Il governo discute di come cambiare le pensioni
A gennaio scadrà "Quota 100", e i partiti vogliono evitare che si torni immediatamente alla legge Fornero
«Al di là delle quote c’è un principio che è stato affermato e che condivido: si deve attenuare l’impatto di Quota 100 affinché non si arrivi alla Fornero, è un tema su cui siamo tutti d’accordo» ha detto mercoledì il ministro del Lavoro Andrea Orlando parlando con i giornalisti della nuova riforma delle pensioni che dovrebbe essere inserita nella prossima legge di bilancio. Dovrebbe sostituire “Quota 100”, la riforma pensionistica approvata durante il primo governo Conte e che era stata fortemente voluta dalla Lega. Attualmente “Quota 100” è valida fino al 31 dicembre: senza un intervento del governo, dal primo gennaio tornerebbe in vigore la legge Fornero, la controversa riforma approvata nel 2011 dal governo Monti.
Ma nonostante l’annunciata unanimità del governo sullo scenario da evitare, nella maggioranza ci sono state e ci sono ancora estese discussioni su come articolare la nuova struttura del sistema pensionistico. L’ipotesi che al momento sembra più probabile è che venga introdotta quella che viene definita “Quota 102-104”, che prevede un innalzamento dell’età pensionabile nei prossimi due anni per poi tornare alla legge Fornero nel 2024.
“Quota 100” consentiva di andare in pensione a chi aveva compiuto almeno 62 anni di età e versato almeno 38 anni di contributi (100 anni in tutto, per l’appunto), ed era stata l’operazione su cui la Lega aveva investito la maggior parte del suo capitale politico quando era al governo insieme al Movimento 5 Stelle. Durante il secondo governo Conte, con l’uscita della Lega dalla maggioranza, la riforma non era stata rinnovata, ma al suo posto non ne era stata approvata una nuova.
“Quota 100” al tempo era stata criticata perché aveva consentito di andare in pensione a un’età giudicata da molti troppo bassa per gli standard occidentali, con pesanti conseguenze sulle casse dello stato di cui dovranno occuparsi le future generazioni. Secondo l’INPS a fine agosto 341.000 persone avevano richiesto di accedere a “Quota 100”, per una spesa sostenuta e da sostenere di oltre 18,8 miliardi di euro fino al 2030.
Con la fine di “Quota 100”, dal primo gennaio 2022 tornerebbe in vigore la legge Fornero, che nel corso degli anni è stata contestata da un po’ tutti i partiti. Prevede che si possa ottenere la pensione dopo aver compiuto 67 anni o dopo aver maturato 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, o 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
Senza una legge alternativa, a gennaio si creerebbe quello che viene definito uno “scalone” di 5 anni tra i lavoratori che possono andare in pensione. Persone con lo stesso numero di anni di contributi maturati, ma con una differenza di età minima, si ritroverebbero in posizioni molto differenti: chi ha maturato i requisiti previsti da “Quota 100” e ha compiuto 62 anni nel 2021 potrebbe andare in pensione nel 2022, mentre chi è più giovane anche solo di un pochi mesi dovrebbe aspettare altri cinque anni per ottenere il pensionamento di vecchiaia, o la maturazione dei contributi pensionistici previsti dalla legge Fornero.
La soluzione che sta studiando il governo è la cosiddetta “Quota 102”, che prevede che si possa andare in pensione sempre con 38 anni di contributi, come in “Quota 100”, con un innalzamento del requisito minimo di età a 64 anni (per un totale di 102 anni, e non più di 100). Nel 2023 si passerebbe poi a un altro sistema pensionistico, chiamato “Quota 104”, in cui l’età pensionabile salirebbe a 65 anni e gli anni di contributi a 39 (per un totale di 104 anni). Questo permetterebbe di tornare alla legge Fornero nel 2024 in maniera graduale, senza gli “scaloni”.
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La nuova riforma pensionistica è contestata soprattutto dalla Lega, che avrebbe voluto una proroga di “Quota 100” e che in questi giorni ha detto di voler mantenere una «riserva politica» su “Quota 102-104”. Durante il Consiglio dei ministri in cui è stato approvato il Documento programmatico di bilancio (DPB) da inviare alla Commissione Europea, Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, della Lega, aveva fatto sapere che il suo partito avrebbe accettato la proposta della nuova riforma solo se applicata esclusivamente ai lavoratori statali (lasciando quindi a tutti gli altri lavoratori la possibilità di accedere a Quota 100, senza tornare alla Fornero).
Le ipotesi proposte dal governo sono state fortemente criticate anche da tutti i sindacati, che invece hanno chiesto una maggiore flessibilità nelle pensioni, con la possibilità per tutti di andare in pensione a 62 anni (come in “Quota 100”) o in alternativa dopo 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Anche nel centrosinistra, che finora non aveva ancora espresso una posizione netta al riguardo, mercoledì alcuni politici si sono detti perplessi sulla proposta del governo. Il senatore del Partito Democratico Tommaso Nannicini l’ha definita «una soluzione tampone un po’ limitata e tardiva».
Sia le proposte della Lega che quelle dei sindacati al momento sembrano difficili da conciliare con la volontà di Draghi di non tornare al livello di spesa causato da “Quota 100”. Nella prossima legge di bilancio infatti le spese relative alle pensioni saranno piuttosto limitate. Nel DPB, che contiene l’entità delle spese e delle entrate che il governo stima per l’anno successivo, ma non le misure che intende intraprendere, ha stimato per il settore previdenziale la spesa di 602 milioni per il 2022, 452 milioni per il 2023 e 508,5 milioni per il 2024.