Le importanti elezioni in Cile
Dopo due anni di grossi stravolgimenti si eleggono il parlamento, i consigli regionali e soprattutto il presidente, che dovrà applicare una nuova Costituzione
In Cile si vota per il nuovo presidente e il nuovo parlamento, in una giornata elettorale particolarmente importante: arriva infatti dopo mesi di grandi stravolgimenti per il paese, enormi proteste e l’elezione di un’Assemblea costituente con il compito di scrivere una Costituzione che sostituisca quella ampiamente contestata che risale al 1980, ai tempi della dittatura del generale Augusto Pinochet.
Ci sono molte cose in ballo, ma la maggior parte delle attenzioni è concentrata sul risultato delle presidenziali, che dai sondaggi sembrano avere due favoriti inaspettati. C’è interesse anche per quanti voti prenderà il partito del presidente Sebastian Piñera, da tempo assai impopolare e da poco sopravvissuto a un voto di impeachment nel Senato cileno.
In particolare, domenica si tiene il primo turno delle elezioni presidenziali (se nessun candidato otterrà la maggioranza assoluta dei voti ci sarà il ballottaggio, il 19 dicembre), le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati, di 27 dei 50 senatori e, con voto diretto, anche dei 302 componenti dei sedici consigli regionali esistenti nel paese.
Riassunto delle puntate precedenti
La storia più recente del Cile è stata segnata dalle enormi proteste iniziate nel 2019 dopo l’approvazione di una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana della capitale Santiago. Quelle proteste diventarono poi qualcos’altro: si estesero nelle principali città del paese e i manifestanti iniziarono a contestare soprattutto le forti e marcate disuguaglianze economiche e sociali presenti in Cile, e a chiedere una nuova Costituzione. Le proteste furono represse violentemente dalle forze di sicurezza cilene, in particolare dal corpo dei Carabinieri, provocando alcune decine di morti e migliaia di feriti.
La pressione sul governo crebbe così tanto che dopo molte resistenze il presidente Piñera fu costretto a indire un referendum per cancellare la Costituzione, indicata da molti manifestanti come principale fonte delle disuguaglianze nel paese. Il referendum si tenne nell’ottobre 2020: quasi l’80 per cento dei votanti si disse favorevole alla cancellazione.
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Nel maggio 2021 ci fu una tornata di cosiddette “megaelezioni”: si votò per eleggere sindaci e governatori delle regioni cilene, e soprattutto i 155 membri dell’Assemblea costituente, con il compito di scrivere la nuova Costituzione. La coalizione di Piñera, chiamata Chile Vamos, che includeva anche l’estrema destra, ottenne 37 seggi, poco meno di un quarto del totale e molti meno di quanto si aspettavano i leader del partito.
I vincitori delle elezioni furono i candidati indipendenti, cioè quelli non legati ad alcun partito, e le due grandi liste di opposizione, di sinistra.
Quelle di domenica sono quindi elezioni molto importanti, non solo per la complessa situazione sociale ed economica che deve affrontare il Cile (l’inflazione potrebbe raggiungere il 7 per cento nel 2021), ma anche perché il prossimo presidente dovrà applicare la nuova Costituzione e confrontarsi con un Congresso che molto probabilmente non esprimerà nette maggioranze.
Le presidenziali
L’attuale presidente cileno è Piñera, 71 anni, che aveva già governato il paese tra il 2010 e il 2014.
Da diverso tempo Piñera è al centro di moltissime critiche, accusato di alimentare le disuguaglianze e di reprimere duramente e con violenza le proteste antigovernative. Di recente è stato anche coinvolto negli scandali legati all’inchiesta nota come “Pandora Papers” e per i quali l’opposizione, a metà ottobre, aveva richiesto la “acusación constitucional”, il nome dell’impeachment in Cile: era passata di poco alla Camera, ma qualche giorno fa è stata bloccata dal Senato.
I candidati alle presidenziali sono sette, ma nessuno supera il 30 per cento nelle intenzioni di voto, secondo quanto dicono gli ultimi sondaggi. Più del 20 per cento degli elettori e delle elettrici dice poi di essere ancora indeciso, quindi la partecipazione sarà un fattore molto importante per il risultato finale.
I favoriti sono due, uno di destra e uno di sinistra.
