Lamorgese è in difficoltà sull’assalto alla CGIL
Mentre la destra continua ad accusarla e a chiederne le dimissioni, la ministra dell'Interno ha ammesso che le forze dell'ordine dispiegate a Roma non erano abbastanza
Martedì la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha tenuto un’informativa alla Camera e al Senato sugli scontri avvenuti a Roma il 9 ottobre durante il corteo dei “no Green Pass”, culminati con l’assalto di decine di persone alla sede della CGIL. Nell’informativa Lamorgese ha ammesso che c’è stato un «deficit di sicurezza» e per questo è stata oggetto di severe critiche, arrivate soprattutto da Lega e Fratelli d’Italia.
Lamorgese ha detto che «è palese che non si sia riusciti a contenere tutti i propositi criminali da cui era mossa la parte violenta dei manifestanti, specie quella istigata da elementi più politicizzati» e che la scarsità di forze dell’ordine dispiegate è stata determinata da «una situazione che ha superato ogni ragionevole previsione».
In tutto sabato 9 ottobre erano operativi 840 membri delle forze dell’ordine nel centro di Roma, un numero che Lamorgese ha definito «da ritenersi pienamente adeguato in termini di proporzionalità rispetto alle stime previsionali». Alla manifestazione però alla fine i partecipanti erano stati più del triplo rispetto a quelli previsti, tra i 10mila e i 12mila. È stato questo, secondo Lamorgese, il principale errore nella gestione della manifestazione.
Anche prima dell’assalto alla CGIL Lamorgese era frequente bersaglio degli attacchi della destra sull’immigrazione, e in particolare del suo predecessore al ministero dell’Interno, il leader leghista Matteo Salvini. Quello che è successo a Roma alla manifestazione “no Green Pass” ha messo in difficoltà a ridosso dei ballottaggi Lega e Fratelli d’Italia, da tempo accusati di connivenza o tolleranza nei confronti dell’estremismo di destra. Negli ultimi dieci giorni quindi Salvini e Giorgia Meloni, oltre a dissociarsi più o meno esplicitamente dalle proteste, hanno accusato Lamorgese di essere stata di fatto responsabile delle violenze contro la CGIL non avendo organizzato un sufficiente dispositivo di sicurezza.
Addirittura Meloni aveva parlato di “strategia della tensione”, un’espressione nata negli anni Sessanta in riferimento ai cosiddetti “anni di piombo”: la leader di Fratelli d’Italia aveva insomma alluso a una presunta complicità delle forze dell’ordine, che avrebbero «volutamente permesso» le violenze nell’ambito di un fantomatico progetto «funzionale alla sinistra» e allo scopo di danneggiare la destra. Anche dopo i risultati molto deludenti alle amministrative, Lega e Fratelli d’Italia hanno continuato a insistere sull’episodio, e martedì hanno chiesto le dimissioni della ministra, pur non presentando mozioni di sfiducia nei suoi confronti.
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Lamorgese ha detto nell’informativa che gli organizzatori nei giorni precedenti avevano indicato in mille persone il numero orientativo dei partecipanti. Le autorità di pubblica sicurezza avevano però ritenuto che avrebbero potuto essere alla fine 3-4mila. Questo perché la manifestazione si sarebbe svolta appena una settimana prima dell’introduzione dell’obbligo del Green Pass sul lavoro, ed era quindi prevedibile che avrebbero partecipato più persone di quante erano state inizialmente preventivate.
Come fa notare Giuseppe Salvaggiulo sulla Stampa di oggi, il fatto che le autorità non avessero previsto una così grande partecipazione al primo grande corteo nazionale contro il Green Pass suscita diverse perplessità. Già il 25 settembre, dopo che il governo aveva approvato l’estensione dell’obbligo di Green Pass a tutti i lavoratori, erano infatti state organizzate manifestazioni di protesta in diverse città italiane, a cui si stima abbiano partecipato complessivamente più di 10mila persone.
Solo a Roma avevano partecipato circa 3mila persone, ovvero quante il ministero ne aveva stimate per il 9 ottobre. Sembra quindi piuttosto strano che il ministero non avesse previsto un’affluenza superiore nel corso di una manifestazione nazionale molto promossa nei giorni precedenti, scrive Salvaggiulo.
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Lamorgese ha poi parlato della partecipazione alla protesta di alcuni membri di gruppi neofascisti, tra cui Forza Nuova, che sono stati tra quelli più coinvolti nelle violenze e che hanno guidato l’assalto alla sede della CGIL. Tra di loro c’era anche Giuliano Castellino, leader locale di Forza Nuova a Roma, in seguito arrestato. Castellino era in quel momento sotto regime di sorveglianza speciale, una condizione di controllo da parte delle forze dell’ordine che può essere applicata alle persone ritenute socialmente pericolose, e non avrebbe potuto partecipare alla manifestazione. Lamorgese non ha spiegato perché non gli sia stato impedito.
Nel corso della prima parte della manifestazione, a Piazza del Popolo, Castellino era salito su un palco e aveva invitato la folla ad «assaltare la CGIL». Il fatto che Castellino avesse annunciato le intenzioni violente di quel pomeriggio era già stato al centro di attenzioni e critiche a Lamorgese, che nei giorni scorsi si era giustificata spiegando che si era scelto di non arrestarlo «perché in quel contesto c’era l’evidente rischio di una reazione violenta dei suoi sodali con degenerazione dell’ordine pubblico».
In riferimento a questa spiegazione, Meloni aveva detto: «Se fino a ieri pensavamo la sua fosse sostanziale incapacità oggi la tesi è più grave: quello che è accaduto è stato volutamente permesso e questo ci riporta agli anni già bui. È stato calcolo, siamo tornati alla strategia della tensione». Non aveva però portato ulteriori prove a sostegno di un’accusa così pesante.
Nell’informativa di martedì, Lamorgese ha replicato a queste accuse dicendo che insinuare il dubbio che le forze di polizia «si prestino ad essere strumento di oscure finalità politiche […] è un’accusa ingiusta, che getta un’ombra inaccettabile sull’operato delle forze dell’ordine». La ministra ha anche sostenuto che «l’intenzione dei manifestanti di dirigersi verso la sede sindacale non è stato il frutto estemporaneo dell’incitamento di Castellino».
I manifestanti avevano chiesto già in precedenza l’autorizzazione a marciare verso la sede della CGIL, in corso d’Italia. Mentre la richiesta era in corso di valutazione da parte delle forze di polizia, «alle 16.45 senza che fosse stata accordata alcuna autorizzazione circa 3mila manifestanti hanno iniziato a muoversi in corteo verso piazzale Flaminio», e da lì verso la sede della CGIL.
Secondo i legali di Castellino e degli altri neofascisti arrestati, le cose sarebbero però andate diversamente: in un’annotazione della Digos sui fatti del 9 ottobre si legge che ai manifestanti era stato «permesso di effettuare un percorso dinamico verso la sede della CGIL», al fine di ottenere un incontro con un rappresentante del sindacato.
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