Che sindaco vorrebbe essere Gualtieri
Governare Roma è un compito difficilissimo secondo chiunque (e impossibile secondo qualcuno), ma dalla sua ci sono i soldi del PNRR e il rapporto con Zingaretti
Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia del Partito Democratico, ha vinto con largo vantaggio il ballottaggio contro Enrico Michetti del centrodestra ed è diventato sindaco di Roma. Subito dopo che il risultato si era fatto certo, è stato organizzato un evento per festeggiare in piazza Santi Apostoli, nel centro storico, a cui hanno partecipato il segretario del PD Enrico Letta e il presidente del Lazio Nicola Zingaretti, e in cui Gualtieri ha detto: «Dedicherò tutte le mie energie e tutto il mio impegno, da domani, a essere all’altezza di questo mandato. Tutti insieme possiamo aprire una nuova stagione per Roma, questa città può rinascere».
Il compito di Gualtieri è senza dubbio complicato. I tanti e annosi problemi di Roma – dall’inefficienza del trasporto pubblico a quella della raccolta rifiuti, passando per le lentezze dell’amministrazione – hanno messo in crisi un’amministrazione dietro l’altra e sono giudicati irrisolvibili dai più pessimisti. Una considerazione ricorrente è che Roma sia praticamente ingovernabile. Soltanto di recente, hanno fornito degli elementi a favore di questa tesi Virginia Raggi, che è stata esclusa dal ballottaggio con una sonora sconfitta al primo turno, e prima ancora Ignazio Marino, che nel 2015 fu costretto alle dimissioni dopo una polemica che appare assurda ancora oggi, alimentata dai suoi stessi compagni di partito.
Le difficoltà del centrodestra nel trovare un candidato disposto a partecipare alle elezioni comunali è un’ulteriore prova di quanto il sindaco di Roma sia un mestiere visto con una certa diffidenza e disillusione. La domanda ora è quindi cosa vorrebbe fare Gualtieri per evitare di finire come chi lo ha preceduto.
Nel discorso fatto il pomeriggio dopo il voto, Gualtieri ha usato molto spesso la prima persona plurale – il suo slogan era «Roma. E tutti noi» – e ha insistito sui concetti di “inclusione” e di “dimensione partecipata”, più di ogni altro. Ha detto che inizierà un «lavoro straordinario» per far funzionare meglio Roma ma anche «per farla crescere ed essere più inclusiva, più vicina alle persone». E poi ha aggiunto che vuole renderla «una città capace di valorizzare il patrimonio di partecipazione civica che ho visto in questi mesi come una risorsa importantissima».
Il discorso rifletteva quanto scritto nel suo programma elettorale. Nella parte iniziale, intitolata “La nostra visione di Roma”, si legge che «questo è il tempo per la rinascita di Roma, per una Roma che funziona, che cresce e crea lavoro, che cura e che include. È il tempo in cui rimettere al centro la prospettiva di chi abita Roma ogni giorno, di rendere la nostra vita più facile».
Nel programma ci sono parti molto estese su argomenti più concreti e operativi. Le due questioni più sentite a Roma sono la pessima gestione dei rifiuti – che si porta dietro a sua volta altri problemi, come la pulizia delle strade – e il trasporto pubblico insufficiente per un territorio grande come quello della città. Sui trasporti, il programma di Gualtieri ha obiettivi ambiziosi per una città come Roma: disincentivare l’uso delle auto, rinforzare ed estendere la rete ferroviaria e quella metropolitana, riqualificare la rete tranviaria a supporto e rimettere in sesto l’ATAC (la municipalizzata dei trasporti).
Per risolvere la questione dei rifiuti, Gualtieri ha un obiettivo altrettanto ambizioso, cioè «superare la costante situazione di “emergenza strutturale” e di dipendenza di Roma da altri territori», attraverso una strategia «su due tempi»: prima attuare un piano per affrontare l’emergenza che durerà al massimo 18 mesi, poi realizzare un sistema integrato di gestione che sia «autosufficiente» e «tecnologicamente avanzato». Per fare tutto questo, vuole aumentare gli impianti di trattamento della città, attivare le discariche di servizio previste dal piano regionale e incrementare la raccolta differenziata, ferma sotto il 50 per cento da anni.
I fattori che generano più problemi nella gestione dei rifiuti a Roma sono il conflittuale rapporto con la Regione e la confusa attribuzione delle competenze in materia. Alla Regione spetta dare l’autorizzazione alla costruzione degli impianti e scrivere il piano regionale di indirizzo, mentre il Comune deve occuparsi della parte gestionale e operativa di raccolta. Questa divisione delle competenze, non sempre chiaramente delimitata, porta gli enti locali a litigare tra loro soprattutto quando sono guidati da schieramenti politici avversi, come è stato il caso di Virginia Raggi e di Nicola Zingaretti. Gualtieri in futuro non dovrebbe avere questo problema, dato che è compagno di partito di Zingaretti e con lui è in buoni rapporti.
Oltre a questo, ci sono altri due aspetti che potrebbero aiutare Gualtieri nel difficile compito che lo aspetta. Il primo sono i fondi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che doterà Roma di risorse economiche mai avute nel passato recente; peraltro Gualtieri, con il suo passato da ministro dell’Economia, da parlamentare europeo e da presidente della commissione Affari economici del Parlamento europeo, ha almeno sulla carta un’esperienza notevole in materia.
Un secondo aspetto su cui ha concentrato risorse e parole Gualtieri è l’atteggiamento politicamente inclusivo della prossima consiliatura, che già era stato adottato nella costruzione della candidatura e nella formazione delle liste: includevano infatti forze politiche assai diverse, da Roma Futura del presidente del III Municipio Giovanni Caudo, che raccoglie le forze politiche a sinistra del PD, ad altre più centriste come Democrazia Solidale (DemoS).
«Gualtieri non si è mai presentato come quello che arriva e risolve tutti i problemi», spiega Marco Simoni, che è presidente di Human Technopole e ha coordinato la scrittura del programma di Gualtieri. «Ma come il leader di una squadra ampia. E proprio questa ampiezza è stato il tratto fondamentale della sua campagna. Si è cercato di combinare da una parte l’attenzione alla coesione sociale e alla riduzione delle disuguaglianze, e dall’altra quella a chi pensa che Roma possa e debba tornare a crescere in maniera dinamica».
Secondo Simoni, questa convergenza tra inclusione sociale e crescita economica può avvenire con più facilità in momenti come quello che sta per arrivare, caratterizzato dalla capacità di spesa portata dal PNRR: «Per poter fare questo in una città grande come Roma e con i problemi che ha Roma, l’unica via è quella di cercare una sintesi tra una pluralità di visioni diverse».
«L’ampiezza e il pluralismo non sono un dettaglio» dice Simoni. «Perché sono le condizioni che ti permettono di avere un dialogo costante con la città, con le persone, ti permette di fare patti con i sindacati, di includere le associazioni di volontariato, di lavorare con le grandi industrie per attirare gli investimenti. Tutte queste azioni fanno sì che il governo della città parli costantemente con la città stessa, che si riesca a trasmettere ciò che sta facendo l’amministrazione e che non ci sia invece quella specie di riformismo dall’alto che è stata un po’ la caratteristica di alcune esperienze del passato, che non sempre hanno funzionato».