un servizio in più che è sempre più apprezzato dal pubblico e che nel nostro settore ancora nessuno è in grado di offrire».
Le attrazioni interattive sono una linea di sviluppo del settore, insieme a risparmio energetico e tematizzazione delle attrazioni, preparate per i parchi divertimento a tema, che ha bisogno di una forte personalizzazione del prodotto. Poi c’è una linea di sviluppo che riguarda l’inclusione di tutti. «Stiamo lavorando per permettere anche a chi ha delle disabilità di salire – dice Martini – Ora possono andare sulla ruota panoramica e su giostre “tranquille”, sulle quali entrare anche con la sedia a rotelle. Ci interessa andare oltre e permettere l’accesso anche ad altre giostre».
Fare delle giostre significa avere competenze di pneumatica, di idraulica, di carpenteria, di assemblaggio. «Cerchiamo dei giovani che abbiano queste competenze e che abbiano voglia di viaggiare il mondo per andare a montare le nostre attrazioni. Nella nostra zona non c’è disoccupazione e facciamo fatica a trovare le persone con la voglia di imparare a fare i lavori che servono. Quando uno dei nostri lavoratori va in pensione per noi è un problema, perché raramente riusciamo a trovare presto il sostituto».
Il mercato dei luna park cerca delle attrazioni estreme. C’è una domanda di ruote panoramiche che però, sempre più spesso, vengono montate da sole, non nel contesto di un parco: sull’esempio di Londra. Il London Eye, anche noto come Millennium Wheel, doveva essere una ruota panoramica allestita per un breve periodo, invece è diventata uno dei simboli della capitale inglese.
Le aziende hanno sempre investito sulla sicurezza: sulle bretelle, sui sistemi posteriori di protezione. «Paradossalmente in questa fase servono più persone in ufficio che in officina – osserva Martini – È necessaria la verifica dei certificati dei materiali, le prove di saldatura, i controlli della produzione, i manuali… le spese su questo sono in continua crescita».
«Dopo quello che abbiamo passato, è difficile pensare al futuro. Il nostro problema è oggi. La nostra vita è andare in giro, andare a trovare i clienti, fare le fiere e produrre. La pandemia ci ha messo fuori gioco per due anni. La crisi finanziaria del 2008 è stata una bazzecola in confronto a quello che passiamo oggi. Il mio terrore è che i nostri clienti non possano tenere aperto per Natale. Io penso positivo, ma ho imparato a vivere alla giornata».
Illuminare le montagne russe di Coney Island
Giorgio Cuoghi è un elettricista, viene da una famiglia che ha fatto spettacolo viaggiante dai primi anni ’60. Da trent’anni si occupa di illuminazione e i suoi primi clienti sono stati gli amici giostrai che viaggiavano con lui.
Audio: Com’era la vita del bambino dei giostrai?
«Ho cominciato a lavorare con i neon a luce fredda, sagomata, che andavano di moda negli anni ’90 ed ora produciamo LED, RGB o RGB White».
Nel 2008 ha fondato la Light Co, un’impresa a conduzione famigliare, ma che negli anni è cresciuta collaborando con i maggiori costruttori italiani. Le sue installazioni illuminano le montagne russe del parco divertimenti di Coney Island, attrazioni del Prater di Vienna, sono nel Brunei, in Francia, a Mirabilandia e nelle attrazioni di molti giostrai itineranti.
Quali luci vanno di moda nelle giostre?
«Chi lavora nelle giostre ha una passione – spiega Cuoghi – Per vendere le cose che riguardano il nostro mondo serve una notevole professionalità, ma anche lo spirito di chi si diverte con le giostre. Credo che ci sia qualcosa nel nostro DNA che ci rende diversi dai venditori di tutti gli altri prodotti in circolazione».
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