Il primo è Gabriel Boric, candidato della coalizione di sinistra Apruebo Dignidad. Boric ha 35 anni, è il più giovane tra i candidati, ed è un ex leader studentesco che è stato eletto per due mandati alla Camera.
Alle primarie di coalizione dello scorso luglio, molto partecipate, ha ottenuto più del 60 per cento dei voti. La sua campagna elettorale, con richiami ai discorso di Salvador Allende, ex presidente e il primo marxista democraticamente eletto in America Latina, ha messo al centro la lotta al neoliberismo («Se il Cile è stato la culla del neoliberismo, sarà anche la sua tomba») e i giovani.
Il suo programma si basa su un profondo cambiamento rispetto al passato e sulla necessità, come hanno richiesto i movimenti di protesta del 2019, che il Cile riparta da «un nuovo contratto sociale in modo che tutti abbiano gli stessi diritti, non importa quanti soldi hanno nel portafoglio». Nel corso della campagna elettorale ha parlato del miglioramento dei servizi pubblici, dell’aumento delle tasse per i più ricchi, della lotta all’evasione fiscale, di «diritti sociali universali» e di aumento della pensione minima, tra le altre cose.
Il secondo favorito è José Antonio Kast, di estrema destra, che non fa parte dell’attuale alleanza di governo ma è diventato il principale candidato della destra.
Kast è un sostenitore del dittatore cileno Augusto Pinochet, è omofobo, ha detto di voler fermare l’immigrazione, si è espresso più volte a difesa dei valori della famiglia tradizionale ed è considerato vicino agli evangelici. Il suo approccio populista di destra è stato paragonato a quello del presidente brasiliano Jair Bolsonaro.
Dopo aver ricevuto circa l’8 per cento dei voti al primo turno delle presidenziali del 2017, la candidatura di Kast e del suo Partito Repubblicano è ora considerata una proposta più solida, anche secondo quanto dicono i sondaggi. Kast ha concluso la sua campagna elettorale parlando contro il «totalitarismo della sinistra».
Molti osservatori hanno sottolineato come i due principali candidati incarnino ideologicamente due mondi opposti. Secondo Claudia Heiss, a capo del dipartimento di scienze politiche all’Università del Cile, quest’idea sarebbe comunque un po’ esagerata. «Penso che l’immagine che abbiamo di un candidato di estrema sinistra e di un candidato di estrema destra sia sbagliata. Penso che Kast sia effettivamente un candidato di estrema destra, ma che Boric non abbia presentato un programma di estrema sinistra: ha detto che il suo è un programma socialdemocratico».
I due rappresentano comunque una scissione generazionale: mentre Boric ha il suo maggior sostegno tra gli giovani, Kast è sostenuto soprattutto da chi ha più di 60 anni. Entrambi sono accomunati dal fatto di essere un po’ una sorpresa: fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe pensato che sarebbero stati i favoriti.
Tra gli altri candidati c’è anche Sebastián Sichel della coalizione di centrodestra Chile Podemos Más (in precedenza Chile Vamos) di Piñera. Sichel ha vinto le primarie di luglio, ma da lì in poi ha continuato a perdere consensi, tanto che alcuni dei leader che fanno parte della coalizione di governo hanno iniziato a sostenere Kast. Già ministro dell’Educazione in un governo Piñera, Sichel ha 43 anni ed è un avvocato laureato alla Pontificia Universidad Catolica.
Va segnalata, infine, la senatrice Yasna Provoste del Partito Democratico Cristiano, che ha vinto a sua volta le primarie dei partiti di centro.
Boric nei sondaggi risulta dietro a Kast, ma con buone probabilità di vincere al ballottaggio. Kast è intorno al 27 per cento dei voti contro il 23 per cento di Boric. Al terzo posto c’è Yasna Provoste con il 13 per cento circa seguita da Sichel.
Il Congresso
Domenica si voterà anche per rinnovare la Camera dei deputati, e 27 dei 50 seggi al Senato. Sarà la seconda elezione parlamentare che si terrà con sistema proporzionale basato sul metodo D’Hondt per l’attribuzione dei seggi, che penalizza i partiti di piccole dimensioni.
Secondo alcune previsioni, alla Camera dei deputati la destra ma anche il centro perderanno una decina di seggi, a favore del Partito Repubblicano di Kast. La sinistra della coalizione di Boric guadagnerà invece poco più di dieci seggi. Al Senato la modifica più significativa potrebbe essere una maggiore presenza della sinistra.