L’assenza dei costi di roaming non è scontata
L'Unione Europea ha iniziato a discutere il suo rinnovo: è molto probabile che si arrivi a un accordo, ma ci sono posizioni diverse e il tempo non è moltissimo
Dal 2017 all’interno dell’Unione Europea si può telefonare e navigare in Internet dai dispositivi mobili anche quando ci si trova fuori dal paese dove è registrata la propria carta SIM, grazie al regolamento europeo 2015/2020 che ha abolito i costi del cosiddetto roaming. Fino al 2017 per telefonare e navigare era necessario pagare un sovrapprezzo, chiamato appunto costo di roaming.
Il regolamento è stata una delle misure europee più apprezzate degli ultimi anni, ma presto dovrà essere rinnovata: scadrà infatti il 30 giugno 2022, e se l’Unione Europea non prenderà provvedimenti si tornerà alla situazione di prima. Sia il Parlamento Europeo sia il Consiglio dell’Unione Europea, cioè l’organo in cui siedono i rappresentanti dei governi dei 27 paesi membri, hanno “adottato la propria posizione” (si dice proprio così, è un atto formale) in merito al rinnovo del regolamento, e nelle prossime settimane dovranno negoziare un compromesso insieme alla Commissione Europea nel cosiddetto “trilogo”, cioè il negoziato a porte chiuse fra le tre istituzioni. Si sa già che l’eventuale nuovo regolamento dovrebbe durare dieci anni, cioè fino al 2032.
I tempi non sono strettissimi ma neppure troppo ampi, dato che le istituzioni europee hanno parecchie altre questioni aperte e l’eventuale compromesso dovrà anche passare dalla sessione plenaria del Parlamento Europeo per l’approvazione definitiva.
Il regolamento era stato approvato nel 2015 dopo anni di discussioni, ed era diventato immediatamente una delle norme più apprezzate e popolari fra quelle adottate dall’Unione Europea. Negli ultimi anni ha permesso soprattutto a milioni di turisti europei di connettersi a internet in un paese diverso dal proprio, evitando dispendiosi acquisti di SIM card straniere o la dipendenza da reti Wi-Fi fisse.
Secondo una consultazione pubblica realizzata dalla Commissione Europea nell’estate del 2020, il 96 per cento degli europei contattati si dice sicuro o molto sicuro di poter beneficiare delle misure previste dal regolamento. Fra l’estate del 2016 e quella del 2019 il consumo di dati internet in un paese diverso dal proprio all’interno dell’Unione Europea è aumentato di 17 volte. Un report della Commissione Europea ha stimato che nell’estate del 2018, in cui è stato registrato il picco di dati finora, i turisti europei avevano usato in media 440 megabyte di dati al mese rispetto ai 60 megabyte dell’estate del 2016.
«I numeri ci dicono che il regolamento è stato un successo», ha detto al Post Paolo Borchia, parlamentare europeo della Lega che ha una lunga esperienza nella commissione Industria, cioè quella che si occupa del tema, e che è relatore ombra per la proposta del Parlamento sul rinnovo del regolamento (il “relatore ombra” è quello che segue una certa proposta rappresentando la posizione del proprio gruppo politico).
Sembra abbiano funzionato anche le limitazioni previste dall’Unione Europea, dibattute a lungo, per impedire che alcuni si approfittassero dell’abolizione del costo di roaming: per esempio stipulando un abbonamento alla telefonia mobile in un paese dove gli abbonamenti costano molto poco per via del basso costo della vita, per poi abitare stabilmente in un altro paese.
Per evitare abusi del genere, il regolamento prevedeva una clausola chiamata fair use policy che di fatto permette agli operatori telefonici di stabilire un tetto ai gigabyte e ai minuti di telefonata che si possono consumare all’estero – stabiliti tramite un complesso calcolo – e in ogni caso imporre dei sovrapprezzi 14 giorni dopo un primo avvertimento.
Sempre secondo calcoli della Commissione Europea, nel primo trimestre del 2019 solo il 4 per cento del traffico di telefonate è stato soggetto a un sovrapprezzo: «in pratica», ha sintetizzato la Commissione, «soltanto un’esigua minoranza degli utenti che usano di più il roaming è stata colpita dalla fair use policy, mentre la stragrande maggioranza degli utenti non ha dovuto preoccuparsene».
Eppure già da un paio d’anni si discuteva di come migliorare ulteriormente il regolamento.
