L’accordo sul carbone alla COP26
Più di 40 paesi hanno concordato di abbandonare gradualmente l'utilizzo di energia elettrica a carbone: troppo tardi, dicono molti esperti
Oltre 40 paesi e alcune decine di organizzazioni hanno concordato alla conferenza sul clima di Glasgow (COP26) di abbandonare gradualmente l’utilizzo di energia elettrica a carbone, e di smettere di investire nella costruzione di nuovi impianti. I termini degli accordi saranno annunciati oggi nel corso degli incontri che riuniranno i ministri dell’Economia dei paesi partecipanti.
L’accordo dovrebbe consentire di ridurre sensibilmente le emissioni che causano il riscaldamento globale, ma alcuni grandi consumatori di carbone come Cina, India, Australia e Stati Uniti non hanno sottoscritto l’intesa. Tra i firmatari ci sono comunque Polonia, Ucraina, Canada e Vietnam, che utilizzano ogni anno grandi quantità di carbone per produrre energia elettrica. Anche l’Italia ha firmato l’accordo.
I paesi economicamente più avanzati che partecipano all’iniziativa si sono impegnati ad abbandonare il carbone entro la fine degli anni Trenta, mentre le altre economie avranno un po’ più di tempo, fino alla fine degli anni Quaranta.
La forte riduzione nei consumi di questo combustibile fossile era uno dei principali obiettivi della COP26, ed è considerata importante per mantenersi entro il limite di un aumento della temperatura media globale di 1,5 °C entro la fine del secolo, come previsto dagli accordi di Parigi del 2015. L’aumento comporterà comunque cambiamenti del clima ed eventi atmosferici più intensi, ma è considerato gestibile rispetto agli scenari di un aumento di 2 °C della temperatura media globale entro i prossimi 80 anni.
Il carbone è uno dei principali responsabili delle emissioni di gas serra, che impediscono alla Terra di cedere il calore ricevuto dal Sole. È soprattutto impiegato nelle centrali termoelettriche che oltre a produrre gas serra emettono prodotti nocivi che inquinano fortemente l’aria a livello locale, con conseguenze per la salute di milioni di persone. Dopo una lieve riduzione dei consumi nella fase più acuta della pandemia da coronavirus, il carbone è tornato a essere impiegato largamente in molti paesi per rispondere alla maggiore domanda di energia elettrica seguita alla ripresa delle attività industriali.
L’accordo sull’abbandono del carbone è inoltre stato sottoscritto da oltre cento istituzioni finanziarie e organizzazioni di vario tipo, che si sono impegnate a fermare gli investimenti nei sistemi e negli impianti che lo utilizzano. I dettagli saranno comunicati oggi, dopo gli incontri previsti a Glasgow tra i ministri dell’Economia dei paesi partecipanti e le altre istituzioni.
L’accordo è stato definito un successo da alcuni partecipanti, ma vari osservatori hanno fatto notare che gli impegni assunti non saranno sufficienti per incidere nettamente su una delle principali cause del riscaldamento globale.
Le critiche si sono concentrate sulla scelta di lasciare ai paesi aderenti la facoltà di proseguire con l’utilizzo del carbone per buona parte degli anni Trenta, invece di fissare una scadenza prima dell’inizio di quel decennio. I modelli di previsione indicano che per rimanere entro gli 1,5 °C di aumento della temperatura globale le economie più avanzate dovrebbero interrompere l’uso del carbone prima del 2030. Non è inoltre chiaro che cosa faranno Cina e Stati Uniti, anche se negli ultimi giorni ci sono stati segnali da entrambi i paesi su piani per ridurre i consumi e soprattutto interrompere gli investimenti esteri per la costruzione di nuovi impianti.
L’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ha stimato che lo sviluppo di sistemi per l’energia basati sui combustibili fossili, quindi non solo sul carbone, dovrebbe essere interrotto già a partire da quest’anno per mantenersi entro il limite di 1,5 °C. I responsabili dell’organizzazione hanno più volte invitato i paesi a interrompere l’impiego del carbone, che causa emissioni di anidride carbonica in grandi quantità.