Cosa succede tecnicamente se Draghi diventa presidente della Repubblica
Al di là di quanto sia probabile, si verificherebbe un discreto groviglio istituzionale e Brunetta finirebbe al centro dell'attenzione
Da settimane nel dibattito politico italiano è entrata la questione del prossimo presidente della Repubblica, che sarà eletto dal Parlamento in seduta comune a gennaio per sostituire Sergio Mattarella. Quasi ogni giorno si aggiungono nuove ipotesi e congetture, e circolano da tempo diversi nomi, da Silvio Berlusconi – la cui candidatura è probabilmente più simbolica che concreta – all’ultimo, Giuliano Amato. Ma il nome citato più spesso è senz’altro quello del presidente del Consiglio Mario Draghi.
Ci sono varie questioni politiche che si intrecciano: in breve, più o meno tutti i partiti sarebbero d’accordo a eleggerlo, ma il centrosinistra sembra preferirlo dov’è ora, e vorrebbe che portasse la legislatura al suo termine naturale nel 2023. Occorrerà aspettare ancora qualche settimana per capire come evolveranno strategie e negoziati, ma c’è una questione un po’ laterale di una certa rilevanza. Se Draghi diventasse il nuovo presidente della Repubblica, infatti, si verificherebbe una situazione istituzionale anomala e senza precedenti nella storia repubblicana. Questo perché ovviamente le cariche di presidente del Consiglio e di presidente della Repubblica non possono essere svolte dalla stessa persona (lo esplicita l’articolo 84 della Costituzione).
La scorsa settimana il costituzionalista e docente Michele Ainis ha spiegato su Repubblica quali potrebbero essere le conseguenze se Draghi venisse eletto al Quirinale. Data l’incompatibilità delle due cariche, una volta eletto dalle camere riunite in seduta comune Draghi dovrebbe dimettersi, aprendo di fatto una crisi di governo. Secondo la prassi, quando un presidente del Consiglio si dimette, il presidente della Repubblica non firma subito le dimissioni e il governo rimane in carica per il «disbrigo degli affari correnti», come si dice, cioè occuparsi dell’ordinaria amministrazione. Dopodiché si aprono le consultazioni con i partiti per cercare un nuovo primo ministro.
Nel caso in cui Draghi dovesse dimettersi per fare il presidente della Repubblica, tuttavia, non potrebbe restare capo del governo neanche provvisoriamente, per cui Mattarella dovrebbe accettare immediatamente le sue dimissioni. E fin quando non avrà prestato giuramento, scrive Ainis, «scivolerà in un limbo: non più presidente del Consiglio, non ancora presidente della Repubblica».
Dopo aver prestato giuramento, comunque, sarà Draghi stesso a nominare il proprio successore, ma nel tempo che ci metterà a individuare una persona in grado di trovare una maggioranza la carica di presidente del Consiglio non può rimanere vacante. La soluzione a questo enigma istituzionale la dà la legge numero 400 del 1988, che nell’articolo 8 dice che «in caso di assenza o impedimento temporaneo» del Presidente del Consiglio, «la supplenza spetta al vicepresidente».
Draghi però non ne ha nominato uno. Perciò in questo caso la carica spetterebbe «al ministro più anziano secondo l’età». Che nel governo attualmente in carica è Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, che ha 71 anni.
Questo groviglio istituzionale comunque rimane uno degli ostacoli meno rilevanti all’eventuale elezione di Draghi, che al momento qualcuno non ritiene l’ipotesi più probabile per altri motivi. Il principale è che il governo Draghi deve occuparsi ancora di molte questioni delicate e importanti come l’avvio dei progetti finanziati con il Recovery Fund e le misure contenute nella legge di bilancio, soprattutto la riforma fiscale e quella delle pensioni.
L’altro è la questione delle eventuali elezioni: il prossimo Parlamento avrà un terzo dei seggi in meno, e alcuni partiti sono assai calati nei sondaggi rispetto alle elezioni del 2018, soprattutto il Movimento 5 Stelle e Forza Italia. Ci sono quindi centinaia di parlamentari che sanno che non saranno rieletti, e vorrebbero perciò prolungare l’attuale legislatura tenendo Draghi al governo. Se venisse eletto al Quirinale, invece, il Parlamento potrebbe non trovare un successore, e il nuovo presidente della Repubblica – Draghi, in questo scenario – potrebbe convocare le elezioni anticipate.