L’accesa disputa francese sui manoscritti inediti di Céline
Avvocati e studiosi discutono del destino di 6.000 pagine che si credevano perdute, fino alla morte della vedova dello scrittore
In Francia è in corso da mesi una controversia legale che ha a che fare con i seimila manoscritti, considerati a lungo perduti e poi ritrovati, di Louis-Ferdinand Céline, autore apprezzato e controverso celebre soprattutto per il romanzo Viaggio al termine della notte, ma anche per una serie di pamphlet antisemiti. Gli eredi di Céline hanno fatto causa al critico teatrale ed ex giornalista di Libération Jean-Pierre Thibaudat che, circa quindici anni fa, aveva ricevuto i manoscritti da un anonimo con la promessa di renderli pubblici solo dopo la morte della vedova dello scrittore. L’azione legale ha portato per ora alla restituzione dei manoscritti agli eredi, che devono decidere se e come pubblicarli.
Il ritrovamento
Le Monde scrive che Louis-Ferdinand Céline sostenne fino alla morte, avvenuta il primo luglio del 1961, che nel 1944 – quando scappò dalla Francia alla Germania dopo la Liberazione temendo di essere punito per la sua vicinanza a nazisti e collaborazionisti – qualcuno era entrato nel suo appartamento di Montmartre e aveva rubato migliaia di manoscritti. «Non mi hanno lasciato niente… non un fazzoletto, non una sedia, non un manoscritto…», scriverà nel 1957 nel romanzo Da un castello all’altro. E ancora, in una lettera all’amico Pierre Monnier: «Se Casse-pipe [romanzo di cui fino a oggi si conoscevano soltanto pochi capitoli, ndr] è incompleto è perché gli Epuratori hanno buttato il resto, 600 pagine di manoscritto nelle pattumiere di viale Junot».
Dal 1944 biografi, critici e antiquari hanno cercato di rintracciare questi manoscritti: hanno interrogato i sopravvissuti alla guerra che abitavano a Montmartre, hanno trovato i discendenti dei presunti “Epuratori”, hanno seguito vari indizi alle aste. Nulla: i manoscritti erano scomparsi, e si credeva ormai per sempre.
L’8 novembre del 2019 la morte all’età di ben 107 anni di Lucette Destouches, ex ballerina, seconda moglie e vedova di Céline, riaprì però il caso in modo inaspettato.
Pochi mesi dopo la morte di Destouches, un uomo contattò l’avvocato parigino Emmanuel Pierrat, specializzato in proprietà intellettuale. Era Jean-Pierre Thibaudat, critico teatrale e giornalista di Libération fino al 2006, che lo scorso agosto ha raccontato com’era andata: «Molti anni fa, un lettore di Libération mi chiamò e mi disse che voleva darmi dei documenti. Il giorno dell’appuntamento è arrivato con delle enormi borse che contenevano seimila manoscritti. Erano di Louis-Ferdinand Céline. Me li ha consegnati ponendo una sola condizione: non renderli pubblici prima della morte di Lucette Destouches poiché, essendo lui di sinistra, non voleva “arricchire” la vedova dello scrittore», antisemita e filonazista.
Thibaudat ha spiegato che la donazione era avvenuta circa quindici anni prima, quando lavorava ancora per Libération, non ha rivelato l’identità del donatore e ha detto che quando i manoscritti gli furono consegnati non gli venne chiesta alcuna ricompensa: «Non un centesimo», ma solo il rispetto degli accordi, e cioè attendere la morte di Destouches per renderli pubblici.
