Libri difficilissimi da trasformare in film, purtroppo
Dopo “Dune”, Variety ha scelto altri otto romanzi lunghissimi, intricati e strani che qualcuno potrebbe provare ad adattare per il cinema
Dune, il film di fantascienza diretto da Denis Villeneuve e ispirato a un celebre romanzo di Frank Herbert, avrà un sequel così come sperava il regista (che poi vorrebbe farne anche un terzo). Qualche settimana fa, Apple TV+ aveva deciso di rinnovare per una seconda stagione la sua serie Foundation, che è tratta dal famoso Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov (che il creatore della serie vorrebbe raccontare in un totale di otto stagioni).
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Sebbene ci fossero già stati tentativi di adattare il libro di Herbert, Dune e il Ciclo delle Fondazioni erano da decenni considerate storie pressoché impossibili da trasformare in un contenuto audiovisivo di successo. Per Dune lo suggerivano anche quegli stessi tentativi: sia quello di David Lynch completato nel 1984, con un risultato controverso per i moltissimi problemi produttivi, sia quello praticamente nemmeno cominciato – ma per questo diventato leggendario – di Alejandro Jodorowsky. Rientrava in questa specie di lista di libri maledetti anche Il signore degli anelli, prima che i tre film diretti da Peter Jackson vincessero 17 Oscar e prima che Amazon decidesse di puntarci per realizzare quella che è destinata a diventare la serie tv più costosa di sempre.
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Da queste premesse, e dal fatto oggettivo che con i budget e le tecnologie di oggi non esiste più nulla di davvero impossibile da girare o ricreare a computer, Variety ha scelto otto grandi libri che «Hollywood dovrebbe provare ad adattare». Una proposta che ha senso soprattutto in un contesto in cui è sempre più determinante, per chi fa film o serie tv, avere un grande universo narrativo in cui ambientare quante più storie possibili, per quanto più tempo possibile.
L’Arcobaleno della Gravità
Il terzo libro del celebrato e misterioso scrittore statunitense Thomas Pynchon, che oggi ha 84 anni e lo scrisse nel 1973. È un romanzo tortuoso e intricato di circa un migliaio di pagine, di quelli di cui ha probabilmente poco senso provare a farne una sintesi in poche righe. In breve, la sua trama – piena di salti temporali, resoconti allucinati e frammenti onirici – ha a che fare con il V2, il missile a lungo raggio usato dalla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Certi giudici del premio Pulitzer lo descrissero come “osceno” e “illeggibile”, ma tra chi è riuscito a finirlo ha tanti entusiasti fan.
The Man Who Folded Himself
Lo scrisse nel 1974 l’allora trentenne David Gerrold, che iniziò come sceneggiatore di Star Trek e che ha vinto i premi Hugo e Nebula, due importantissimi riconoscimenti per la scrittura fantasy e di fantascienza. È relativamente breve e parla di un ragazzo che riceve in dono una cintura che gli permette di viaggiare nel tempo, e che finisce per avere una serie di complicate relazioni – di ogni tipo – con varie versioni passate e future di sé.
In questo caso, la difficoltà della trasposizione cinematografica non sta nella grandezza e nella vastità del mondo narrativo, quanto nella complessità degli effetti speciali richiesti per rendere chiare ed efficaci tutte le interazioni del personaggio con le sue varie versioni. Inoltre, ha scritto Variety, ci sarebbe da fare i conti «con tutte le questioni morali e filosofiche» di questa storia, che finora non è mai stata tradotta in italiano.
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Dhalgren
Uscì nel 1975 e l’autore è Samuel R. Delany, scrittore e glottoteta, cioè un inventore di lingue artificiali. «Volutamente obliquo e sperimentale, il libro racconta [tra molte divagazioni] la storia di un protagonista senza nome intento a esplorare una città apparentemente distrutta chiamata Bellona», ha scritto Variety, secondo cui il libro «rappresenta una lettura frustrante e bellissima, che può dare soddisfazioni particolari a chi riesce ad arrivare alla fine delle sue quasi mille pagine». Sempre Variety presenta Dhalgren come una «esaustiva ed estenuante indagine letteraria nella natura dell’identità, della realtà e della letteratura stessa». Cosa che lo ha reso, almeno finora, poco attraente per il cinema e la televisione.
