Cosa è stato Postalmarket

Il più celebre catalogo di vendite per corrispondenza in Italia, un'istituzione degli anni Settanta e Ottanta, è tornato con un e-commerce

La copertina del nuovo catalogo di Postalmarket con Diletta Leotta
La copertina del nuovo catalogo di Postalmarket con Diletta Leotta

Ad agosto sono state messe in vendita online diecimila copie di una nuova edizione del catalogo di Postalmarket, un oggetto che non si vedeva dai primi anni Duemila. Per chi oggi ha meno di trent’anni è probabile che non significhi granché, ma per le generazioni precedenti Postalmarket è stata una specie di istituzione della vendita per corrispondenza. E infatti le diecimila copie messe in vendita ad agosto sono andate subito esaurite. In copertina c’era, come da tradizione, un volto famoso: quello della giornalista e conduttrice Diletta Leotta, assieme al vecchio logo dell’azienda. Il catalogo conteneva anche un buono sconto da 10 euro per il primo acquisto sull’annunciato nuovo sito di Postalmarket.

Da lunedì il nuovo e-commerce di Postalmarket è effettivamente online e, dopo un’attesa di quasi due mesi, i nuovi cataloghi dovrebbero arrivare nelle case e nelle edicole. L’idea di riportare in vita Postalmarket e il suo popolare catalogo è venuta all’imprenditore friulano Stefano Bortolussi, già a capo delle due aziende di pubblicità e cartellonistica Bost Group e Tramontin. Bortolussi ha spiegato le sue intenzioni in un’intervista al Gazzettino: «Nel 2019 il mercato italiano dello shopping online ha fruttato 47 miliardi di euro. Cifra stratosferica, destinata sicuramente a crescere. Se con un marchio storico, come lo è Postalmarket, riuscissi a ritagliarmi una fetta di mercato compresa tra lo 0,5 e il 3% nei prossimi cinque anni il fatturato oscillerebbe tra i 500 milioni e il miliardo».

Cosa è stato Postalmarket
Postalmarket nacque nel 1959 come azienda di vendita per corrispondenza di cose per la casa e abbigliamento soprattutto femminile. Le famiglie abbonate ricevevano il catalogo a colori a casa due volte all’anno e potevano ordinare i prodotti via posta (successivamente anche via fax e per telefono) per riceverli a casa e pagarli con contrassegno. Se non erano soddisfatte dell’acquisto potevano decidere di farlo sostituire o di restituirlo facendosi rimborsare l’importo e pagando solo le spese di spedizione: la cosiddetta clausola “soddisfatto o rimborsato”.

L’idea di fondare Postalmarket sul modello della vendita per corrispondenza già molto diffusa negli Stati Uniti venne all’imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini, figlia dell’imprenditore Carlo Bonomi e spesso chiamata dalla stampa “Sciura compro io” o “Lady Finanza”. Il suo obiettivo era raggiungere le famiglie che vedevano le pubblicità in televisione (primo fra tutti Carosello) ed erano interessate ad acquistare abbigliamento di moda, ma abitavano lontane dai centri urbani dove erano concentrati i negozi e le boutique più raffinate. Postalmarket andò bene fin da subito ma cominciò ad avere davvero successo negli anni Settanta. Nel 1976 venne inaugurato un nuovo stabilimento da 37mila metri quadri a San Bovio, in provincia di Milano, perché il primo di Baranzate non era più sufficiente per rispondere a tutta la domanda.

Quello di Postalmarket non era l’unico catalogo di prodotti in vendita per corrispondenza ma era quello più popolare per la cura con cui veniva confezionato, cosa che aveva una certa importanza se si considera che era la “vetrina” su cui si basava tutta la comunicazione dell’azienda. Il primo numero uscì nel 1960 e aveva 48 pagine, ma nel 1965 erano già 174 e negli anni successivi si arrivò a diverse centinaia. Ogni numero aveva in copertina uno o più volti femminili famosi: solo per dirne alcuni, negli anni si sono susseguite le gemelle Kessler, Monica Bellucci, Ornella Muti e modelle internazionali come Cindy Crawford, Claudia Schiffer e Linda Evangelista. All’interno c’erano servizi fotografici che mostravano i capi indossati dalle testimonial e da altre modelle, e i contributi di importanti riviste di moda come Vogue.

Molti giovani aspettavano di poter sfogliare il catalogo anche per vedere la sezione dedicata all’intimo femminile, le cui foto non erano molto diverse da quelle dei giornali per adulti, col vantaggio che non bisognava andare in edicola di nascosto. In un articolo uscito su Repubblica nel 1988 si legge: «Rimane da domandarsi chi acquista per corrispondenza. Nel 90 per cento dei casi è una donna che lavora fuori casa e ha fatto buoni studi». Anche il personale dell’azienda era composto per la maggior parte da donne e molte delle case di moda con cui Postalmarket decise di collaborare erano guidate da stiliste.

Il jingle dello spot di Postalmarket che diceva «con Postalmarket sai, uso la testa e ogni pacco che mi arriva è una festa» entrò nella testa di chiunque guardasse la televisione in quegli anni, cioè la maggior parte delle persone. Nonostante sia uno slogan inequivocabilmente vintage e non abbia un vero significato, la nuova Postalmarket ha deciso di mantenerlo: compare, per esempio, nella bio della pagina Instagram dell’e-commerce.

In un articolo del 1985 in cui Repubblica racconta del successo della vendita per corrispondenza in Italia (anche se inferiore a quello in altri paesi europei come Francia e Germania) si legge che dopo un periodo di crisi nel 1980, nell’83 Postalmarket faceva un fatturato di 242 miliardi di lire, quasi il doppio di Vestro, il principale concorrente di proprietà dell’azienda francese La Redoute.

