I turisti che affollano La Palma per vedere il vulcano in eruzione
Sono sia stranieri sia locali che non hanno mai visto niente di simile: la loro presenza è preziosa, ma non risolve la crisi del turismo
Una delle conseguenze dell’eruzione vulcanica cominciata lo scorso 19 settembre sull’isola di La Palma, alle Canarie, è che ogni fine settimana i suoi principali belvedere si riempiono di turisti che arrivano per ammirare il raro spettacolo dato dalla colonna di fumo e cenere e dalla colata lavica. Gli alberghi sono pieni e i posti liberi sui voli e sui traghetti che collegano La Palma al resto dell’arcipelago sono pochi. I flussi di persone che vogliono assistere all’eruzione stanno aiutando in parte ad affrontare la crisi che ha colpito il settore del turismo durante la pandemia, ma difficilmente saranno una soluzione di lungo periodo a un problema che ha già provocato conseguenze piuttosto serie.
Per favorire il turismo, alcune società turistiche di Tenerife, altra isola delle Canarie, stanno organizzando escursioni che costano attorno ai 100 euro e includono il trasporto in nave, i viaggi sugli autobus locali per raggiungere i principali punti di osservazione del vulcano e un pasto in un ristorante di La Palma. Come racconta El Diario, sono un modo per aiutare le guide turistiche che non possono più lavorare nelle aree chiuse a causa dell’eruzione e per dare una mano alle attività locali, che nonostante il grande afflusso nei weekend non se la passano troppo bene.
El País ha raccontato come la parrocchia della Sagrada Familia, a circa un chilometro dalla zona dell’eruzione, sia diventata uno dei centri turistici più frequentati di La Palma. Fino a poco più di un mese fa le vie limitrofe erano molto tranquille, ma adesso sono piene di persone che vogliono fotografare il vulcano e che hanno reso questa zona trafficata e rumorosa. Lo stesso succede in corrispondenza di altri punti panoramici da cui si può vedere bene la colonna di fumo, come il belvedere del Time, più vicino alla costa ovest dell’isola.
Non ci sono solo turisti provenienti dall’estero, ma anche residenti delle Canarie che non avevano mai avuto modo di vedere dal vivo un’eruzione: l’ultima in superficie nell’arcipelago fu quella del vulcano Teneguía, sempre a La Palma, nel 1971; nel 2011 ce ne fu invece una sottomarina a El Hierro, l’isola più piccola delle Canarie.
La Palma è una delle isole più occidentali e meno turistiche delle Canarie, ha circa 80mila abitanti e buona parte della sua economia dipende dall’agricoltura che sfrutta proprio i fertili terreni vulcanici. Come tutto l’arcipelago, ha risentito molto della pandemia. Secondo un’analisi dell’Istituto Canario di Statistica, nel gennaio del 2020 sull’isola c’erano circa 8mila posti letto disponibili, adesso se ne contano meno di 5mila.
Se nei fine settimana gli alberghi sono pieni è in parte perché molte strutture turistiche hanno chiuso in seguito alla crisi dovuta all’epidemia. In più ci sono quelle che sono state evacuate a causa dell’eruzione, come l’Hotel Sol di Puerto de Naos, che si trova un paio di chilometri a sud del punto in cui tra il 28 e il 29 settembre la lava del vulcano ha cominciato a riversarsi nel mare.
Oltre all’offerta, con l’eccezione dei fine settimana, è calata anche la domanda: Carlos García Sicilia, che gestisce alcune strutture turistiche sull’isola, ha detto al País che nei giorni feriali l’occupazione degli alberghi è al 30-40 per cento, e quindi «si lavora in perdita».
Secondo García Sicilia, la situazione dipende in gran parte dai tour operator, che stanno cancellando una gran quantità di viaggi e soggiorni turistici di media e lunga durata in previsione di eventuali limitazioni sui trasporti: attualmente l’aeroporto di La Palma è aperto, ma a causa delle condizioni atmosferiche i voli all’aeroporto locale continuano a essere dimezzati.
«Le prospettive sono un’incognita» e dipendono da quanto andrà avanti a eruttare il vulcano, ha aggiunto García Sicilia: ma come ha detto pochi giorni fa il presidente del governo regionale delle Isole Canarie, «al momento non ci sono segnali che facciano pensare che la fine dell’eruzione sia imminente». Nelle ultime ore peraltro una parte del cono vulcanico è collassata, provocando un’ulteriore fuoriuscita di lava e più di 80 scosse sismiche da domenica a oggi.
El Diario racconta che da un lato parte dei residenti di La Palma è infastidita dalla presenza dei turisti, attirati da un disastro naturale che ha distrutto quasi 2mila edifici e provocato migliaia di sfollati; dall’altro, negozi e attività turistiche ne hanno bisogno per sopravvivere. Alcuni albergatori e addetti di supermercati hanno detto che il turismo del fine settimana è utile, ma fa molta meno differenza rispetto ai soggiorni da una o più settimane, che sono quelli che al momento stanno mancando.
Ha affrontato l’argomento anche l’astrofisica Ana García, che a La Palma ha una società di tour gastronomici e ha scritto per il Diario un articolo intitolato “L’etica del selfie col vulcano in sottofondo”.
Secondo García il turismo legato all’eruzione è una buona cosa, a patto però che «il turista alloggi sull’isola, visiti altre località, osservi il vulcano a distanza dai residenti più coinvolti e contribuisca all’economia locale». L’economia della Palma «ha bisogno di turisti per la ripresa economica, però di un turismo buono […], che generi ricchezza, che sia rispettoso dell’ambiente e della sua popolazione, e che possibilmente sia sostenibile».