L’enorme micronazione di Westarctica
Vent'anni fa fu fondata in un'area remota, per gioco e per l'ego del suo fondatore che non ci è nemmeno mai stato: da un po' di tempo cerca di fare del bene
Il 2 novembre la micronazione di Westarctica festeggia i vent’anni trascorsi dal giorno in cui l’allora ventunenne Travis McHenry decise di fondarla rivendicando un territorio inabitato di oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati nell’Antartide Occidentale. Cioè cinque volte la superficie dell’Italia, e quindi mica tanto micronazione, anche se si definisce e viene definita così in quanto progetto sovrano di poche persone non riconosciuto dagli altri paesi.
È un posto in cui McHenry però non è mai stato, e nemmeno ha intenzione di visitare: il ventennale sarà infatti celebrato dalla sua casa negli Stati Uniti, dalla quale ha in programma di sventolare la bandiera della sua micronazione, su cui campeggia una croce bianca su sfondo blu, con una corona bianca nel quadrante in alto a sinistra.
Per molti versi, Westarctica somiglia a diverse altre micronazioni tra le almeno cento che si pensa siano al momento in qualche modo attive nel mondo. Nel senso che fu fondata più che altro per gioco ed esiste perlopiù su internet, per esempio nella sua piccola versione di Wikipedia: dove ne sono descritte con dovizia di dettagli la storia, lo stemma, la letteratura, le caratteristiche, l’organizzazione generale e tutta un’altra serie di vicende e curiosità. Spesso con toni scherzosi: la voce dedicata alla bandiera dice per esempio che quest’ultima «è stata oggetto di molti cambiamenti da quando la nazione si dichiarò per la prima volta territorio sovrano», e a proposito della prima bandiera (questa) dice che «era generalmente considerata un pugno in un occhio», una delle «più brutte e confuse nella storia vessillologica».
In certi suoi tratti, Westarctica continua ancora oggi a essere una micronazione un po’ goliardica, come in buona parte lo era stata nei suoi primi anni. Da qualche tempo sta però provando a essere anche qualcosa di diverso, come ha raccontato un articolo della rivista di viaggi Afar, secondo la quale Westarctica «sta ora usando la sua potenza per qualcosa di diverso dal dominio dell’Antartide». Da qualche anno Westarctica è infatti diventata un’associazione non profit, il cui principale scopo attuale è sensibilizzare le persone, non solo i suoi “cittadini”, su questioni legate al cambiamento climatico.
Quando scelse di fondarla vent’anni fa, però, McHenry non pensava alla beneficenza. Nato a Benton, in Pennsylvania, frequentò una vicina università e si appassionò di teatro, poi decise invece di arruolarsi in Marina, dove si occupò di attività di intelligence antiterrorismo. Mentre era in servizio lesse il CIA World Factbook, un libro pubblicato ogni anno dalla CIA, con informazioni, numeri e curiosità di vario tipo su tutti i paesi al mondo, e leggendolo venne a sapere che nessun paese aveva rivendicato ufficialmente una consistente fetta di artico.
Altri paesi (Argentina, Australia, Cile, Francia, Nuova Zelanda, Norvegia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) rivendicavano altri territori, ma nessuno sembrava averlo fatto con quello. Già prima appassionato di micronazioni (nel 1996 aveva provato, senza grande successo, a fondarne una), McHenry acquisì un po’ di informazioni a riguardo, studiò il Trattato Antartico (un accordo internazionale del 1959) e decise di mandare una lettera a tutti i paesi che rivendicavano territori in Antartide per dire che lui lo faceva con quelli dell’area che nella sua testa avrebbe costituito Westarctica.
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Nessuno rispose e non esiste nessun altro vero paese che riconosce una qualsiasi legittimità a Westarctica. Tuttavia, nell’altrui disinteresse, McHenry andò avanti: scrisse altre lettere (una al dipartimento di Stato americano che si occupa di oceani e circoli polari, in cui accennò alla volontà di «usare quei territori per ricerca e per future colonizzazioni») e fece un piccolo sito per la sua micronazione, che al tempo aveva un altro, ben più altisonante nome che si accompagnava a quella bruttissima bandiera: “Territorio acheo dell’Antartide”. “Acheo”, dall’aggettivo con cui nei poemi omerici si fa riferimento ai greci, perché aveva da poco letto l’Iliade.
