Chi non c’è alla COP26
Alla conferenza sul clima mancano molti leader mondiali, per ragioni disparate, e questo è un problema anche per i negoziati
Uno degli episodi più famosi della conferenza sul clima che si tenne a Copenaghen nel 2009 fu quando l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama, accompagnato dalla segretaria di Stato Hillary Clinton, «fece irruzione» in una stanza in cui, a margine della conferenza, i leader di Brasile, Cina e India si erano incontrati per prendere accordi in segreto. Obama era venuto a sapere dell’incontro segreto e aveva deciso di parteciparvi anche se non era stato invitato. Il dialogo cominciato con quell’«intrusione», raccontò al tempo il New York Times, fece ripartire i negoziati, che in quel momento erano bloccati, e fu fondamentale per il raggiungimento dell’accordo finale della conferenza.
L’accordo in realtà fu piuttosto deludente: la COP15 di Copenaghen è ricordata dagli esperti e dagli stessi capi di stato e di governo che vi parteciparono come un’occasione in gran parte sprecata. Ma l’attività di Obama in quei giorni è stata ricordata anche di recente come la prova che l’iniziativa personale dei leader può essere determinante e ottenere risultati che spesso sono impossibili per le delegazioni di funzionari minori. Questo è un problema per la COP26 di Glasgow, alla quale alcuni dei leader più importanti del mondo hanno deciso di non partecipare.
A Glasgow non sono presenti Xi Jinping, Vladimir Putin e Jair Bolsonaro, rispettivamente presidenti di Cina, Russia e Brasile. Mancano anche i leader di altri paesi di rilievo, come Portogallo, Messico, Sudafrica e Turchia. Le motivazioni sono disparate: in alcuni casi riguardano la politica interne o internazionale, in altri le ragioni sono più eclettiche.
Il presidente brasiliano Bolsonaro, per esempio, avrebbe dovuto partecipare alla COP26. Aveva perfino promesso a Iván Duque, il presidente della Colombia, che i due paesi sarebbero arrivati a Glasgow «uniti». Ma poi Bolsonaro ha deciso di evitare la conferenza: dopo aver partecipato al G20 di Roma, ha preferito rimanere in Italia, dove ha intrapreso un piccolo tour del Veneto e della Toscana, dove la sua famiglia ha lontane origini.
Bolsonaro ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Anguillara Veneta, il paesino in provincia di Padova in cui nacquero i suoi nonni, e ovunque sia stato ha provocato grosse proteste di vari gruppi che protestano contro le sue politiche autoritarie, negazioniste della scienza, contrarie ai diritti civili e in gran parte dannose per l’ambiente.
– Leggi anche: La contestata visita di Bolsonaro in Italia
A causa delle sue politiche controverse e dannose, da qualche tempo la maggior parte dei leader politici mondiali cerca di evitare Bolsonaro: anche al G20 è stato ignorato quasi da tutti, benché il Brasile sia un paese di grande importanza, e non ha fatto incontri bilaterali con nessun grosso leader (a parte quello di rito con il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che ha incontrato tutti i partecipanti).
Probabilmente Bolsonaro ha deciso di non partecipare alla COP26 per evitare dinamiche simili. Quando i giornali brasiliani hanno chiesto al vicepresidente del Brasile perché Bolsonaro non fosse a Glasgow, la risposta è stata: «Sapete che il presidente Bolsonaro è colpito da molte critiche. Se fosse andato, gli avrebbero tirato le pietre addosso».
L’assenza più importante a Glasgow è però quella di Xi Jinping, il presidente cinese: la Cina è una delle due superpotenze mondiali, e il paese che produce più emissioni al mondo – almeno in termini assoluti: le emissioni pro capite della Cina sono ancora meno della metà di quelle degli Stati Uniti.
L’unico contributo di Xi alla COP26 è stato un intervento scritto, in cui ha sostanzialmente ribadito gli impegni già presi in occasioni precedenti e che è stato giudicato deludente dalla maggior parte dei partecipanti. Non ci sono ragioni precise per cui Xi Jinping ha deciso di non partecipare. Il presidente cinese non viaggia all’estero da quasi due anni, da quando nel dicembre del 2019 si diffuse la notizia dei primi contagi di coronavirus a Wuhan. Da allora, Xi è sempre rimasto in Cina, e ha partecipato ai grandi consessi internazionali esclusivamente via streaming o, come nel caso di Glasgow, inviando testi scritti.
Xi non esce dalla Cina non soltanto per evitare i contagi, ma anche perché nel paese sono ancora in vigore strettissime restrizioni ai viaggi internazionali, e la sua partecipazione a eventi all’estero potrebbe essere accolta con sfavore dall’opinione pubblica.
Ad aver detto che non parteciperà perché teme i contagi è invece il presidente russo Vladimir Putin, che pochi giorni prima dell’inizio della COP26, parlando a una conferenza sull’energia, ha detto che non sarebbe andato a Glasgow «a causa della situazione pandemica». Putin ha detto che la sua partecipazione alla conferenza sul clima avrebbe richiesto la mobilitazione di oltre 100 persone, tra staff, sicurezza e altro personale: «È un gran numero di persone che sarebbe esposto».
In ogni caso, anche Putin è piuttosto restio ai viaggi all’estero: per gran parte della pandemia è rimasto in Russia, protetto da misure straordinarie per evitare i contagi. Il suo primo viaggio all’estero dall’inizio della pandemia l’ha fatto soltanto a giugno di quest’anno, per incontrare a Ginevra il presidente americano Joe Biden. La situazione pandemica in Russia, inoltre, è attualmente una delle più gravi del mondo, e anche questo potrebbe aver contribuito alla decisione.
– Leggi anche: La Russia non si fida del suo vaccino
Ci sono comunque anche altre ragioni che potrebbero aver consigliato a Xi Jinping e Vladimir Putin di non partecipare: i rapporti di Cina e Russia con gli Stati Uniti sono i peggiori da molti anni, per ragioni economiche e politiche, e la partecipazione alla COP26 avrebbe implicato un segnale di distensione che al momento nessun paese vuole dare, nemmeno su temi universali come il contrasto al riscaldamento globale.
Tra gli altri leader assenti c’è il primo ministro portoghese António Costa, che ha dovuto cancellare all’ultimo la sua partecipazione perché il suo governo è entrato in grave crisi, e il paese rischia elezioni anticipate.
Più notevole è l’assenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che avrebbe dovuto essere a Glasgow, ma dopo il G20 di Roma è tornato in Turchia.
I media hanno raccontato che il presidente turco avrebbe cambiato idea all’improvviso perché il governo britannico avrebbe rifiutato alcune misure di sicurezza straordinarie (veicoli, guardie del corpo) per lui e il suo entourage. Le stesse misure, però, sarebbero state concesse a un’altra delegazione partecipante, non si sa bene quale: davanti al presunto affronto, Erdogan avrebbe deciso di tornare in Turchia. «Dobbiamo proteggere la dignità della nostra nazione», avrebbe detto, secondo i giornali turchi.