I presunti brogli nell’elezione del senatore Adriano Cario
È accusato di essere stato eletto in una circoscrizione estera con centinaia di voti falsi, ma la Giunta gli ha dato ragione
Il 10 novembre la Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, un organo parlamentare che si occupa tra le altre cose di verificare la legittimità delle elezioni, ha convalidato l’elezione del senatore Adriano Cario. Nei suoi confronti era stata avviata una contestazione per presunti brogli e firme falsificate nell’elezione che nel 2018 lo aveva fatto diventare senatore per la circoscrizione Esteri, ma la Giunta deciso di respingere le accuse. Il voto della Giunta è solo indicativo e dovrà essere ratificato dall’aula del Senato, che potrà decidere anche di ribaltare la decisione.
Cario, che ha 49 anni, è nato in Uruguay e vive in Argentina, era stato eletto alle elezioni politiche del 2018 nella circoscrizione estera dell’America meridionale, candidato con il partito dell’Unione Sudamericana Emigrati Italiani (USEI). Prima di allora non aveva avuto esperienze politiche, e aveva ottenuto uno dei due seggi a disposizione risultando il secondo candidato più votato dopo Riccardo Merlo del Movimento Associativo Italiani all’Estero (MAIE). Aveva ricevuto in tutto 24.742 preferenze, di cui 21.972 solamente in Argentina.
Anche se il voto della Giunta è arrivato soltanto ora, le accuse di brogli nei suoi confronti erano state avanzate già alcune settimane dopo le elezioni politiche del marzo del 2018. Il 16 aprile del 2018 Fabio Porta, ex senatore del Partito Democratico sconfitto in quelle elezioni da Cario nella circoscrizione dell’America meridionale, aveva presentato un esposto alla Giunta per le elezioni del Senato sostenendo che ci fosse stata la contraffazione di 9.790 schede elettorali a favore dell’USEI. Se quei voti fossero stati annullati, diceva, sarebbe risultato il secondo candidato con più preferenze, e quindi eletto al posto di Cario.
Porta, che aveva anche presentato una querela alla Questura di Roma, aveva contestato in particolare i voti che arrivavano da 8 delle 32 sezioni per il voto degli italiani della città di Buenos Aires, in Argentina. Aveva accusato Cario di aver vinto grazie a migliaia di schede contraffatte da persone che avevano scritto più volte il suo nome sulle schede al posto dei veri elettori.
A questo proposito la Procura di Roma, in seguito all’apertura di un’indagine, aveva disposto una perizia calligrafica sui voti ricevuti da Cario. Dopo un esame a campione su più di 200 schede di 2 delle 32 sezioni di Buenos Aires, ha riscontrato la presenza di gruppi di schede compilate effettivamente dalla stessa mano.
Nei campioni esaminati è stato rilevato il 96% di preferenze per Cario, contro una media del 23% nel resto delle sezioni della città. Sulla base di ciò la Procura ha giudicato che la concentrazione di voti per Cario fosse «statisticamente aberrante» e ha stimato che in tutto le schede contraffatte siano state 2.140. L’anomalia, secondo Porta, sarebbe ancora più evidente se si considera che Cario non era nemmeno capolista dell’USEI in quella circoscrizione.
Il voto degli italiani all’estero avviene per posta, su schede inviate appositamente dai consolati agli iscritti alle liste elettorali. Le sezioni però non corrispondono ad aree territoriali come in Italia, ma sono suddivise casualmente e per questo le 2 prese in considerazione sono state considerate un campione significativo dalla Procura.
Nella seduta del 10 novembre della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, Cario è stato difeso dall’avvocato Maurizio Paniz, ex parlamentare di Forza Italia, che ha contestato innanzitutto i tempi con cui era arrivata la contestazione di Porta. Dal giorno delle elezioni, il 4 marzo 2018, si hanno infatti 20 giorni di tempo per presentare un reclamo alla Giunta, ma Porta lo fece più di un mese dopo, il 16 aprile. In merito ai rilievi della Procura, Paniz ha detto che Cario non ha nemmeno ricevuto l’avviso di garanzia sull’avvio delle indagini nei suoi confronti, e ha contestato che il campione di schede su cui è stata fatta la perizia calligrafica non sia numericamente significativo e non possa portare a concludere che ci sia stata una falsificazione di migliaia di firme.
Sullo Huffington Post il senatore Gregorio De Falco, del partito Centro Democratico, ha sostenuto che a rendere significativi quei campioni c’è proprio il fatto che la suddivisione in sezioni delle circoscrizioni all’estero sia causale. «I campioni in cui la percentuale di schede contraffatte rasenta sempre la quasi totalità, sono stati estratti da sezioni formate casualmente sono quindi assolutamente rappresentativi e se ne deve dedurre che quella è, con ampia probabilità, la percentuale di contraffazione comune a tutte le sezioni ed essa è di entità tale da vincere qualsiasi prova di resistenza, traducendosi anche in una vera ed inoppugnabile prova logica».
Il caso di Cario ha riaperto un dibattito che va avanti da molti anni e che riguarda il voto degli italiani residenti all’estero. Molto spesso i parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere nelle passate legislature sono state persone con la cittadinanza italiana solo in quanto discendenti di immigrati, ma i loro voti (18 in tutto tra Camera e Senato) si sono rivelati più volte decisivi per approvare o meno una legge o per sostenere o meno un governo. L’altro problema riguarda il voto per posta, che è possibile solo dalla cosiddetta legge Tremaglia del 2001 (fino ad allora per gli italiani all’estero era necessario tornare in Italia per votare). Nel corso degli anni ci sono state decine di segnalazioni di presunte irregolarità, schede contraffatte, problemi nello scrutinio e partiti elettorali molto bizzarri.