Il punto principale su cui si stanno concentrando i negoziati è il costo massimo che gli operatori possono addebitare per i propri gigabyte di dati internet. Ogni volta che una SIM card svedese si collega alla rete italiana, infatti, il costo del traffico dati consumato in quella sessione viene addebitato dall’operatore italiano, che offre il servizio, a quello svedese. Gli operatori italiani e più in generale del Sud Europa, cioè dei paesi europei che attirano la maggior quantità di turisti, hanno tutto l’interesse per tenere alto il tetto e farsi così pagare il più possibile dagli operatori del Nord e in generale da quelli di altri paesi.
Per contro le compagnie del Nord vorrebbero invece abbassare il tetto, per pagare il meno possibile. A loro si è allineato anche il Parlamento Europeo, anche se per ragioni diverse: essendo l’istituzione europea più sensibile alle richieste dei consumatori – che sono essenzialmente le stesse persone che ogni cinque anni votano per rinnovare i seggi dei parlamentari – il Parlamento vorrebbe che i tetti siano bassi, in modo che le compagnie telefoniche non abbiano ragioni per aumentare le tariffe degli abbonamenti telefonici.
Al momento, per quanto riguarda il traffico internet, un operatore può addebitare un massimo di 3 euro per gigabyte a un altro operatore, che a partire dall’1 gennaio 2022 diventeranno 2,50 euro. Il Consiglio dell’Unione Europea – che di fatto ha sposato la tesi dei paesi del Nord – chiede che il tetto rimanga sostanzialmente invariato, e cioè venga ridotto a 2,25 euro.
Il Parlamento invece, nel suo mandato negoziale approvato il 14 ottobre con i voti del centrosinistra e del centrodestra dalla commissione per l’Industria, vorrebbe che il tetto massimo sia di un euro a gigabyte, da ridursi progressivamente fino a 60 centesimi nel 2025.
Euractiv ha scritto che secondo uno studio riservato condotto per la compagnia telefonica tedesca Drillisch Netz AG, un gigabyte di dati internet costa a ciascuna compagnia fra i 0,005 e i 0,35 euro. I costi dovrebbero calare ulteriormente in futuro, dato che negli ultimi anni per gli operatori telefonici l’acquisto di traffico dati è diventato sempre più conveniente per via dei passi avanti compiuti dall’infrastruttura tecnologica.
Borchia spiega che nonostante il mandato negoziale del Parlamento contenga alcuni punti condivisibili, a suo avviso avrebbe dovuto prevedere maggiore «equilibrio», cioè contemperare le esigenze di risparmio dei consumatori senza penalizzare gli investimenti sulle reti fatti dagli operatori, che poi potrebbero riversarsi in rincari delle tariffe nazionali».
In altre parole, Borchia teme che tenendo troppo basso il tetto massimo per la cessione dei dati, gli operatori siano spinti a compensare i mancati introiti aumentando i costi dei servizi secondari, come la segreteria telefonica o l’SMS che avvisa di una telefonata ricevuta durante una chiamata: costi che fra l’altro verrebbero addebitati a tutti, e non soltanto a chi si sposta all’estero e sfrutta i benefici del regolamento sull’assenza di costi di roaming.
Il Parlamento chiede anche l’abolizione della fair use policy, ma su questo il Consiglio non sembra intenzionato a cedere.
Un altro punto su cui si discute è invece il rafforzamento degli obblighi, per gli operatori telefonici, di offrire servizi della stessa qualità nel proprio paese come all’estero. Cosa che a volte non avviene soprattutto per il traffico internet: secondo un recente sondaggio del Parlamento Europeo, un intervistato su tre dice che visitando un altro paese europeo gli è capitato di sperimentare lentezze sulla connessione internet da smartphone.
«Mentre si trovano all’estero i cittadini europei hanno diritto agli stessi servizi e alla stessa qualità di quando usano lo smartphone nel proprio paese, e ogni pratica che porta a una riduzione della qualità dovrebbe essere proibita», ha detto Róbert Hajšel, relatore ombra dei Socialisti europei per la proposta di rinnovo del regolamento al Parlamento Europeo.
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Gli operatori telefonici negano che succeda spesso, ma a diverse persone capita che in un certo paese un operatore non metta a disposizione una connessione in 4G ma si limiti a offrirne una in 3G, probabilmente per risparmiare sui costi: al momento la pratica non è esplicitamente vietata, e mancano gli strumenti per assicurare che i servizi e la qualità non cambino da un paese all’altro, come prevede la direttiva. È una questione che diventerà sempre più importante nei prossimi anni con l’avvento del 5G, una connessione di velocità molto superiore che probabilmente diventerà la norma per moltissimi europei.
Al momento però i contorni dell’eventuale compromesso che emergerà dal “trilogo”, fissato per l’8 dicembre, non sono ancora chiari.