Ici et là-bas | Des milliers de feuillets inédits : les trésors retrouvés de Louis-Ferdinand Céline https://t.co/OsymZnoJez | WNEWS pic.twitter.com/YGsv72o2gW
— REVUE DE PRESSE (@wnewspresse) August 4, 2021
Tornato a casa, il giornalista esaminò le pagine, circa un metro cubo di carta: alcuni fogli erano stati danneggiati dall’umidità, altri erano invece ancora tenuti insieme dalle mollette di legno che Céline usava abitualmente. C’erano le 600 pagine manoscritte del famoso romanzo Casse-pipe, quelle di un altro romanzo fino ad ora sconosciuto, intitolato Londres, e decine di altri scritti e documenti. Per anni, senza dirlo a nessuno, Jean-Pierre Thibaudat riordinò e trascrisse le pagine, e solo alla morte di Lucette Destouches, nell’autunno del 2019, contattò un avvocato svelando come da accordi il ritrovamento.
Gli eredi
L’avvocato avviò a quel punto una trattativa con gli eredi della vedova di Céline: François Gibault, avvocato di 89 anni, autore di riferimento della biografia dello scrittore, e Véronique Chovin, settantenne, amica di Destouches e autrice, insieme a lei, del libro Céline segreto.
L’11 giugno del 2020, nello studio di Pierrat a Parigi, venne organizzato un incontro tra i due eredi e Thibaudat, che espresse il desiderio di consegnare i manoscritti all’Institut mémoires de l’édition contemporaine (IMEC), un archivio letterario che ha sede in una abbazia della Bassa Normandia e che conserva già molti scritti originali di Céline.
L’incontro non andò però molto bene. Chovin disse di essere indignata: «Lucette sarebbe rimasta scandalizzata da quanto sta accadendo. Questi manoscritti sono stati rubati ed erano suoi di diritto. Di conseguenza, ora devono essere restituiti a coloro che ne difendono i diritti morali e patrimoniali. Sta a noi decidere il loro destino».
All’inizio del 2021, Chovin e Gibault hanno ingaggiato un avvocato, Jérémie Assous, il quale ha accusato Thibaudat di aver disposto a proprio piacimento dei manoscritti rubati e di non aver protetto una fonte, ma un ladro. I quindici anni in cui Thibaudat aveva tenuto per sé i manoscritti, ha aggiunto l’avvocato degli eredi, sono costati milioni di euro. Thibaudat è stato dunque denunciato per detenzione di merce rubata a un tribunale di Parigi.
La fuga di Céline e il furto
Al centro di questa disputa giudiziario-letteraria, scrive Le Monde, resta una domanda: come sono spuntati i manoscritti? Il quotidiano ricostruisce quando accaduto a Montmartre, nell’appartamento di Céline e sua moglie, nel giugno del 1944.
Fin dall’inizio della Seconda guerra mondiale, Céline prese posizione esplicitamente: ripubblicò i suoi pamphlet antisemiti e pretese che le sue opere fossero esposte alla mostra razzista, antisemita e finanziata dagli occupanti nazisti “Le Juif et la France”, che si tenne tra il 1941 e il 1942 a Parigi. Se, precisa Le Monde, non è esatto affermare che Céline collaborò con i nazisti nel senso più stretto della parola, è universalmente riconosciuto come uno dei francesi più celebri che divenne «amico dei nazisti».
La mattina del 6 giugno, mentre gli americani sbarcavano in Normandia, Céline decise di scappare in Germania e poi da lì in Danimarca, dove aveva sepolto nel giardino di un amico una riserva d’oro. Procurò per sé e per la moglie dei documenti falsi e il 17 giugno, dopo essere stato in banca, dopo aver affidato alcuni manoscritti alla segretaria privata e aver preso il loro gatto, si diresse alla stazione per superare poi il confine e arrivare in Germania. Prima di proseguire il suo viaggio si fermò a Sigmaringen, il posto dove i tedeschi avevano fatto confluire i membri del governo collaborazionista di Vichy.
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Quando Parigi venne liberata, i combattenti della resistenza francese trasformarono la brasserie Junot di Montmartre nel loro quartier generale andando alla ricerca di tutti coloro che erano sospettati di aver collaborato con il nemico e, in qualche caso, perquisendo le loro case. Fu probabilmente tra il 25 e il 30 agosto 1944 che i combattenti della resistenza entrarono nell’appartamento di Céline dove, sulla credenza, erano stati lasciati centinaia di manoscritti.