Il Silmarillion
Fu pubblicato nel 1977, alcuni anni dopo la morte del suo autore J. R. R. Tolkien, ed è un insieme di storie ambientate in Arda, la “Terra” in cui uno dei continenti è la Terra di Mezzo, quella delle storie del Signore degli Anelli. È un libro complicato, in parte composto da testi che pare Tolkien avrebbe voluto pubblicare ma che furono invece rifiutati. Lo stesso motivo per cui finora nessuno, nemmeno Jackson e a quanto pare nemmeno Amazon, ha osato farci un film.
Cronosisma
Scritto da Kurt Vonnegut negli anni Novanta, è un romanzo satirico e di fantascienza in cui il celebre scrittore americano immaginò cosa sarebbe successo se nel 2011 l’universo, colto da una crisi di autostima, avesse deciso di contrarsi anziché espandersi, tornando così indietro di dieci anni. Fu l’ultimo romanzo di Vonnegut e Variety ha osservato che «parte da una premessa che sembra perfetta per il cinema, cioè una distruzione del continuum spaziotemporale che rimanda tutti indietro di dieci anni e dà loro la possibilità di rivivere quel decennio una seconda volta, un Ricomincio da capo dell’intera umanità».
Problema, però: «la forza del libro è qualcosa che nessun film potrà riprodurre, cioè la voce di Vonnegut e il fatto che il libro sia fatto da una serie di digressioni su ciò che l’autore pensava, comprese le lamentele sul fatto che il libro non stesse uscendo come lo voleva lui».
Casa di foglie
È il primo romanzo di Mark Z. Danielewski: un libro di 700 pagine dalla impaginazione molto particolare, che racconta una storia piuttosto intricata. Nella finzione del romanzo, infatti, un personaggio di nome Johnny Truant, che lavora in un negozio di tatuaggi di Los Angeles, trova nella casa di un uomo anziano morto da poco – Zampanò – il manoscritto di un saggio critico su un documentario apparentemente inesistente, girato dal premio Pulitzer per la fotografia Will Navidson.
Casa di foglie è presentato come il saggio di Zampanò, curato e annotato da Truant, e arricchito con alcune appendici contenenti altro materiale, tra cui una serie di lettere scritte dalla madre di Truant. È quel che si dice un romanzo “ergodico”, cioè che chiede al lettore di affrontare il testo facendo un po’ di sforzi per seguire tutto ciò che contiene. «Un regista intraprendente» ha scritto Variety «potrebbe pensare di rendere con pellicole e formati diversi quello che il libro fa attraverso l’impaginazione».
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Il mondo dopo la fine del mondo
Uscito nel 2008, è il primo romanzo del britannico Nick Harkaway, che ne ha detto: «è davvero difficile da descrivere a chi non lo ha letto, avrei seri problemi». Parla di una grande guerra, tra le altre cose – ha scritto Variety – «combattuta con armi che non solo distruggono i loro obiettivi, ma anche ogni segno della loro stessa esistenza».
S. La nave di Teseo
Lo hanno scritto nel 2013 Doug Dorst e J.J. Abrams, che di cinema e serie tv se ne intende. Rizzoli, che lo ha pubblicato in Italia, lo presenta così: «è il diario di due persone che si incontrano tra i margini di un libro per ritrovarsi invischiate in una lotta mortale tra forze sconosciute: un viaggio nell’universo della parola scritta».
È infatti un esperimento letterario composto da un romanzo fittizio (“La nave di Teseo”) scritto da uno scrittore fittizio (V.M. Straka), pieno di note a margine scritte a mano da due studenti universitari che cercano di scoprire l’identità dell’autore. Oltre alle note, tra le pagine del libro ci sono fogli scritti a mano, fotocopie, stralci di giornale e cartoline. Dal libro al centro della storia, ha scritto Variety, si potrebbe fare un film efficace; ben più difficile sarebbe trovare però un modo per rendere tutto quel che ci sta attorno.