Gli Stati Uniti e Moderna litigano sul brevetto del vaccino
L'azienda non ha inserito tre ricercatori governativi nella richiesta di brevetto, con potenziali conseguenze sul controllo delle licenze
I National Institutes of Health (NIH), un’agenzia del dipartimento della Salute degli Stati Uniti, sono in profondo disaccordo con l’azienda farmaceutica statunitense Moderna sulla lista dei ricercatori da associare al brevetto del vaccino a mRNA contro il coronavirus. NIH ritiene che almeno tre propri scienziati debbano essere inclusi nell’elenco, mentre Moderna sostiene di avere sviluppato autonomamente le tecnologie principali legate al vaccino senza il loro aiuto. La disputa potrebbe avere numerosi strascichi legali e implicazioni finanziarie, influendo negativamente sulla possibilità di distribuire sotto licenza il vaccino in altri paesi.
NIH sostiene che tre scienziati del suo Centro di ricerca per i vaccini avessero lavorato con Moderna per progettare la sequenza genetica contenuta nel vaccino, che induce l’organismo a produrre alcune proteine del coronavirus in modo che il sistema immunitario impari a contrastarle nel caso di eventuali infezioni vere e proprie in futuro. Gli scienziati sono il direttore del centro, John. R. Mascola, il virologo Barney Graham e la ricercatrice Kizzmekia Corbett, tutti e tre indicati da diverse istituzioni come i principali artefici del successo del vaccino di Moderna e non solo.
Ben prima della pandemia, Graham aveva condotto vari studi sui coronavirus, occupandosi insieme a Corbett e altri ricercatori della proteina spike, impiegata da questi virus per eludere le difese delle cellule e iniettare al loro interno il materiale genetico. Una tecnologia in particolare, per stabilizzare la proteina, era stata brevettata dagli NIH ed è alla base dei vaccini a mRNA sviluppati finora, sia da parte di Moderna sia di Pfizer-BioNTech.
Moderna aveva collaborato per diversi anni con gruppi di scienziati nei centri di ricerca pubblici degli Stati Uniti, sempre su progetti legati ai coronavirus. A gennaio del 2020, NIH e Moderna avevano poi deciso di collaborare allo sviluppo di un vaccino specifico contro il SARS-CoV-2, virus che dalla Cina aveva iniziato a diffondersi praticamente in tutto il mondo.
Il Centro di ricerca per i vaccini aveva identificato il gene che fa esprimere la proteina spike del SARS-CoV-2 e aveva inviato rapidamente l’informazione a Moderna. L’azienda sostiene però che in quelle fasi i suoi scienziati avessero già identificato il gene con una ricerca indipendente.
Partendo da quelle informazioni era stato possibile progettare il vaccino a mRNA che pochi mesi dopo, in seguito ai primi test clinici, era risultato avere un’alta efficacia nel prevenire le forme gravi di COVID-19. All’epoca i responsabili degli NIH avevano definito il nuovo sistema appena sviluppato «il vaccino NIH-Moderna», con diversi esponenti dell’agenzia che avevano rivendicato il lavoro svolto dai loro colleghi.
In seguito, Moderna avrebbe in più occasioni sostenuto di avere sviluppato il vaccino sostanzialmente in autonomia, al punto da volerne brevettare alcune tecnologie senza comprendere i tre principali scienziati degli NIH che avevano lavorato al progetto.
Come ha ricostruito il New York Times, lo scorso luglio Moderna aveva presentato una prima richiesta all’Ufficio brevetti degli Stati Uniti, segnalando di avere «concluso in buona fede» che i tre scienziati non avessero «co-inventato» uno dei principali componenti del vaccino a mRNA contro il coronavirus. Nella richiesta erano quindi compresi solamente i nomi di impiegati dell’azienda, senza particolari riferimenti a membri esterni. La formulazione della richiesta in quel modo aveva sorpreso i responsabili degli NIH, al lavoro da circa un anno per risolvere il contenzioso con Moderna.
Secondo diversi esperti, la presenza sul brevetto dei tre ricercatori degli NIH potrebbe fare la differenza, non solo per i diretti interessati. Il governo avrebbe più controllo sulla gestione delle licenze, in modo da facilitare la produzione del vaccino contro il coronavirus da parte di altre aziende, soprattutto nei paesi poveri e in via di sviluppo, dove finora Moderna ha consegnato pochissime dosi nonostante le ripetute richieste da parte di governi e istituzioni.
Moderna in questi mesi è stata infatti accusata di avere privilegiato le consegne del proprio vaccino nei paesi più ricchi, dove può vendere le dosi a prezzi più alti senza particolari problemi. Il governo degli Stati Uniti ha espresso critiche sul tema, ricordando che durante la fase di sviluppo e verifica del vaccino aveva finanziato l’azienda con oltre 1,4 miliardi di dollari, senza contare la spesa di oltre 8 miliardi di dollari per le centinaia di milioni di dosi finora acquistate dallo stesso governo. Solo quest’anno il vaccino contro il coronavirus porterà a 18 miliardi di ricavi per Moderna, mentre per il prossimo anno la società ha già stretto accordi per 20 miliardi di dollari.
L’azienda non ritiene di avere ricevuto particolari trattamenti o aiuti nello sviluppo del vaccino, e secondo alcuni osservatori starebbe mantenendo questa posizione per avere più libertà nel decidere le proprie politiche commerciali, che finora hanno escluso ampiamente i paesi più poveri. Come ha detto un esperto al New York Times, «Moderna vuole una proprietà esclusiva e il pieno controllo di questo brevetto. Vuole essere l’unica organizzazione in grado di decidere dove il vaccino a mRNA viene prodotto, in che modo, da chi e a che prezzo viene venduto. Un brevetto condiviso è una minaccia a questa possibilità di controllo».
Quando aveva presentato il proprio vaccino, Moderna si era comunque impegnata a non far valere i propri diritti legati ai brevetti fino alla fine della pandemia, sostenendo che in questo modo altre aziende avrebbero potuto produrre vaccini con lo stesso sistema per conto proprio. In realtà, anche senza i vincoli dei brevetti, una ricetta per fare un vaccino non è spesso sufficiente, perché la sua produzione richiede particolari conoscenze scientifiche e tecnologiche.
L’Ufficio brevetti ha il compito di decidere se assegnare o meno un brevetto, ma non ha un ruolo nel risolvere eventuali contenziosi legati alle richieste. Nel caso in cui le due parti non trovassero una soluzione in tempo prima dell’approvazione del brevetto, il governo degli Stati Uniti – che controlla gli NIH – dovrebbe decidere se fare o meno causa a Moderna, avviando un processo che potrebbe richiedere molto tempo e denaro.