Le cose da tenere d’occhio nella nuova stagione di NBA
I Lakers sono cambiati troppo? Che ne sarà di Kyrie Irving, Ben Simmons e Zion Williamson? Atlanta è diventata una potenza?
La stagione in cui il basket NBA festeggia i suoi 75 anni è iniziata nella notte tra martedì e mercoledì con le prime due partite della stagione regolare. Come da tradizione, per la ripartenza sono stati scelti due incontri fra i più attesi del campionato. Nel primo i campioni in carica dei Milwaukee Bucks hanno battuto con un netto 127-104 i Brooklyn Nets in una sorta di rivincita delle ultime semifinali di Conference, che erano state vinte da Milwaukee in sette gare molto combattute.
Nella seconda partita della notte i Los Angeles Lakers di LeBron James, profondamente rinnovati rispetto alla passata stagione, hanno ospitato allo Staples Center i Golden State Warriors nel “derby” californiano. Sono stati sorpresi e battuti 121-114 da una squadra che sta cercando di ripartire da dove aveva lasciato. Queste prime due partite hanno anticipato alcuni dei temi più discussi della nuova stagione NBA, in attesa delle undici in programma nella notte tra mercoledì e giovedì, che inizieranno man mano a dare una forma più definita ai rapporti di forza tra le squadre.
Cosa aspettarsi dai Milwaukee Bucks
La scorsa primavera Milwaukee è tornata a vincere il titolo NBA dopo cinquant’anni. Ci è riuscita dopo aver cresciuto e poi costruito una squadra attorno al fenomeno greco di origini nigeriane Giannis Antetokounmpo, miglior giocatore delle ultime finali. Antetokounmpo ha vinto il suo primo titolo a 26 anni, quindi nel pieno della carriera. In molti si aspettano quindi che Milwaukee provi a creare una cosiddetta “dinastia”, ossia un gruppo che vinca più di un titolo e che entri nella storia.
La squadra è rimasta grossomodo la stessa, con Jrue Holiday e Khris Middleton a sostegno di Antetokounmpo, ma ha dovuto a rinunciare al contributo di PJ Tucker — fondamentale in difesa negli ultimi playoff vinti — passato ai Miami Heat.
Che ne sarà di Kyrie Irving e Ben Simmons
Quello di Irving è stato uno dei casi più discussi nel precampionato. Il playmaker dei Brooklyn Nets, tra i più forti della lega, è stato escluso dalla squadra a tempo indeterminato finché non deciderà di vaccinarsi, ammesso che succeda. Senza vaccino infatti non può giocare le partite casalinghe nelle città americane che lo richiedono per poter accedere ai luoghi pubblici al chiuso: tra queste c’è New York, e quindi anche Brooklyn.
Per eliminare una possibile distrazione e non avere un giocatore a mezzo servizio, la dirigenza ha deciso di escluderlo, privandosi di un giocatore potenzialmente fondamentale, uno dei componenti dei cosiddetti “Big Three” con Kevin Durant e James Harden, che insieme nella passata stagione avevano dato prova di essere determinanti come pochi altri.
Kyrie Irving speaks pic.twitter.com/So7qwh1r2f
— NBACentral (@TheDunkCentral) October 14, 2021
Il caso Simmons è diverso ma altrettanto complesso. L’australiano dei Philadelphia Sixers era stato molto criticato per le brutte prestazioni che avevano contribuito all’ultima deludente eliminazione ai playoff della squadra. Da allora i rapporti tra Simmons, squadra e città si sono deteriorati, e il giocatore ha cercato in tutti i modi di cambiare squadra, senza riuscirci. È stato bloccato principalmente da un contratto che — a differenza di quello di Irving, in scadenza tra due stagioni — era stato rinnovato nel 2019 fino al 2025 per 177 milioni di dollari complessivi.
Dopo una preparazione fatta evidentemente controvoglia, pochi giorni fa Simmons è stato allontanato da uno degli ultimi allenamenti per scarso impegno (si era allenato con il telefono in tasca, tra le altre cose) e sospeso per la prima partita della stagione.
