La storia di Kanō Jigorō, il fondatore del judo
Nacque 161 anni fa in Giappone e aprì la sua prima scuola di judo nel 1882: è protagonista del doodle di Google di oggi
Kanō Jigorō è il protagonista del doodle di Google di oggi, cioè l’immagine che sostituisce il classico logo nell’homepage in occasione di alcune ricorrenze. Kanō Jigorō nacque il 28 ottobre di 161 anni fa, in Giappone: è noto per avere fondato il judo, arte marziale tra le più popolari al mondo.
Kanō fondò la sua prima scuola di judo nel 1882, dopo che negli anni precedenti aveva studiato a lungo un’altra arte marziale giapponese, il jujitsu. In quel periodo il Giappone stava vivendo un periodo di grande trasformazione sociale, con la fine del sistema feudale in cui il potere era concentrato nelle mani di dittatori militari detti shōgun, e l’inizio del periodo Meiji, in cui il potere sarebbe tornato dopo secoli all’imperatore.
Durante questo processo si cercarono di eliminare le vecchie tradizioni militari, comprese le arti marziali, tra cui il jujitsu. Kanō se ne interessò e iniziò a studiarla e praticarla quasi in solitudine.
Kanō studiò in diverse scuole di jujitsu, e alla fine decise di aprirne una lui stesso, modificando però radicalmente alcuni aspetti di quell’arte marziale e dando origine al judo.
A differenza del jujitsu, il judo era un’arte meno violenta e pericolosa, in cui prevaleva l’eleganza, l’efficacia dei movimenti e il rispetto degli avversari. Proprio grazie all’alto valore morale attribuito al judo, Kanō riuscì a rendere il judo molto popolare in Giappone e nel mondo, e nel 1909 fu la prima persona asiatica a diventare membro del Comitato Olimpico Internazionale.
Il judo venne però riconosciuto come disciplina olimpica solo alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, ventisei anni dopo la morte di Kanō.
I principali esercizi che compongono il judo sono due: ci sono i kata, cioè l’insieme delle tecniche e dei movimenti che vanno eseguiti nella maniera più precisa ed elegante possibile, che però non consistono nella vera e propria fase di combattimento; e poi c’è il randori, la fase pratica in cui il judoka cerca di mandare schiena a terra l’avversario nella maniera più “pulita” possibile.
Nel randori, a turno, uno dei due judoka prova la tecnica – il suo ruolo si chiama tori, come in molte altre arti marziali – mentre chi la subisce si chiama uke. Fra tori e uke esiste un grande rapporto di collaborazione, nello spirito del judo: tori prova ad eseguire la mossa al meglio delle sue possibilità, e uke cerca di accompagnare i movimenti dell’altro col proprio corpo e cadere nella maniera più armoniosa possibile, per evitare di farsi male.