Nel 1987 il fatturato era già salito a 385 miliardi di lire e il numero di spedizioni a un milione e 250mila all’anno: si stima che fossero circa 6 milioni le famiglie che avevano fatto almeno un acquisto per corrispondenza in quegli anni. Sempre su Repubblica si legge che «ogni addetto (vi lavorano stabilmente 1.400 persone) riesce a realizzare 275 milioni. Gomito a gomito si affannano su cataloghi e ordini di acquisto telefoniste e psicologi impegnati a intuire i desideri degli italiani e i loro mutevoli gusti. Stilisti come Krizia, Coveri e Biagiotti, firmano i cataloghi più esclusivi e il ritmo di lavoro è scandito da 400 tra computer e terminali, uno ogni 3,5 dipendenti».

Alla fine degli anni Ottanta l’azienda cominciò a vedere i segni della crisi dovuta alla diffusione dei grandi magazzini, a una sempre maggiore disponibilità di abbigliamento firmato nei negozi e all’aumento dell’IVA dal 16 al 20 per cento. Nel 1993 Postalmarket venne venduta al gruppo tedesco Otto Versand che provò a risollevare la situazione, ma senza grandi risultati. In quel periodo molti dipendenti furono messi in cassa integrazione e i sindacati si batterono per evitare il licenziamento di circa 300 persone.

Nel 1999 l’azienda in crisi fu venduta per un euro al senatore di Forza Italia Eugenio Filograna, il quale disse di voler investire nell’impresa diversi miliardi di lire. Solo l’anno prima, la libreria IBS aveva venduto il suo primo libro online: Filograna aveva intuito che lo shopping a distanza si sarebbe spostato su internet e fece in modo che il sito www.postalmarket.it diventasse uno dei canali per fare ordini.

Una manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori di Postalmarket a Milano nel 1999

Anche questa fase però durò poco perché Filograna fu accusato di bancarotta fraudolenta per un’altra delle sue attività. Nell’autunno del 2001 uscì l’ultimo numero cartaceo del catalogo con in copertina la modella e conduttrice televisiva Afef Jnifen e nel 2003 l’azienda fu acquistata dalla catena di negozi di abbigliamento Bernardi. Nel 2007 Bernardi vendette quel poco che era rimasto dell’azienda al gruppo francese La Redoute, che nel frattempo aveva venduto la Vestro. Il fallimento dell’azienda venne dichiarato ufficialmente nel 2015.

La nuova Postalmarket
Secondo quanto raccontato dall’attuale amministratore delegato Stefano Bortolussi al Gazzettino, il fondatore del gruppo Bernardi Riccardo Di Tommaso lo aveva coinvolto nell’innovazione digitale dell’azienda già nel 2008. Riguardo a quello che successe dopo la morte di Di Tommaso nel 2010, Bortolussi ha raccontato: «Per Postalmarket.it avevo investito tempo e risorse: non poteva finire così. Ho seguito il fallimento della società, tanto che nel 2018 ho acquisito il marchio dalla Bnl. Ma era come avere una Ferrari senza benzina nel serbatoio. In questi due anni ho bussato a molte porte, sino a quando ho trovato il partner che ha creduto al mio progetto: la Storeden di D’Avella». Storeden fa parte della Projectmoon srl, un’azienda veneta che offre soluzioni informatiche per gli e-commerce. Della società che ha riportato in vita Postalmarket fa parte anche H-Farm, l’incubatore di startup del trevigiano dove è nata tra le altre cose la app di compravendita di usato Depop che a giugno è stata comprata da Etsy per oltre un miliardo di euro.

Consultando il sito che è da poco online, nella sezione dedicata all’abbigliamento femminile si trovano una trentina di marchi italiani tra cui Twinset, Liu Jo e Pinko: la comunicazione del nuovo sito di Postalmarket infatti insiste sul fatto di vendere solo prodotti “made in Italy”. Oltre all’abbigliamento, ai piccoli elettrodomestici, alle cose per la casa, per la cura del corpo e per il tempo libero, c’è anche una sezione dedicata a prodotti gastronomici, birre e vini. I tempi di spedizione sono di circa una settimana e il diritto di recesso si può far valere entro 14 giorni dal momento dell’ordine.

Nei commenti sui social, tuttavia, alcuni fanno notare che i prezzi del sito sono piuttosto alti rispetto a quello che si aspettavano dal ritorno di Postalmarket. La nuova azienda sembra aver puntato molto sulla nostalgia e sul ritorno dello storico catalogo (la copertina con Diletta Leotta gira su internet da quasi un anno) e poco su tutto il resto della comunicazione. Sulle pagine di Instagram e Facebook sono comparsi alcuni post con l’hashtag #aparolenostre che invitano i follower a raccontare le loro esperienze di “rinascita”, il tema del primo catalogo. Tra i pochi commenti c’è qualche lamentela e qualche domanda, ma nessuna risposta. Molti si lamentano di non aver mai ricevuto il catalogo ordinato ad agosto – il Post ha provato in vari modi a ottenerne una copia, senza successo – e sostengono che gli edicolanti non ne sappiano niente. Sul sito c’è scritto che i cataloghi cominceranno a essere spediti dal 14 ottobre e arriveranno il 23 nelle edicole. La app che era stata annunciata e che dovrebbe servire anche a sfogliare il catalogo usando la realtà aumentata non è ancora disponibile né su App Store né su Google Play.