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I nuovi Lakers
L’ultima stagione dei Lakers, vincitori del titolo nel 2020 nella “bolla” di Orlando, è stata segnata dai complicati infortuni di Anthony Davis e LeBron James. Senza di loro la squadra aveva prima rischiato di non qualificarsi ai playoff, e poi era stata eliminata al primo turno dai Phoenix Suns. I Lakers hanno così deciso di cambiare ancora. Sono stati ceduti o scambiati otto giocatori, tra i quali Dennis Schroder, Kyle Kuzma, Montrezl Harrell, Alex Caruso, Andre Drummond e Markieff Morris, e ne sono arrivati dieci nuovi, su tutti Russell Westbrook, Carmelo Anthony e Trevor Ariza, oltre a Dwight Howard e Rajon Rondo, tornati a Los Angeles dopo aver vinto il titolo nel 2020.
I nuovi Lakers puntano su esperienza, prestanza fisica e qualità, ma non sembra abbiano ancora trovato un modo per far convivere tutti i giocatori in rosa, tra talenti esuberanti e caratteristiche che in certi casi si sovrappongono.
Il futuro di Zion Williamson (e di New Orleans)
Tra le squadre osservate con più attenzione da un paio di anni a questa parte ci sono i New Orleans Pelicans, che nel 2019 ebbero l’opportunità di selezionare al draft Zion Williamson, uno dei più grandi talenti usciti di recente dal basket universitario americano. Nelle ultime tre stagioni, nonostante gli infortuni, Williamson è stato messo al centro del progetto, e quando ha potuto giocare con regolarità ha dimostrato di valere effettivamente molto.
Ma i Pelicans continuano a cambiare continuamente intorno a lui e dopo tre stagioni stanno ancora cercando di capire che direzione prendere. La forma fisica di Williamson, inoltre, solleva continuamente qualche perplessità, sia per la frequenza degli infortuni sia per l’aumento di massa di questi anni, in cui è arrivato a pesare 129 chili per 1 metro e 98 di altezza. La nuova stagione non è iniziata bene: ancora una volta sarà costretto a saltare le prime partite, questa volta per un infortunio al piede che sembra più grave del previsto.
Stanno tornando i Chicago Bulls?
A vent’anni di distanza dall’ultimo titolo vinto con Michael Jordan negli anni Novanta, si può dire che i Bulls non si siano mai ripresi dalla fine di quel ciclo. Le scorse quattro stagioni sono state ancora più deludenti e anonime delle precedenti, con due undicesimi e due tredicesimi posti.
Quest’estate però la squadra sembra aver fatto un tentativo più serio per tornare competitiva, anche a costo di prendersi dei rischi. I Bulls sono stati fra le squadre più attive sul mercato: per dare man forte ai due giocatori più importanti in rosa, Zach LaVine e Nikola Vucevic, sono arrivati tra gli altri Lonzo Ball, DeMar DeRozan e Alex Caruso, tre giocatori di qualità che fra titolari e rotazioni hanno alzato sensibilmente il livello della squadra.
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A che punto sono i Warriors
Sono stati la squadra più vincente dell’ultimo decennio, ma le loro fortune si sono interrotte dopo le finali perse contro i Toronto Raptors nel 2019. La cessione di Kevin Durant unita agli infortuni di Steph Curry e Klay Thompson — soprannominati gli splash brothers per le loro eccezionali capacità nei tiri dalla distanza — aveva causato un netto calo nel rendimento e la necessità di ricostruire interamente la squadra.
Curry è ritornato da tempo in gruppo, dove ha ritrovato l’esperto Draymond Green e diversi giovani interessanti come James Wiseman (seconda chiamata al draft del 2020) e Jordan Poole. In attesa del ritorno di Klay Thompson (si parla di due mesi ancora), per aiutare a ridare forma alla squadra è tornato il 37enne Andre Iguodala — vincitore dei tre titoli dei Warriors tra il 2015 e il 2018 — per il quale sarà probabilmente l’ultimo anno in NBA.
Le aspettative su Atlanta
Dopo anni passati sul fondo delle classifiche, gli Atlanta Hawks sono venuti fuori di colpo nella passata stagione, quando avevano raggiunto le finali di Conference, perse contro Milwaukee. Nella pausa estiva hanno confermato in blocco la squadra e sono intervenuti soltanto modificando alcune rotazioni tra i giocatori.
Ci si aspetta quindi che l’attuale gruppo, piuttosto giovane, cresca ancora e vada almeno a confermare la solidità già mostrata. La stagione di Atlanta passerà quindi dalla crescita dei due giovani talenti da cui è partita la rifondazione, John Collins, diciannovesima chiamata al draft del 2017, e il playmaker Trae Young, quinta chiamata del 2018, ma anche dal rendimento dei più esperti Clint Capela, Bogdan Bogdanovic e dell’italiano Danilo Gallinari.
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