La truffa della criptovaluta di “Squid Game”
Non c'entrava davvero con Netflix e la serie, ed è arrivata a valere quasi 3mila dollari: poi probabilmente i creatori sono scappati con il malloppo
Negli ultimi giorni la neonata criptovaluta SQUID, basata sulla serie sudcoreana Squid Game (che secondo Netflix ha avuto più di 100 milioni di spettatori), ha visto il suo valore aumentare del 230mila per cento ed è arrivata a valere poco meno di 3mila dollari. Per poi perdere in pochi minuti tutto quel valore, fruttando guadagni per almeno tre milioni di dollari ai suoi creatori, senza che chi l’aveva comprata potesse venderla e ricavarci qualcosa.
La criptovaluta SQUID era, in breve, una truffa. Non aveva nessun legame ufficiale con la serie Netflix, ma ne cavalcava la fama per farsi notare in mezzo alle altre (in questo senso, quindi, è considerata un “memecoin”) ed era supportata da una struttura dubbia e poco professionale, presentata in modo per nulla attendibile. Ma ciononostante molte persone avevano deciso di investirci dei soldi, finendo alla fine per essere truffate in quello che nel mondo delle criptovalute è noto come “rug pull”: cioè il ritiro improvviso di una criptovaluta dal mercato (un concetto che deriva dall’espressione inglese equivalente a “togliere la terra da sotto i piedi”), e di tutti i soldi collegati.
SQUID era stata creata il 26 ottobre e più o meno a cavallo tra il 31 ottobre e l’1 novembre era repentinamente arrivata al valore massimo di 2.861 dollari per unità, venendo nel frattempo raccontata – a volte accompagnata da legittimi dubbi, altre volte no – da diversi siti, prima di settore, poi anche generalisti (per esempio BBC). Come e con quanta velocità SQUID abbia poi perso tutto il suo valore lo mostra bene il relativo grafico del sito CoinMarketCap:
Come ha scritto Gizmodo è successo che, in breve, chi ha creato la criptovaluta ha deciso, visto il suo valore e in virtù del numero di persone che avevano deciso di puntarci, di incassare il più in fretta possibile il corrispettivo in dollari. Bloomberg, invece, ha lasciato aperto uno spiraglio anche ad altre possibili spiegazioni (magari legate al fatto che qualcuno di esterno possa essersi intrufolato nella struttura gestionale di SQUID).
Il succo, comunque, è lo stesso: un certo numero di persone hanno speso dei soldi per acquistare una certa quantità di SQUID, sperando che sarebbe cresciuta come succede ad alcune criptovalute, e che quindi avrebbero potuto guadagnare rivendendo tutto. Ma SQUID è stata ritirata dal mercato senza preavviso, e senza che gli scommettitori potessero recuperare l’investimento iniziale.
Sia Bloomberg sia Gizmodo concordano sul fatto che la criptovaluta ispirata a Squid Game (senza nessun tipo di approvazione o collaborazione da parte di Netflix) presentasse tutti i possibili segnali di una truffa. Tra i tanti: l’impossibilità, anche mentre la criptovaluta cresceva di valore, di rivenderla così da generare profitto; un sito fatto male e con testi pieni di errori (nel frattempo sparito, ma si può vedere archiviato qui), un relativo canale Telegram che non permetteva commenti e un profilo Twitter (anche loro spariti o inattivi) che cancellava prontamente ogni commento che facesse accenno a una possibile truffa in corso.
Inoltre erano ignoti i fondatori e gli sviluppatori della criptovaluta, e nemmeno erano presenti – come succede altre volte – pseudonimi magari conosciuti nell’ambiente. Anche il “white paper”, il documento con le più importanti informazioni tecniche sulla criptovaluta (che ogni investitore coscienzioso dovrebbe leggere) era di dubbia fattura e pieno di errori.
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SQUID – che alcuni mesi fa era stata anticipata da Mando, una criptovaluta liberamente ispirata alla serie Disney Mandalorian – rappresenta nel suo piccolo tutto quello che di peggio si dice sul settore delle criptovalute, in cui per un investitore inesperto è spesso difficile differenziare tra quelle serie e basate su un progetto affidabile (che possono comunque attraversare grosse fluttuazioni, ma che rispettano se non altro una serie di regole) e una banale truffa.
Per cominciare, un consiglio da Gizmodo: «se state per comprare criptovalute, la cosa più importante da guardare non è il prezzo. Prima ancora bisogna assicurarsi che quella criptovaluta si possa rivendere dopo averla comprata. Se non si può vendere, non ha importanza quanto sale il suo prezzo». Se non può essere cambiata in altro, vale tanto quanto i soldi del Monopoli fuori dal Monopoli.
È però anche vero, quando si parla di criptovalute, che spesso si fa fatica a distinguere il serio da quello che sembra una sciocchezza, e che forse lo è, ma non è nemmeno una truffa. C’è chi, per esempio, ha fatto grandi guadagni con dogecoin, una criptovaluta nata come meme e arrivata a valere complessivamente miliardi di dollari. E che di recente è stata superata dalla ancor più bizzarra Shiba Inu, a sua volta nata in risposta a dogecoin.
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Bloomberg ha fatto notare inoltre che spesso «può essere difficile capire su cosa si sta davvero investendo». Un esempio: una ricerca per “Floki” (il nome del cane di Elon Musk) su CoinGeko offre come risultati diverse criptovalute (tra le altre: Floki Inu, Floki Mus e Shiba Floki). Succede spesso, ha scritto Bloomberg, «che progetti di criptovalute in cui persone che se ne intendono hanno investito tempo ed energie per creare tecnologie utili e con uno scopo […] si trovino superati da criptovalute apparentemente create senza alcun impegno».