Lo scrittore Orhan Pamuk è indagato in Turchia per il suo ultimo libro
È accusato di aver offeso Atatürk, il fondatore dello stato turco, e l'identità nazionale: non è la prima volta
La scorsa settimana è stata riaperta un’indagine che coinvolge lo scrittore turco Orhan Pamuk, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2006, accusato di avere insultato l’identità nazionale turca nel suo ultimo romanzo Le notti della peste (2021). Non è la prima volta che vengono rivolte a Pamuk accuse di questo tipo, ma in passato erano tutte decadute senza che si arrivasse a una condanna. Potrebbe succedere una cosa simile anche questa volta, ma la notizia è stata comunque ripresa dai media internazionali, perché mostra uno dei tanti aspetti critici del governo autoritario del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, relativo alla libertà d’espressione degli scrittori e degli intellettuali turchi.
Il romanzo di Pamuk, uno dei più noti scrittori contemporanei, è ambientato nei primi del Novecento, in un’isola immaginaria della Turchia durante l’impero Ottomano. Ha tra le sue fonti d’ispirazione La peste di Albert Camus e I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Parla della peste del 1901, descrivendo una situazione per alcuni aspetti paragonabile alla pandemia attuale. Anche se il romanzo non contiene alcun riferimento a Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Repubblica turca e ancora oggi figura estremamente popolare nel paese, l’accusa ritiene che Pamuk si sia rivolto in maniera offensiva verso Atatürk e l’identità nazionale turca in generale.
Il caso era iniziato lo scorso aprile, poco dopo la pubblicazione del romanzo in Turchia, quando un avvocato aveva denunciato Pamuk sulla base della legge 5816, che prevede fino a tre anni di prigione per chi offende la memoria di Atatürk. La questione era poi finita in un tribunale di Istanbul, che aveva assolto Pamuk per mancanza di prove. Un avvocato di Smirne, però, aveva fatto ricorso a un altro tribunale, che la scorsa settimana lo ha accolto e ha quindi riaperto il caso.
La decisione del tribunale è stata molto criticata. Negli ultimi anni Erdogan era intervenuto massicciamente sul sistema giudiziario del paese, tra le altre cose con una grande riforma del 2014, che secondo i critici avrebbe indebolito in maniera significativa l’imparzialità e l’indipendenza dei giudici. Per questo sono state molte le decisioni giudiziarie prese in Turchia che sono state considerate motivate politicamente.
Pamuk era già stato indagato nel 2006, anno del Nobel per la letteratura, perché in un’intervista aveva parlato del genocidio degli armeni compiuto nel 1915 dall’esercito dell’impero Ottomano, di cui la Turchia è erede. Per uno scrittore turco parlare del genocidio degli armeni non è una cosa banale, e per certi versi è anche pericolosa: da oltre un secolo la Turchia si rifiuta infatti di riconoscere il genocidio e reagisce in maniera assai aggressiva contro governi stranieri e personalità intellettuali e politiche che lo fanno.
Nella stessa occasione, inoltre, Pamuk aveva citato le persecuzioni della Turchia contro i curdi, un altro argomento particolarmente sensibile per il governo di Erdogan, che negli ultimi anni ha represso sempre di più la minoranza curda. Dopo quelle dichiarazioni, Pamuk fu indagato – come oggi – per avere offeso l’identità nazionale turca. Il caso non aveva portato poi a condanne.
– Leggi anche: Cosa fu il genocidio degli armeni
Secondo PEN (Poets, Essayists, Novelists), un’organizzazione americana per la libertà d’espressione, nel 2020 la Turchia ha incriminato circa 25 scrittori, incarcerandone diversi, perché le loro pubblicazioni erano state ritenute offensive. PEN ha espresso il proprio appoggio nei confronti di Pamuk, e lo stesso hanno fatto l’editore del suo romanzo e l’Associazione turca degli editori (TYB), secondo cui il clima intimidatorio della Turchia equivale, di fatto, a una censura, perché minaccia la libertà di espressione e la libera circolazione di libri e idee.