Ora il PD è disposto a cambiare il ddl Zan
Dopo aver sostenuto per mesi la necessità di mantenere il testo originale, ora proverà a trattare un compromesso con i partiti critici sulla legge contro l'omotransfobia
Negli ultimi giorni è ripreso il dibattito politico intorno al ddl Zan, il disegno di legge contro le discriminazioni e le violenze legate all’omotransfobia e all’abilismo, che durante l’estate era stato al centro di un durissimo scontro politico tra il centrosinistra, la destra e anche i partiti di centro. Per mercoledì è previsto al Senato un passaggio importante, in vista del quale il Partito Democratico, principale promotore della legge insieme al Movimento 5 Stelle, sta cercando di trovare un compromesso con le altre forze politiche. Questo dopo che per mesi proprio sull’opportunità di modificare il testo originale della legge si erano avvitate e incagliate le trattative tra i partiti, con il PD che sembrava irremovibile nella difesa del disegno di legge per com’è attualmente.
La legge era stata approvata alla Camera nel novembre del 2020 ma da allora è ferma al Senato per via dell’ostruzionismo del centrodestra e più in generale dal clima politico assai teso nella maggioranza che sostiene il governo di Mario Draghi. Dopo intense e a tratti furibonde discussioni, dopo voti e rinvii e dopo estesi appelli riguardo all’urgenza della legge, in estate la discussione era stata rimandata a dopo le elezioni amministrative. Ora che la data è arrivata, il segretario del PD Enrico Letta ha cambiato la posizione del partito dicendosi disponibile a ulteriori compromessi pur di approvare definitivamente la legge. Lunedì sono quindi state avviate nuove trattative, ma è difficile prevedere se condurranno a risultati concreti.
La legge interviene contro le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo (cioè quelle verso le persone con disabilità). Durante l’iter di approvazione prima alla Camera e poi al Senato, Lega e Fratelli d’Italia avevano scelto di fare ostruzione alla legge, presentando centinaia di emendamenti e ritardando il voto finale. A luglio la discussione si era arenata quando Italia Viva, il partito di Matteo Renzi che fino ad allora aveva appoggiato la legge, aveva sostenuto la necessità di cambiarla per trovare un compromesso con i partiti di destra e garantirne l’approvazione.
Renzi sosteneva che il voto segreto, previsto per leggi che riguardano questioni etiche, metteva a rischio la compattezza dello schieramento che sostiene la legge, insinuando che ad affossarla avrebbero potuto essere i senatori del PD e M5S segretamente contrari. Il resto del PD invece aveva accusato Renzi di fare una specie di doppio gioco, sostenendo che a votare in segreto contro la legge sarebbero stati nel caso i senatori del suo partito. La discussione non si era risolta, poi c’era stata la pausa estiva, e a settembre il dibattito non era ripreso per via della campagna elettorale per le elezioni amministrative.
I punti critici del ddl Zan sono gli stessi da mesi, secondo i suoi critici, e riguardano gli articoli 1, 4 e 7 del testo. L’articolo 1 presenta una serie di definizioni, fra cui quella sull’identità di genere, di gran lunga la più discussa in quanto descritta come «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».
È una definizione condivisa dagli esperti del settore, pensata per includere tutte le persone transgender tra quelle tutelate dalla legge, ma è considerata troppo ampia e ambigua da ambienti più conservatori e prudenti, fra cui anche la Chiesa Cattolica. Lo HuffPost scrive per esempio che Forza Italia vorrebbe cancellare l’intero articolo 1 per potere approvare il testo. L’articolo 4 interviene invece sui confini fra libertà di espressione e le discriminazioni sanzionate dal ddl, a parere dei critici con modalità che possono limitarla invece di tutelarla, mentre il 7 istituisce una “Giornata nazionale contro l’omotransfobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” da celebrare anche nelle scuole, con una formulazione che lascia autonomia agli istituti ma che non convince comunque i partiti del centrodestra.
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In un’intervista pubblicata martedì su Repubblica, il deputato del PD da cui prende il nome il ddl, Alessandro Zan, ha lasciato intuire che un eventuale compromesso potrebbe partire proprio dall’articolo 7. «Vedremo e capiremo quali possono essere i punti di confronto», ha risposto Zan a una domanda sull’educazione contro l’omofobia nelle scuole. Zan è invece sembrato molto più rigido sulla possibilità di modificare o cancellare l’articolo 1. Parlando con Repubblica ha spiegato di ritenere che l’identità di genere sia presentata con con «una definizione giuridica usata anche in altre leggi dello Stato, e che non vada toccata».
Qualche mese fa Italia Viva aveva proposto di cancellare gli articoli 1 e 4 e modificare l’articolo 7 per ribadire l’importanza dell’autonomia scolastica. Per essere certi della sua approvazione in Senato, il ddl Zan dovrebbe guadagnare l’appoggio sia di Italia Viva sia dei pezzi più moderati di Forza Italia. La Lega e Fratelli d’Italia, per ora, hanno avanzato solo proposte che modificherebbero la legge in un modo considerato troppo radicale e inaccettabile dai suoi promotori.
Nel frattempo Alessandro Zan si è attivato per cercare comunque un compromesso. Fonti parlamentari del Fatto Quotidiano spiegano che nei prossimi giorni incontrerà tutti i gruppi parlamentari che fanno parte della maggioranza – quindi anche Forza Italia, Italia Viva e la Lega – e anche il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, l’esecutore materiale di gran parte dell’ostruzionismo della destra, ha convocato per martedì pomeriggio una riunione dei capigruppo sul ddl.
Il primo vero passaggio per capire se sul ddl Zan si potrà trovare un compromesso sarà mercoledì al Senato, quando è stata calendarizzata quella che nel gergo tecnico parlamentare si chiama una «proposta di non passare all’esame degli articoli». La richiesta è prevista dall’articolo 96 del Regolamento interno del Senato e in sostanza permette a ciascun senatore di indire un voto poco prima che inizi l’esame articolo per articolo di una certa legge: se la richiesta viene approvata dalla maggioranza dell’aula, l’esame viene cancellato dall’ordine del giorno.
La proposta di non passare all’esame degli articoli è stata avanzata dalla Lega e da Fratelli d’Italia, che hanno anche chiesto alla presidenza del Senato di tenerla con voto segreto. Nell’intervista a Repubblica Alessandro Zan l’ha definita «una tagliola» che se approvata farebbe saltare l’iter legislativo del ddl: ha chiesto alla Lega e a Fratelli d’Italia di ritirare la proposta, e in subordine alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati di poter votare eventualmente la richiesta con voto palese, in modo che «ciascuna forza politica ci metta la faccia».
A complicare ulteriormente il tentativo di trovare un compromesso c’è anche l’agenda politica della maggioranza, le cui energie da qui alla fine dell’anno saranno assorbite soprattutto dalla legge di bilancio. Da gennaio invece si inizierà a parlare esplicitamente dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, fissata a febbraio. Il margine per trovare un accordo sul ddl Zan, quindi, rimane piuttosto stretto, senza dimenticare che qualunque modifica al Senato richiederebbe un nuovo passaggio alla Camera.