Un’altra canzone di Ivano Fossati
Si diventa conservatori, con le parole delle canzoni
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Ad Alamo c’è dibattito su cosa fare della collezione di cimeli su Alamo regalata da Phil Collins per fare un museo.
C’è una seconda canzone – prima quieta e notturna, poi da risveglio – dal nuovo disco degli Elbow che esce il 19 novembre.
Lo so che ne abbiamo parlato già assai, ma ho trovato un altro video di Rick Astley che fa gli Smiths e continuo a trovarlo molto divertente.
Esce a dicembre un disco nuovo di Neil Young coi Crazy Horse, ibernati nel tempo.
Oggi ha 60 anni Winton Marsalis, uno dei jazzisti viventi più famosi e di successo, che ne sa fare molte oltre alla tromba che è il suo strumento: io vidi un suo concerto tanti anni fa (ne aveva 32, allora) al Bataclan, molto prima che la fama del Bataclan prendesse altre tristi strade.
Quel giorno lì che nacque Marsalis nei cinema usciva West Side Story, e tutto il mondo cominciò a imparare la canzone Somewhere, che arrivava già dalla versione teatrale del 1957. La musica la scrisse Leonard Bernstein (leggendario compositore e direttore d’orchestra) attingendo a un Beethoven e a un Chaikovski, le parole Stephen Sondheim (leggendario autore di musical). Tra le versioni migliori di sempre, Tom Waits, Barbra Streisand e – chevvelodicaffa’ – i Pet Shop Boys.
Intanto venerdì questa newsletter aveva compiuto due anni, nella propria disattenzione, e grazie a voi gentili che glielo avete ricordato. Questa era stata la prima (l’allora ingenuamente annunciato concerto dei Pet Shop Boys non c’è ancora stato, e nel frattempo è finito al maggio 2022).
C’è tempo
Ivano Fossati
C’è tempo su Spotify
C’è tempo su Apple Music
C’è tempo su YouTube
Non essere gelosa di me
Della mia vita
Non essere gelosa di me
Non essere mai gelosa di me
Solo le canzoni legittimano certi sentimenti conservatori e rigidi nei confronti della propria lingua: che altrimenti, come dicevano già certi sussidiari scolastici, è giusto considerare “viva”, mutevole, come lo è sempre stata; la lingua che a volte ci appassioniamo a voler salvare e mantenere così come ci sembra debba essere salvata e mantenuta è una lingua che è già cambiata milioni di volte malgrado qualcuno come noi protestasse per i suoi cambiamenti cinque, dieci, venti, cinquant’anni fa.
Le lingue servono per capirsi, e in qualunque modo lo facciano meglio, sarà un buon modo. Però hanno un suono, e servono anche a goderselo, quel suono: soprattutto nelle canzoni.
Non essere gelosa di me
Della mia vita
Non essere gelosa di me
Non essere mai gelosa di me
C’è tempo era in un disco di Fossati del 2003, e ha un andamento declamatorio all’inizio un po’ troppo recitato con artificioso trasporto per essere convincente: poi però intervengono quelle formidabili dieci note, ed è finalmente lui a essere trasportato dalla canzone e a cantare.
Non essere gelosa di me
Della mia vita
Non essere gelosa di me
Non essere mai gelosa di me
Qui l’altra volta che abbiamo parlato di Fossati, meglio.
Un tempo in cui mi vedrai
Accanto a te nuovamente
Mano alla mano
Che buffi saremo
Se non ci avranno nemmeno avvisato
C’è tempo su Spotify
C’è tempo su Apple Music
C’è tempo su YouTube