Il governo ha approvato l’“assegno unico”
Per tutte le persone con figli a carico: arriverà da marzo e sostituirà con una misura sola una gran quantità di detrazioni e aiuti
Il Consiglio dei ministri ha approvato giovedì il decreto attuativo del cosiddetto “assegno unico”, una misura di sostegno economico alle famiglie con figli che dovrebbe semplificare il regime frammentato delle detrazioni e degli aiuti in vigore fino a qualche mese fa. Dal 1° gennaio tutte le persone con figli a carico potranno farne richiesta, e ricevere una somma mensile sulla base del numero dei figli, del reddito e di altri criteri.
Per entrare in vigore definitivamente, la misura dovrà essere esaminata nei prossimi giorni dalle Commissioni competenti del parlamento, ma non dovrebbe subire stravolgimenti, e tutti i principali osservatori danno per scontato che la misura sarà attiva entro il 1° gennaio, data a partire dalla quale l’INPS comincerà ad accogliere le richieste.
L’assegno unico è una misura importante di semplificazione. Con un’unica erogazione, sostituisce le numerose misure e detrazioni in vigore in precedenza, che erano tante e a cui spesso era difficile accedere o perfino venirne a conoscenza: tra le altre, sostituisce le detrazioni IRPEF sui figli a carico, gli assegni per i figli minori, gli assegni per famiglie numerose, il cosiddetto “bonus bebè”, il premio alla nascita e così via. L’assegno unico rimodula anche i criteri di erogazione: sarà disponibile per tutti, anche per le famiglie più ricche, ma sono stati annunciati dei meccanismi che dovrebbero garantire l’equità della misura. Probabilmente sarà necessario un periodo di rodaggio.
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L’assegno unico sarà erogato dall’INPS a tutte le famiglie che ne faranno richiesta: i primi versamenti (non si tratterà davvero di assegni) cominceranno ad arrivare a marzo. Ne hanno diritto tutte le persone con figli a carico, a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al 21esimo anno d’età dei figli (i figli maggiorenni danno ancora diritto all’assegno, a patto che studino, siano disoccupati o lavorino con redditi minimi). Per ottenere il reddito è necessario essere lavoratori, sia dipendenti sia autonomi, con un contratto di almeno sei mesi. Bisogna risiedere in Italia da almeno due anni: ne hanno dunque diritto anche le famiglie con cittadinanza non italiana, a patto che abbiano il permesso di soggiorno e paghino le tasse in Italia. Le famiglie residenti in Italia con figli a carico minori di 21 anni sono circa 9 milioni.
I criteri di definizione della somma erogata sono principalmente due: il numero di figli e il reddito della famiglia, ovvero l’ISEE. Secondo le stime, alle famiglie con ISEE inferiore ai 15 mila euro spetteranno 175 euro al mese con un figlio, 350 con due e 610 con tre, con la somma che aumenta all’aumentare dei figli e in base ad altri fattori, come per esempio se entrambi i genitori lavorano (30 euro in più a figlio) e se la madre ha meno di 21 anni (20 euro in più a figlio).
Man mano che il reddito aumenta le somme elargite diminuiscono. Per gli ISEE più alti, sopra i 40 mila euro, si arriva a 50 euro al mese per un figlio, 100 per due e così via. Ci sono poi criteri ulteriori: per esempio, per i figli disabili non ci sono limiti d’età, e l’assegno unico continuerà a essere erogato per tutta la vita.
Secondo il ministero delle Finanze, il passaggio dalle vecchie detrazioni e aiuti all’assegno unico penalizzerà 200 mila famiglie che già usufruiscono di aiuti e potrebbero ricevere meno soldi. Per questo è stato attivato un fondo di compensazione che dovrebbe aiutare le famiglie penalizzate, almeno per un periodo.
La nuova misura costerà 15 miliardi di euro nel 2022, che saliranno progressivamente fino a 19 miliardi nel 2029. La ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, ha detto che l’assegno unico è «una misura storica che aumenta del 50 per cento la spesa pubblica per la famiglia. Introduce uno strumento semplice che tiene conto dei carichi familiari e incentiva il lavoro femminile».