È ora di tornare ai menu di carta?
I QR code sono stati utili, ma dal punto di vista sanitario ce n'è sempre meno bisogno e secondo molti impoveriscono l'esperienza al ristorante
Oltre un anno fa, alla loro riapertura dopo i primi mesi della pandemia, molti ristoranti e locali avevano scelto di rinunciare ai loro vecchi menu di carta in favore di più moderni e igienici QR code, i quadratini da inquadrare con il proprio smartphone per aprire un link. Da allora molti hanno scelto di mantenerli ma c’è chi, soprattutto online e soprattutto su certi siti di settore, sta portando avanti delle campagne abolizioniste, chiedendo con vari argomenti più o meno seri, e spesso nostalgici, un ritorno ai menu cartacei. Una posizione a cui si è opposto invece chi, con un approccio più razionale, li trova utili, efficaci e anche ecologici.
Inventati nel 1994, i QR code (“Quick Response”, risposta rapida) sono un’evoluzione dei codici a barre e in sostanza un modo per condensare in una semplice immagine tante informazioni che la fotocamera di uno smartphone può leggere in un istante, per poi tramutarle – se quello smartphone è collegato a internet – in un link. Nel caso di locali e ristoranti, indirizzando a un menu, che può essere su un’apposita pagina internet, oppure all’interno di un file PDF.
In Cina, dove sono diffusissimi da anni, già da prima della pandemia, i QR code erano spesso la norma in moltissimi esercizi commerciali, perfino nelle bancarelle dei mercati. In Italia e in buona parte del resto del mondo, è stata la pandemia a portarli in molti ristoranti. Perché l’idea di prendere tra le mani, prima di mangiare, un pezzo di carta toccato in precedenza da chissà quanti altri non era per nulla rassicurante in un periodo in cui sopravvalutavamo la resistenza del coronavirus sulle superfici, e le possibilità di contagiarsi in questo modo.
Anche Grub Street, il sito newyorkese di cucina e ristorazione il cui recente articolo “Perché è ora di tornare ai menu di carta” si è aggiunto alle fila dei contrari ai QR Code, ha premesso: «all’inizio, i menu sugli smartphone erano una soluzione astuta e necessaria, arrivata nel bel mezzo di una crisi irrisolvibile».
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Megan Paetzhold, autrice dell’articolo di Grub Street, pensa però che ora che sono venute meno certe premesse e ora che sono sfumati certi timori, sia il caso di chiudere quella che ritiene dovrebbe restare perlopiù una parentesi pandemica. Anche alla luce del fatto che ormai per la stragrande maggioranza delle persone maneggiare un menu di carta è uno dei rischi quotidiani minori, nella nuova normalità pandemica.
«Di recente, entrando in un ristorante per una cena, tutto mi è sembrato adorabile», ha scritto Paetzhold: «l’accogliente bagliore delle luci, il tintinnio dei bicchieri, il rumore delle posate, il calmante profumo dalla cucina. Quel ristorante aveva un suo fascino antico, un’atmosfera studiata e impeccabile in cui avrei voluto stare a lungo. Ma è stato quasi tutto vanificato al momento del menu: nessun elegante foglio di carta, nessuna lavagna. Al contrario, solo un QR code asetticamente appiccicato al tavolo».
«Nell’ultimo anno e mezzo la mia intera vita personale e professionale l’ho vissuta tra Zoom, Slack e chat di gruppo», ha aggiunto Paetzhold, che vorrebbe, almeno a cena, non dover tirare fuori il telefono appena seduta al tavolo. L’argomento principale di Paetzhold è insomma che i QR code sono «freddi, brutti e sgradevoli». Perché i menu sono parte dell’esperienza della cena. Addirittura, per molti versi, i titoli di testa della cena: «il primo modo che un ristorante ha per dire “ecco, siamo questo”».
Altri argomenti di chi è contro i QR code nei ristoranti riguardano la difficoltà nell’aprire e navigare certi menu, specie per persone non abituate ad armeggiare con fotocamere e smartphone. Christina Cauterucci, autrice per Slate dell’articolo “Ridateci i menu”, ha scritto, dopo essersi lamentata con argomentazioni affini a quelle di Paetzhold: «se pensate che io stia esagerando, lasciate che vi chieda se siete andati al ristorante con i vostri genitori boomer». Cauterucci scrive poi di ritenere i menu su QR code «alienanti» anche per persone senza smartphone o turisti che non possono connettersi a internet con facilità.
«È possibile che io frequenti una bolla luddista», conclude Cauterucci nel presentare una sua personalissima statistica, «ma ho conosciuto solo una persona che li apprezza».
Un’altra questione, in questo caso non emotiva ed esperienziale, riguarda il fatto che i QR code possono effettivamente prestarsi a tutta una serie di problemi di sicurezza. In breve, basterebbe che qualcuno appiccichi a un tavolo un QR code diverso da quello vero del ristorante, per far aprire a qualche commensale ogni tipo di link, compresi quelli in grado di indirizzare a un virus.
Gli argomenti di chi invece non vede niente di male nei menu che si aprono con QR code riguardano la loro praticità, il loro essere più igienici (a patto che si abbia cura di dove si mette il proprio smartphone), il fatto che permettono di risparmiare carta e, ai ristoratori interessati, di aggiornare con più facilità i menu, cambiando piatti del giorno o magari eliminando una certa portata quando non è momentaneamente disponibile.
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«Non ci sono molte cose da salvare dall’esperienza di una cena ai tempi della pandemia», ha scritto The Restaurant Manifesto, ricordando come da molti mesi ormai «è diventato impossibile anche solo vedere in faccia chi ci sta servendo». The Restaurant Manifesto ha però messo in ordine una serie di ragioni per «mantenere i menu con QR code». Tra le altre cose, perché evita problemi con le stampanti («e ci sono poche cose che fanno arrabbiare i ristoratori più delle stampanti») e dà più spazio per le avvertenze sulle allergie e le informazioni sui prodotti.
In altre parole, se per un menu di carta vale la regola generale di un curriculum (meno pagine ci mette a dire quello che deve dire, e meglio è per tutti), un menu online potrebbe, magari attraverso i link, essere sintetico per chi cerca la sintesi, e più prolisso per chi vuole approfondire.
Tra le analitiche ragioni di chi è favorevole ai menu di carta trovano poi spazio le istanze di chi, per esempio, precisa di non avere nessuna nostalgia di pezzi di carta sgualciti e magari macchiati dal cibo o dal vino.
Una proposta di compromesso è semplicemente quella di offrire la possibilità a chi non ama i QR code di chiedere un menu di carta. Oppure una maggiore attenzione per i menu digitali, spesso fatti male: una caratteristica che suggerisce che il problema possa non essere nello strumento, ma nel suo uso. In tutto questo, c’è anche chi ipotizza che il destino dei menu sia in realtà un altro, e cioè quello di essere forniti su appositi tablet su cui si può ordinare il cibo: uno scenario che, a proposito di nostalgici, qualcuno considera quasi apocalittico.