Un nuovo, importante caso per il #MeToo in Cina
La tennista Peng Shuai ha accusato di violenze sessuali l'ex vicepremier Zhang Gaoli, provocando un'enorme censura online
La tennista professionista cinese Peng Shuai ha denunciato questa settimana di aver subìto violenze sessuali da parte dell’ex vicepremier Zhang Gaoli, uno dei politici più noti e potenti del paese, da qualche anno ritirato dalla vita politica. Il post online con cui Peng ha denunciato le violenze è stato quasi immediatamente censurato dal governo, ma nonostante questo le sue accuse hanno nuovamente portato grande attenzione sul movimento #MeToo in Cina: non è la prima volta che un funzionario governativo cinese viene accusato di molestie sessuali, ma questo è il primo caso in cui è coinvolto un esponente del governo di così alto rilievo.
In un lungo post sul social network Weibo, la versione cinese di Twitter, Peng ha parlato di un abuso sessuale subìto da parte di Zhang, con il quale aveva avuto una relazione intermittente iniziata circa dieci anni fa, mentre lui era sposato. Nel post, pubblicato martedì, racconta di essere stata costretta ad avere un rapporto sessuale con lui circa tre anni fa, quando era stata invitata a casa sua da lui e dalla moglie, dopo alcuni anni che non si vedevano. Peng ha detto non avere prove della violenza subita perché «era semplicemente impossibile avere prove», e ha aggiunto di non riuscire a descrivere quanto sia «disgustata», visto che anni prima «aveva aperto il suo cuore» a Zhang.
Peng ha 35 anni ed è una delle tenniste cinesi più forti in attività, in particolare nel doppio, categoria in cui ha vinto sia il torneo di Wimbledon che gli Open di Francia. Zhang ha 75 anni, è stato vicepremier della Cina dal 2013 al 2018 e tra il 2012 e il 2017 è stato uno dei sette membri del Comitato permanente del Partito Comunista cinese, il gruppo di sette persone che guida il Partito e che di fatto detiene il massimo potere politico in Cina, presieduto dal leader e presidente Xi Jinping. Per il suo lavoro sull’economia, Zhang è anche una delle figure politiche più note nel paese. Il New York Times e CNN, tra gli altri, hanno provato a contattare sia il Consiglio di stato cinese che Zhang per un commento, ma non hanno ottenuto risposta.
Nel frattempo, il post di Peng è stato eliminato da Weibo dopo meno di mezz’ora, e anche gli screenshot e i post sui social network in cui era stato discusso l’argomento sono stati censurati; il profilo di Peng è regolarmente attivo, ma è stata inibita la possibilità di lasciare commenti, così come è bloccata la ricerca del suo nome sui social network. Secondo il New York Times, sarebbe stata perfino bloccata la parola “tennis”, e questo mostra «l’attenzione eccezionale con cui la Cina discute della cattiva condotta dei leader del Partito». Nonostante questo, il post di Peng ha continuato a circolare sotto forma di screenshot.
Il movimento #MeToo in Cina, chiamato #WoYeShi, ha cominciato a diffondersi a partire dalle università come conseguenza del grande movimento emerso a fine 2017 negli Stati Uniti, e si è via via organizzato anche politicamente. Negli ultimi anni, in Cina, il movimento ha subìto la censura e la dura repressione del Partito comunista. Lü Pin, attivista e fondatrice del forum cinese Feminist Voices – censurato – ha detto al New York Times che «quando tre anni fa le prime donne avevano cominciato a parlare delle loro esperienze nessuno si sarebbe immaginato che la cosa sarebbe arrivata a questi livelli». La censura «non funziona più», ha aggiunto Lü, sottolineando che però è essenziale che si continui a parlarne, perché «la parte più difficile è cambiare la politica».
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