Su chi li avesse presi, Céline stesso aveva un’ipotesi: in una lettera ad un amico, nel 1949, scrisse che era stato «Oscar Rosembly, un ebreo corso, che ha rubato le scarpe a Popol (Gen Paul, pittore di Montmartre amico di Céline, ndr), e che è andato dopo la mia partenza a devastare il mio appartamento».
Oscar Rosembly era nato il 4 aprile del 1909 a Poggiolo, nella Corsica del sud. Durante la guerra, si era rifugiato nella casa di Gen Paul, a causa delle sue lontane origini ebraiche. Conosceva Céline, che abitava dall’altra parte della strada, e teneva per lui la contabilità: «Sembra una follia, ma Céline, autore di opuscoli antisemiti, aveva scelto Rosembly per occuparsi della sua contabilità, proprio perché pensava che fosse ebreo», ha commentato a Le Monde il biografo di Céline Emile Brami.
Quando Parigi venne liberata, Rosembly riapparve come tenente delle forze francesi della resistenza e, approfittando della confusione generale, «visitò» gli appartamenti dei personaggi in fuga. Queste sue «ricerche», racconta Le Monde, non passarono inosservate e Rosembly fu arrestato. Secondo un rapporto dell’epoca venne accusato di «atti disonesti» e incarcerato. Quando uscì di prigione venne dimenticato, tornando a vivere in Corsica gli ultimi anni della sua vita. Morì nel 1990.
La “pista corsa” dei manoscritti scomparsi venne seguita da diversi studiosi, ma non portò a nulla. Le pagine potrebbero provenire, direttamente o no, da Rosembly, oppure, altra ipotesi piuttosto accreditata, da Yvon Morandat, un combattente della resistenza che nel settembre 1944 requisì e si trasferì nell’appartamento di Céline. Lo stesso Céline aveva anche questo sospetto: «Il mio occupante di rue Girardon mi ha buttato nella spazzatura il seguito manoscritto di Guignol (Guignol’s band, romanzo pubblicato in Francia nel 1944) e di altri tre romanzi! È un tale Morandat, amico di De Gaulle», scriveva Céline il 4 settembre 1947 a un amico.
Quando Céline tornò in Francia, nel 1951, dopo l’esilio danese e l’amnistia appena ricevuta, Morandat lo contattò per restituirgli i manoscritti ritrovati in rue Girardon. Céline li rifiutò.
E ora?
Circolano molte altre ipotesi sulla scomparsa dei manoscritti e sul loro ritrovamento, ma del donatore misterioso che quindici anni fa li consegnò Thibaudat non si sa nulla. Dopo essere stato denunciato dagli eredi di Céline, lo scorso marzo Thibaudat è stato convocato a Nanterre dalla sezione della polizia giudiziaria che si occupa di traffico di beni culturali (OCBC) e ha continuato a difendere la segretezza della propria fonte. Ma ha scelto di consegnare tutti i manoscritti di cui, ha detto, non si era mai sentito proprietario, ma solo custode.
Poche settimane dopo, i manoscritti sono stati valutati e un giudice ha ordinato che venissero restituiti agli eredi di Lucette Destouches. Lo scorso 19 luglio, Véronique Chovin e François Gibault sono usciti dalla sede dell’OCBC con tre grandi borse piene di fogli.
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Non è ancora chiaro che cosa succederà adesso. Ci sono trattative in corso per la pubblicazione dei manoscritti e molta attesa a riguardo: secondo alcuni le nuove pagine rivoluzioneranno notevolmente la conoscenza del primo periodo letterario di Céline, ma diversi studiosi sono preoccupati di non riuscire ad avere pieno accesso ai manoscritti. Temono che gli eredi possano non rendere pubblici quelli più compromettenti per la reputazione di Céline stesso. Il biografo Emile Brami ha invece detto di non avere questa preoccupazione, dato che il passato antisemita dello scrittore è già ben noto e documentato.