Come è andata la conferenza sulla Libia
È stato preso l'impegno di tenere le elezioni il prossimo 24 dicembre, ma non è detto che sarà così
Venerdì a Parigi si è tenuta una nuova conferenza internazionale sulla Libia, organizzata dall’ONU, dalla Germania, dall’Italia e dalla Francia con l’obiettivo di garantire la sopravvivenza del nuovo assetto istituzionale emerso dopo la fine dei combattimenti tra milizie rivali. La conferenza aveva come principali obiettivi assicurare lo svolgimento delle prossime elezioni e concretizzare il ritiro dei mercenari stranieri ancora presenti nel paese, inviati da Russia e Turchia: le autorità libiche hanno preso l’impegno di tenere le elezioni il prossimo 24 dicembre, seppur con qualche perplessità e tra diversi dubbi sul fatto che effettivamente ci saranno, mentre sulla questione dei mercenari non sembrano essere stati fatti grossi passi in avanti.
Nel documento finale della conferenza, i leader presenti hanno espresso il loro «pieno sostegno alla piena applicazione del cessate il fuoco del 23 ottobre del 2020» con l’intento di stabilizzare politicamente il paese. A febbraio la formazione del nuovo governo ad interim in Libia aveva messo fine all’esistenza di due governi diversi – uno a ovest, con sede a Tripoli, e uno a est, nella regione della Cirenaica – che si erano combattuti per anni in una guerra civile, terminata solo dopo la sconfitta di fatto delle milizie guidate dal maresciallo Khalifa Haftar, alleato del governo orientale.
Il nuovo governo ad interim è composto dal Consiglio presidenziale, formato dal presidente Mohamed al Menfi e da due vicepresidenti, e dal governo di unità nazionale, guidato dal primo ministro Abdulhamid Dbeibah. Le due parti del governo tuttavia non hanno risolto le grandi divisioni presenti nella politica locale, e negli ultimi tempi sono state al centro di varie tensioni.
Il presidente e il primo ministro hanno avuto posizioni diverse anche rispetto all’impegno emerso di tenere le elezioni parlamentari e presidenziali il prossimo 24 dicembre: durante la conferenza di Parigi, Menfi si è impegnato apertamente a rispettare tale data, mentre Dbeibeh, che secondo alcune indiscrezioni potrebbe candidarsi a presidente, non l’ha fatto in modo esplicito, dicendo invece che sarà compito della commissione elettorale stabilire quando si dovranno tenere.
Risulta quindi difficile capire se le elezioni si potranno tenere in maniera sicura, libera e trasparente, e se effettivamente saranno il 24 dicembre. Perché la data del 24 dicembre è molto vicina, e poi perché, come ha detto Draghi, il governo ad interim dovrà approvare una legge elettorale «fondamentale» per il processo, «col consenso di tutti» e «non nelle prossime settimane, ma nei prossimi giorni».
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Secondo l’analisi di Politico, seppur con alcuni disaccordi, Francia, Germania e Italia sono sembrate più unite rispetto alle passate conferenze sulla Libia. I leader presenti hanno dato il «pieno sostegno» anche al Piano d’Azione per il ritiro delle truppe di mercenari stranieri, ma come ha riconosciuto Merkel in conferenza stampa su questo aspetto «c’è ancora molto da fare».
In Libia sono ancora presenti migliaia di soldati turchi, o miliziani siriani filo-turchi reclutati nel nord della Siria, che erano andati a combattere a fianco del governo di Tripoli. Sono presenti anche i mercenari del gruppo russo Wagner, che invece erano stati mandati dalla Russia per combattere a fianco di Haftar. La Turchia, che nella guerra appoggiava il governo di Tripoli e il cui intervento militare aveva cambiato le sorti del conflitto, di fatto sancendo la sconfitta delle milizie di Haftar, non ha partecipato alla conferenza, e come si legge in una postilla del documento ha espresso «riserve sullo status di forze straniere». La Russia ha partecipato, ma non col presidente Vladimir Putin.
Tarek Megerisi, esperto di Libia e collaboratore dell’European Council on Foreign Relations, ha detto a Politico: «questa conferenza ha mostrato che l’influenza europea sta svanendo», perché non è riuscita a coinvolgere Russia e Turchia. Sempre Megerisi ha parlato, per la conferenza di Parigi, di «conclusioni precarie».