La Russia non si fida del suo vaccino
Solo un terzo della popolazione è completamente vaccinato con Sputnik V, mentre nuovi casi e decessi continuano ad aumentare
Negli ultimi giorni in Russia è stato registrato un aumento significativo dei casi positivi al coronavirus e di decessi dovuti alla COVID-19, numeri che potrebbero essere comunque sottostimati. Mercoledì 20 ottobre sono stati segnalati oltre mille morti e più di 33mila nuovi contagi, un incremento che insieme a quelli dei giorni scorsi ha indotto il governo ad approvare alcune nuove limitazioni, dopo mesi con pochissime restrizioni in buona parte del paese.
In Russia poco più del 30 per cento della popolazione è completamente vaccinato (in Italia siamo al 75 per cento) e c’è una forte esitazione vaccinale, che potrebbe essere riconducibile soprattutto a una scarsa fiducia nei confronti del governo. Un sondaggio realizzato in estate aveva per esempio segnalato che il 52 per cento della popolazione non era interessato a vaccinarsi, mentre altri sondaggi hanno evidenziato come circa il 40 per cento dei russi non si fidi del proprio governo.
Con lo sviluppo di Sputnik V, la Russia era stato uno dei primi paesi a introdurre un vaccino contro il coronavirus, conducendo una sperimentazione che aveva coinvolto quasi da subito alcune fasce della popolazione. La scelta aveva ricevuto non poche critiche, anche perché aveva portato a confusioni nella valutazione della sua efficacia, rispetto alle sperimentazioni condotte in maniera più ordinata in Occidente da aziende farmaceutiche come Pfizer/BioNTech, AstraZeneca, Moderna e Johnson & Johnson. (I loro vaccini non sono disponibili in Russia, dove la quasi totalità delle vaccinazioni avviene tramite la somministrazione di Sputnik V.)
Le modalità di sperimentazione, le critiche e il processo di autorizzazione molto accelerato avevano contribuito al forte scetticismo nei confronti di questo vaccino contro il coronavirus, in un paese dove fino agli anni Novanta l’esitazione vaccinale era relativamente bassa: sotto l’Unione Sovietica le vaccinazioni contro varie malattie erano obbligatorie e non c’era molto spazio per rifiutarle.
L’alta instabilità politica seguita alla fine del regime sovietico aveva accresciuto la sfiducia nei confronti delle istituzioni russe, che poteva essere infine manifestata apertamente contrastando le politiche imposte dal governo. Per alcuni divenne quindi naturale esprimere il proprio dissenso anche attraverso la contestazione degli obblighi vaccinali, con una diffidenza che permane ancora oggi e che spiega almeno in parte l’esitazione vaccinale.
In seguito al peggioramento della pandemia, il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato che sarà imposto un lockdown di una settimana a inizio novembre, nel quale rimarrà chiusa la maggior parte delle attività lavorative. Le limitazioni potranno essere estese in alcune aree del paese, nell’ambito delle autonomie che mantengono i territori della federazione. In precedenza Putin aveva invitato i parlamentari a promuovere le vaccinazioni con Sputnik V, dicendo che la popolazione avrebbe ascoltato i loro messaggi.
Il presidente del Parlamento, Pyotr O. Tolstoy, ha però criticato il governo per avere utilizzato un approccio «fate quello che vi diciamo» che non ha sortito gli effetti desiderati: «Sfortunatamente, abbiamo condotto un’intera campagna di informazione sul coronavirus in Russia in modo scorretto e l’abbiamo persa. Le persone non hanno fiducia nell’andare a farsi vaccinare, e questo è un fatto». Tolstoy è uno stretto alleato di Putin ed è raro che si esprima in modo così critico nei confronti delle attività governative.
Nella prima fase della pandemia il governo russo aveva fatto di tutto per sminuire i rischi legati al coronavirus e la sua diffusione nel paese, sostenendo che gli ospedali avrebbero retto a un eventuale maggior numero di pazienti e che non ci fossero particolari motivi per introdurre rigide limitazioni. Quei messaggi portarono una fascia importante della popolazione a ritenere che ammalarsi di COVID-19 non fosse rischioso, e ora le istituzioni stanno faticando a recuperare l’indifferenza di tanti verso il problema che si manifesta soprattutto con una bassa propensione a vaccinarsi.
A parte rari interventi a livello federale, come quello da poco annunciato da Putin, durante quasi due anni di pandemia il governo ha lasciato che fossero i governatori dei singoli territori a scegliere le politiche di contrasto alla diffusione del coronavirus. Se da un lato questo ha permesso di avere un maggior controllo su un’area geografica comunque immensa come quella della Russia, dall’altro ha reso molto più confusa la comprensione delle regole da parte della popolazione, con differenze marcate tra un territorio e un altro.
A Mosca, la città più popolosa e con ricorrenti ondate di nuovi contagi, nell’estate il sindaco aveva imposto che almeno il 60 per cento dei lavoratori fosse vaccinato, ma la regola non è stata mai applicata anche a causa della mancanza di controlli. Era stato anche introdotto l’impiego di una certificazione (simile al nostro Green Pass) per accedere a molti posti al chiuso, ma la limitazione era stata rimossa ad agosto in seguito alle proteste.
Più in generale, il governo federale ha cercato in questi mesi di introdurre il minor numero possibile di limitazioni, temendo contestazioni. Alcune restrizioni erano state inoltre rimosse poco prima delle elezioni politiche di settembre, nel timore che Russia Unita, il partito di Putin, potesse esserne danneggiato in qualche modo ai seggi.
Al di là di quella nei confronti del governo, sembra poi esserci una marcata sfiducia nei confronti di Sputnik V, nonostante sia impiegato in oltre 70 paesi in giro per il mondo. Il vaccino non è stato però ancora autorizzato nell’Unione Europea e negli Stati Uniti, così come non ha ancora ricevuto un’approvazione da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Oltre a non essere stato tra i primi a vaccinarsi, Putin aveva ricevuto la sua dose a marzo lontano da telecamere e giornalisti, senza fornire dettagli sul tipo di vaccino utilizzato. Nei mesi seguenti erano circolate ipotesi di vario tipo compresa quella secondo cui non fosse stato utilizzato Sputnik V per la vaccinazione. La notizia era stata smentita solo a giugno inoltrato, portando ulteriore sfiducia nei confronti del governo e della sua campagna per incentivare le vaccinazioni contro il coronavirus.