La storia complicata di un logo perfetto
Quello della NBA, imitatissimo e fondamentale per il successo della lega all'estero, con dentro un giocatore che ancora oggi la vive piuttosto male
Fra le tante celebrazioni per il settantacinquesimo anniversario della NBA, il campionato di basket più famoso al mondo, la lega ha ripercorso le origini del suo logo insieme al professionista che lo realizzò negli anni Sessanta, Alan Siegel, e al giocatore riprodotto nella sagoma al suo interno, Jerry West, che per l’appunto è soprannominato “The Logo” da allora.
Paradossalmente, West ha sempre avuto un rapporto personale abbastanza complicato con il logo a cui dà la forma. Lui è stato uno dei più grandi giocatori nella storia del campionato, il ventiduesimo miglior realizzatore di sempre con 25.192 punti realizzati interamente con i Los Angeles Lakers — di cui è un simbolo — per cui giocò dal 1960 al 1974 come playmaker.
Al sito della NBA, West ha raccontato: «Mi sveglio e lo vedo. Vado a una partita e lo vedo. È ovunque, non posso liberarmene, posso solamente scuotere la testa». Eppure la NBA non ha mai riconosciuto ufficialmente che la sagoma bianca sia di West, perché questo potrebbe causare problemi con i diritti d’immagine: essendo soltanto una sagoma, non ci sono abbastanza elementi per ricondurla legalmente alla sua persona. Ma a tutti sta bene così e specialmente a West, che si dice disposto a rinunciare a milioni e milioni di dollari pur di non essere associato ufficialmente al logo.
Nel 1969 la lega incaricò l’agenzia creativa di Siegel, già famosa per aver realizzato il logo della Major League Baseball, di creare il suo. Chiesero proprio di prendere spunto dal logo della MLB, perché il campionato di basket non aveva ancora una grande reputazione a differenza del baseball, all’epoca lo sport più amato d’America. A distanza di cinquant’anni le parti si sono invertite: la NBA è famosa in tutto il mondo, mentre la Major League ha parecchie difficoltà a stare al passo con i tempi. E parte del merito del successo della NBA dipende proprio dal logo.
Siegel, cresciuto a stretto contatto con lo sport newyorkese, tra le partite di Yankees, Giants, Knicks e Rangers viste con il padre, era un grande appassionato di basket e conosceva West fin dai tempi del basket universitario. In fase di progettazione del logo, trovò proprio una foto di West sulla rivista Sport Magazine, molto popolare negli anni Sessanta, e la ritenne adatta perché — ha spiegato — era abbastanza verticale ma rendeva bene il senso del movimento.
Nel disegnare il logo, Siegel non accennò mai al fatto che si trattasse di West: venne fuori soltanto anni dopo. Per il lavoro si fece pagare 14mila dollari, non molti neanche all’epoca, ma sufficienti per il prestigio che Siegel attribuiva all’incarico. Negli anni successivi la sua agenzia, Siegelvision, lavorò con alcune delle più grandi aziende americane, da Mastercard a Dell, da Harley Davidson a Bank of America.
«Non avrei mai immaginato che sarebbe diventato così importante. Negli anni ho trovato almeno 67 loghi in tutto il mondo, in ogni tipo di sport, che si basano su quello». Nell’intervista, Siegel ha parlato anche dell’atteggiamento di West verso il logo: «Quando realizzammo il logo della Major League, sette-otto giocatori mi scrissero chiedendomi se la sagoma fosse la loro, volevano che fosse la loro. Uno famoso mi offrì 50mila dollari per dire che era lui. Sono rimasto sorpreso che West non sia stato più comprensivo a riguardo. La stragrande maggioranza delle persone sognerebbe di essere al suo posto. Sentendolo parlare, però, ho capito che semplicemente non voleva che quella sagoma fosse lui. Lo mette a disagio».
Per West è diventato ancora più difficile convivere con il logo. Negli ultimi anni in tanti hanno proposto di cambiare la sagoma, non perché West non sia rappresentativo, ma per rendere omaggio ad altri giocatori che hanno fatto la storia del campionato, come Michael Jordan o Kareem Abdul-Jabbar. Più di recente era stato uno dei più discussi giocatori in attività, Kyrie Irving, a chiedere alla lega di usare la sagoma di Kobe Bryant, morto il 26 gennaio 2020, condividendo il messaggio «Black Kings Built This League» (più o meno: i grandi giocatori neri hanno costruito questa lega).
West ha detto più volte che non avrebbe problemi a non essere più nel logo, anche perché ultimamente «si sente quasi costretto a scusarsi per esserci finito a sua insaputa». Eppure, nonostante le tante proposte, il logo continua a funzionare talmente bene che il commissario Adam Silver non ha mai preso in considerazione alcuna modifica.
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