L’eterna questione delle ricariche d’inchiostro nelle stampanti
Un uomo di New York ha fatto causa a una nota azienda che lo costringeva a comprare nuove ricariche: molti fanno il tifo per lui
Lo scorso marzo David Leacraft, un uomo di New York, comprò una stampante Canon in un supermercato Walmart. La stampante era un modello multifunzione, di quelli che oltre a stampare hanno integrato anche uno scanner. Ma poco dopo l’acquisto Leacraft si accorse che quando l’inchiostro nella stampante si esauriva, smetteva di funzionare anche lo scanner.
Ovviamente, non ci sono ragioni tecniche per cui uno scanner non possa funzionare in assenza di inchiostro, e Leacraft si convinse che Canon avesse inserito una limitazione sul suo prodotto con lo scopo di convincere i clienti a comprare nuove ricariche per l’inchiostro: anche se la stampante è formata da più elementi tecnicamente indipendenti tra loro, se non si compra la ricarica si blocca tutto.
Così, Leacraft ha deciso di far causa: pochi giorni fa ha avviato una class action, cioè un’azione legale di gruppo, a cui possono aderire altri consumatori, presso il tribunale di New York contro Canon, e ha chiesto un risarcimento da 5 milioni di dollari.
Che alcuni modelli di stampanti Canon blocchino lo scanner quando manca l’inchiostro è un fatto piuttosto noto: come ha notato il sito Bleeping Computer, sui forum dell’azienda sono molti i clienti che se ne lamentano da diversi anni. Ma Leacraft è il primo a fare causa. La ragione dell’azione legale, secondo lui, è che Canon avrebbe dichiarato il falso presentando la stampante come “multifunzione”, mentre in realtà quando una funzione non è disponibile si bloccano anche le altre.
Della notizia della class action di Leacraft si è parlato abbastanza in questi giorni sui siti di tecnologia perché lo scontento dei consumatori nei confronti delle tecniche usate dai produttori di stampanti per costringere i loro clienti a comprare ricariche d’inchiostro è molto diffuso e noto.
Il fatto è che spesso i produttori di stampanti guadagnano più dalla vendita delle ricariche che dalla vendita delle stampanti stesse: le stampanti si comprano una volta sola, mentre le ricariche vanno comprate periodicamente, e i margini di guadagno che si ottengono sono molto alti. Per questo, da anni i produttori cercano da un lato di incentivare l’acquisto di nuove ricariche, come nel caso di Leacraft, e dall’altro di impedire che i consumatori utilizzino sulle loro stampanti ricariche di terze parti, o che riempiano con nuovo inchiostro le vecchie cartucce.
Questo modello di business è conosciuto come “Razor-Razorblade Model” (modello rasoio-lametta) ed è usato in molti settori: Gillette, la nota compagnia di prodotti per la rasatura, vende i suoi rasoi a prezzi molto competitivi, e poi fa profitti soprattutto sulla vendita di lamette. Lo stesso vale per le aziende che producono macchine per il caffè in capsula: il vero guadagno sta soprattutto in queste ultime.
Il problema di questo modello è la competizione: se l’utente trova il modo di comprare ricariche altrove, l’azienda che ha prodotto il rasoio, la macchina per il caffè o la stampante perde tutto il suo guadagno. Perciò, le aziende che adottano questo modello di business usano da sempre varie strategie per fare in modo che i consumatori utilizzino soltanto “ricariche originali”, con successi alterni.
Il primo elemento di questo modello di business è fondato sul fatto che il consumatore continui a comprare ricariche a buon ritmo. I produttori di stampanti hanno adottato molte tattiche per ottenere questo risultato, e fare in modo che il consumatore compri cartucce più spesso possibile. Nel corso degli anni, per esempio, i produttori hanno venduto alcune stampanti nuove dotate di cartucce mezze vuote, che finivano prima l’inchiostro. In altri casi, alcune stampanti sono dotate di “test di calibrazione” o “sistemi di mantenimento” che usano fino alla metà dell’inchiostro di una cartuccia, senza stampare nemmeno una pagina.
Ci sono poi casi come quello denunciato da Leacraft, in cui alcune funzioni della stampante vengono disabilitate in maniera apparentemente arbitraria quando il livello di inchiostro è basso, per costringere il consumatore a comprare la ricarica.
Il secondo elemento fondamentale di questo modello di business è fare in modo che il consumatore compri soltanto ricariche originali.
Come ha scritto l’esperto di tecnologia Cory Doctorow in un articolo di qualche mese fa, le strategie adottate dai produttori di stampanti per eliminare e mettere fuori mercato i servizi di vendita di cartucce di terze parti o che consentono di ricaricare con nuovo inchiostro una vecchia cartuccia sono particolarmente dure e controverse.
«Tutta l’industria combatte una guerra fredda con i suoi clienti dalla prima volta che un imprenditore sveglio ebbe l’idea di ricaricare le vecchie cartucce e di accontentarsi di profitti astronomici, minacciando così i margini galattici dei produttori. Questo ha portato a una corsa agli armamenti in cui i produttori di stampanti impiegano sempre più risorse per fare in modo che le cartucce di terze parti non siano compatibili con le loro stampanti, benché nessun consumatore lo voglia», scrive Doctorow.
Le tattiche sono numerose. Tra le più utilizzate, c’è quella di equipaggiare le cartucce con dei chip di riconoscimento, in modo che le stampanti funzionino solo quando rilevano la presenza del chip.
Un caso piuttosto notevole riguardò nel 2016 un noto produttore, HP. Nel marzo di quell’anno, HP inviò a diversi modelli di stampanti un “aggiornamento di sicurezza” da installare. Cinque mesi dopo, tutte le stampanti che avevano ricevuto quell’aggiornamento e che usavano cartucce non originali smisero di funzionare, in tutto il mondo e nello stesso giorno: il 13 settembre 2016.
Alcuni esperti ricostruirono che “l’aggiornamento di sicurezza” conteneva un modo per disabilitare nelle stampanti la possibilità di accettare cartucce non originali: HP aveva aspettato cinque mesi, per fare in modo che più persone possibili lo installassero, e poi l’aveva attivato, costringendo un numero imprecisato di utenti in tutto il mondo a comprare cartucce originali se volevano che la loro stampante tornasse a funzionare – benché tutto funzionasse perfettamente fino al giorno prima.
Secondo Doctorow, a causa di vari miglioramenti tecnologici i modelli di business “Razor-Razorblade” stanno diventando sempre più diffusi in molti nuovi settori, come quello delle lampadine e delle automobili. Le conseguenze sono spesso controverse. Diverse case automobilistiche, per esempio, vendono assieme alle loro automobili dei servizi che possono essere abilitati o disabilitati da remoto, e per i quali spesso bisogna pagare un prezzo aggiuntivo, o un abbonamento periodico.