I due uomini condannati per l’omicidio di Malcolm X saranno scagionati
Una nuova indagine dice che pubblici ministeri, FBI e polizia nascosero delle prove fondamentali per la loro assoluzione
Muhammad A. Aziz e Khalil Islam, due delle persone condannate per l’omicidio di Malcolm X, dovrebbero essere scagionati giovedì 18 novembre, a 55 anni dalla loro condanna. Lo hanno annunciato il procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus R. Vance Jr., e gli avvocati dei due uomini: un’indagine durata quasi due anni ha scoperto che pubblici ministeri del tempo, FBI e Dipartimento di polizia di New York avevano nascosto delle prove fondamentali che avrebbero probabilmente portato a un’assoluzione.
Malcolm X, attivista per i diritti umani e leader nella lotta degli afroamericani, venne ucciso il 21 febbraio del 1965 da tre persone all’Audubon Ballroom di Manhattan. Gli spararono poco prima che tenesse un comizio, davanti alla moglie incinta e a tre delle sue figlie. Aveva 39 anni.
La nuova inchiesta è stata avviata dopo la pubblicazione di un documentario e di una nuova biografia di Malcolm X che hanno riattivato l’interesse sul caso, anche se fin dall’inizio, racconta il New York Times, sull’indagine e sul processo contro Muhammad A. Aziz e Khalil Islam c’erano molti dubbi. L’inchiesta è stata guidata dal procuratore distrettuale di Manhattan e dagli avvocati di Aziz e Islam, conosciuti al tempo come Norman 3X Butler e Thomas 15X Johnson: non è stato facile condurla perché molte delle persone coinvolte nel caso, compresi testimoni, investigatori, avvocati del processo, o altri potenziali sospettati, sono morti da tempo. Alcuni documenti sono inoltre andati persi e le prove fisiche, come le armi del delitto, non erano più disponibili.
L’indagine è comunque arrivata a una conclusione: i pubblici ministeri dell’epoca e due delle principali forze dell’ordine del paese, il Federal Bureau of Investigation e il Dipartimento di Polizia di New York, avevano nascosto delle prove chiave che avrebbero probabilmente portato all’assoluzione dei due condannati.
Aziz, che oggi ha 83 anni, è uscito di prigione nel 1985. Islam, che era stato rilasciato nel 1987, è morto nel 2009. I due hanno trascorso 21 anni in carcere, alcuni dei quali in isolamento e in alcune delle peggiori carceri di massima sicurezza di New York. Aziz aveva sei figli al momento della condanna, Islam ne aveva tre. La loro vita è stata distrutta dopo la condanna, e anche dopo il rilascio entrambi hanno continuato ad essere considerati come gli assassini di Malcolm X, con gravi problemi di reinserimento nella società. Il procuratore distrettuale di Manhattan, dice il New York Times, si è scusato con loro e con le loro famiglie, dicendo che «non hanno ottenuto la giustizia che meritavano». Ha anche detto che a quel fallimento non si potrà porre rimedio, ma che oggi si può comunque «riconoscere l’errore, la gravità dell’errore».
Malcolm X è considerato una delle figure più importanti della storia degli Stati Uniti del secondo dopoguerra e insieme a quello che molti considerano uno dei suoi rivali, Martin Luther King, è stato uno degli esponenti più importanti del movimento per i diritti civili dei neri. Nel 1946, quando fu arrestato per alcuni furti in appartamento e condannato a otto anni, conobbe la Nation of Islam, un gruppo che predicava l’emancipazione delle persone nere attraverso un’interpretazione originale della religione islamica. Dopo essersi convertito all’Islam, quando uscì di prigione, nel 1952, divenne un membro importante dell’organizzazione, oltre che uno dei suoi leader religiosi.
In quegli anni cominciò anche il suo impegno militante per i diritti civili e nel 1964, poco più di un anno prima della sua morte, cominciò ad allontanarsi dal gruppo fino ad interrompere i rapporti. Fece un pellegrinaggio alla Mecca e cominciò un lungo viaggio in diversi paesi del mondo. Tornò negli Stati Uniti a febbraio del 1965. Pochi giorni dopo, il 21 dello stesso mese, fu ucciso da quelli che vennero identificati come membri della Nation of Islam.
Uno dei sospettati, Mujahid Abdul Halim, venne arrestato subito, nella sala da ballo. Aziz venne portato in carcere cinque giorni dopo e Islam dopo altri cinque giorni ancora. Nel giro di una settimana tutti e tre, e tutti e tre membri della Nation of Islam, vennero accusati di omicidio.
Al processo, nel 1966, i pubblici ministeri indicarono Islam, ex autista di Malcolm X, come l’uomo che aveva sparato il colpo fatale, e dissero che Halim e Aziz erano accanto a lui a sparare con le loro pistole. Dieci testimoni oculari raccontarono di aver visto Islam, Aziz o entrambi, ma le loro dichiarazioni erano contraddittorie e nessuna prova fisica collegava Aziz o Islam né all’omicidio né alla scena del crimine. Entrambi presentarono degli alibi credibili, supportati dalle testimonianze dei loro familiari e amici. E quando Halim confessò l’omicidio disse anche che i suoi due co-imputati erano innocenti. L’11 marzo del 1966, tutti e tre furono giudicati colpevoli.
Alcune delle prove che avrebbero potuto scagionare Aziz e Islam emersero, effettivamente, durante il loro processo ma alcune informazioni chiave ad esse collegate non vennero presentate.
Nella nuova inchiesta è stato intervistato un testimone ancora in vita, nominato solo come le sue iniziali, J.M., che ha confermato l’alibi di Aziz. Dalle indagini sono emerse, poi, altre questioni poco chiare: il fatto che ci fossero degli agenti in incognito al momento dell’assassinio, nella sala, e il fatto che un reporter del New York Daily News avesse ricevuto una chiamata la mattina dell’omicidio nel quale gli era stato rivelato che quel giorno Malcolm X sarebbe stato ucciso.
L’indagine non indica comunque chi potrebbero essere i colpevoli della morte di Malcolm X e non conferma alcun coinvolgimento o complotto di polizia o governo nell’omicidio. Lascia però aperte numerose domande: su come e perché, ad esempio, la polizia e il governo non riuscirono a evitare quel che accadde.
Il New York Times scrive che in un momento in cui il razzismo e la discriminazione del sistema giudiziario statunitense sono, di nuovo, al centro delle proteste dei movimenti antirazzisti, queste nuove scoperte «rivelano un’amara verità: che due delle persone condannate per l’omicidio di Malcolm X, uomini musulmani neri frettolosamente arrestati e processati in base a prove poco solide» siano stati loro stessi vittime di quella discriminazione e di quell’ingiustizia che Malcolm X, in vita, aveva denunciato.