McHenry – che nell’ambito degli affari di Westarctica si fa chiamare Gran Duca Travis – non fece niente per promuovere il sito del “Territorio acheo dell’Antartide”, e parlando con Afar ha ricordato che il sito era “orribile”, aggiungendo che «ancora non so come certa gente riuscì a trovarlo». Ma qualcuno ci finì sopra e decise di stare al gioco, collaborando alla costruzione di una storia micronazionale e alla creazione fittizia e digitale di tutto ciò che potesse servire a dare un’identità alla micronazione.
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Sebbene siano esistite micronazioni prima di internet, alcune delle quali piuttosto note e raccontate, da una ventina d’anni le cose in questo settore sono più semplici. Internet ha reso più facile il contatto e la collaborazione tra persone lontane interessate al progetto, e ha slegato l’idea di micronazione dalla vera e propria creazione o occupazione di un determinato spazio fisico.
Westarctica dice di avere dei confini nel mondo reale. E pure una capitale, un esercito e due possedimenti coloniali, uno dei quali interno agli Stati Uniti, che fu “conquistato” il 29 ottobre 2017 e di cui la Wiki della micronazione dice: «ha molte cose in comune con Westarctica , poiché è remoto, inabitato e con un clima ostile, e sembra che nessuno se ne interessi granché».
Westarctica insomma esiste perlopiù su internet e grazie a internet. Come ha detto ad Afar Philip Hayward, uno dei più grandi esperti mondiali di micronazioni: «molte di queste storie non puntano alla fattibilità; sono simboli, performance, fantasie o velleità», che poi, in certi casi, diventano parodie di vere nazioni o più o meno esplicite critiche al concetto stesso di nazione e di potere. Il libro del 2015 Atlante delle Micronazioni di Graziano Graziani, anche lui grande esperto dell’argomento, finiva con i seguenti capitoli: “Fantasie al potere”, “Azioni di protesta”, “Contro l’autorità” e “Distopie”.
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Da quando i primi utenti incrociarono su internet la storia del “Territorio acheo dell’Antartide” sono successe parecchie cose. L’isola ha cambiato nome e bandiera per via di una lunga serie di vicissitudini e diatribe su come andasse gestita. Nel 2006 successe per esempio che McHenry, che frattanto continuava a lavorare in Marina, lasciò la guida della micronazione a colui che al tempo ne era ministro dell’Informazione. Seguirono discussioni online tra gli affezionati della micronazione e arrivò un periodo in cui l’interesse scemò e Westarctica divenne quasi inattiva.
Intorno al 2009 McHenry, che intanto aveva lasciato la Marina, riprese il controllo di Westarctica e la rimise in sesto, ritrovando il seguito di qualche decina di seguaci. Nell’ultimo decennio McHenry ha rivoluzionato molte cose nella sua vita (ha cambiato diversi lavori, ha lasciato la moglie e sposato un collega, ha scritto libri e realizzato un podcast) e ad Afar ha detto che nel 2014 fu vicino a smettere di occuparsi di Westarctica.
Decise invece di continuare a farlo e di puntare a rendere Westarctica una non profit che, attirando curiosi e appassionati con le sue stramberie, cerchi poi di sensibilizzarli su temi legati al cambiamento climatico e alla protezione dell’Antartide, nello specifico quella grande fetta di Antartide dove dovrebbe esserci Westarctica. Raccogliendo in questo modo dei fondi.
In altre parole Westarctica continua a fare cose da micronazione – nel 2022 sarà tra gli organizzatori del MicroCon, la conferenza mondiale delle micronazioni – e McHenry continua a farsi chiamare Gran Duca e a vestirsi in certe occasioni come se lo fosse davvero. Il principale obiettivo di Westarctica, che dice di avere qualche migliaia di cittadini, circa 500 dei quali molti attivi online in ciò che riguarda la micronazione, ora è però la raccolta di soldi, e negli ultimi anni ha accumulato alcune decine di migliaia di dollari. «Ho dato alle persone qualcosa in cui credere» ha detto McHenry ad Afar «e l’ho fatto per una buona causa. Westarctica era partita per il mio ego ed è diventata qualcosa per l’ambiente».
Contattato, il Consolato Onorario di Westarctica in Italia non ha risposto. Su Facebook, l’ultimo post della pagina è di giugno 2021.