Il governo spagnolo vuole «abolire la prostituzione»
In Spagna se ne discute da tempo, soprattutto perché a oggi è in un limbo tra legalità e illegalità
Domenica, durante il congresso del Partito socialista spagnolo (PSOE) che si è tenuto a Valencia dal 15 al 17 ottobre, il capo del governo spagnolo e leader del partito Pedro Sánchez ha annunciato di voler «abolire la prostituzione». Il provvedimento era già stato proposto in passato dal PSOE nell’ambito di una più ampia lotta alla violenza sulle donne e avrebbe l’obiettivo di regolamentare meglio una pratica che in Spagna non è strettamente legale né illegale, ma si trova in una sorta di limbo.
Nel congresso di domenica Sanchez ha promesso di «mettere fine» a varie leggi sui diritti dei lavoratori e sui diritti civili volute dal precedente governo conservatore. Ma la proposta di gran lunga più notevole è stata quella che ha riguardato la prostituzione: «Avanzeremo rafforzando l’Europa. E avanzeremo abolendo la prostituzione, che schiavizza le donne», ha detto.
Già nel programma elettorale in vista delle elezioni generali del 2019 il PSOE aveva definito la prostituzione «una delle peggiori forme di violenza verso le donne». Adesso l’obiettivo del partito sarebbe fare in modo che le norme sullo sfruttamento della prostituzione siano raccolte in un’unica legge dettagliata.
Il problema principale è che di fatto la prostituzione in Spagna «è in una situazione di ‘alegalità’», aveva sintetizzato efficacemente Europa Press in un articolo del 2017.
La legge spagnola punisce i protettori o gli intermediari che ottengono un guadagno dalla prostituzione di altre persone, anche con il loro consenso, e stabilisce che la prostituzione minorile e quella forzata siano un reato. Non prevede però una pena per chi offre prestazioni sessuali in maniera autonoma, a meno che lo faccia in strada e nei luoghi pubblici, in particolare vicino a scuole e parchi frequentati da minori o zone in cui ci possa essere «un rischio per la sicurezza stradale». In caso di prostituzione in luoghi pubblici la legge spagnola prevede multe dai 601 al 30mila euro per i clienti, e le amministrazioni locali hanno la facoltà di imporre norme ancora più stringenti.
Come hanno raccontato a Europa Press alcuni giuristi spagnoli, dal momento che la legge vieta la prostituzione nei luoghi pubblici ci sono vari locali, case e alberghi dove le persone – prevalentemente donne cisgender e transgender – si prostituiscono. Secondo stime della Polizia Nazionale, in tutto il paese ci sarebbero circa 1.400 club in cui si pratica la prostituzione, oltre agli appartamenti privati, spesso in affitto, che sono molto più difficili da individuare.
Non esiste ovviamente un dato ufficiale che dica quante prostitute ci siano in Spagna, ma negli ultimi anni le preoccupazioni per le condizioni delle donne che si prostituiscono sono spesso state collegate proprio alla scarsa regolamentazione.
Secondo un documento interno visto dal quotidiano Diario, per il PSOE «è imprescindibile avere un quadro giuridico in cui sia inclusa una legge globale per l’abolizione della prostituzione», e il governo si impegnerà per fare in modo che ciò accada in questa legislatura. All’interno del progetto dei socialisti, sempre secondo Diario, ci sarebbe la volontà di approvare una norma che sanzioni i clienti, persegua penalmente tutte le forme di sfruttamento della prostituzione e sanzioni anche chi affitta o mette a disposizioni locali per attività legate alla prostituzione. «Questo», sostiene il documento, «è il percorso che servirà per arrivare a una definizione più estesa delle violazioni dei diritti umani di donne e bambine nel mondo».
Non c’è ancora tuttavia un disegno di legge scritto, e non sono ancora chiari i tempi con cui questa proposta verrà avanzata.
Secondo uno studio realizzato dall’ONU nel 2011 la Spagna era uno dei maggiori centri mondiali per la prostituzione, dopo Thailandia e Porto Rico. Una stima citata da BBC dice che le persone che si prostituiscono in Spagna sarebbero circa 300mila, e i dati diffusi dalla polizia spagnola evidenziano che nell’80 per cento dei casi si tratterebbe di donne straniere portate illegalmente nel paese e poi costrette a prostituirsi.
Il 15 per cento degli oltre mille uomini tra i 18 e i 70 anni intervistati per un’indagine dell’Università di Comillas nel 2018 aveva detto di aver pagato una prostituta per fare sesso; più di un terzo di loro ha detto di ritenere che la prostituzione non sia una forma di violenza nei confronti delle donne. In ogni caso, alcuni giuristi intervistati da Europa Press hanno anche osservato che le persone che decidono di prostituirsi liberamente non possono iscriversi ai programmi di previdenza sociale, non hanno un sindacato e non godono dei diritti riservati a tutti gli altri lavoratori e lavoratrici.
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