I portuali di Trieste non sanno se andare avanti
Il blocco del porto non è andato come sperato dai contrari al Green Pass, che prima hanno sciolto il presidio, poi ci hanno ripensato
C’è stata una certa confusione tra la notte di sabato e la mattina di domenica, sulle proteste contro l’obbligo di Green Pass al porto di Trieste, dove dal 15 ottobre un gruppo di lavoratori portuali (assieme a un ben più numeroso gruppo di manifestanti che poco hanno a che fare con il porto) ha organizzato un presidio di protesta contro le politiche del governo. Dapprima, sabato sera, la manifestazione era stata sciolta, e gli organizzatori avevano detto che i portuali sarebbero tornati al lavoro già domenica. Poi, dopo un duro confronto interno, gli organizzatori hanno fatto sapere di averci ripensato, e che la protesta continuerà.
Domenica mattina infine Stefano Puzzer, il leader del Coordinamento lavoratori portuali di Trieste (CLPT), l’organizzazione che aveva gestito le proteste, ha annunciato di essersi dimesso dall’incarico, scrivendo su Facebook che la decisione di proseguire con la protesta era stata sua, al contrario di quello che avevano scritto i giornali nelle ore precedenti.
In ogni caso, come si è visto negli scorsi giorni, la protesta al porto di Trieste ha avuto dimensioni ed effetti molto più limitati rispetto alle speranze dei suoi organizzatori, che prima dell’entrata in vigore delle norme sull’obbligatorietà del Green Pass avevano annunciato che avrebbero bloccato del tutto l’attività del Porto, il settimo in Europa per movimentazione totale di merci e il primo in Italia.
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In realtà, il porto non è mai stato bloccato, e l’attività è sempre proseguita a buon ritmo, sebbene con qualche rallentamento e disagio. I portuali che hanno aderito al presidio sono stati pochi, e il grosso dei manifestanti presenti in questi giorni è stato composto da attivisti contro il Green Pass che non avevano niente a che fare con il porto, e che in molti casi venivano da altre città. Il presidio ha bloccato e per ora continua a bloccare il varco 4 del porto, lasciando liberi tutti gli altri.
Davanti alla sostanziale inefficacia dell’iniziativa, sabato sera il CLPT aveva inviato un comunicato ai giornalisti in cui si annunciava la fine della protesta: «Da domani torniamo al lavoro», si leggeva. Il comunicato diceva comunque che la protesta era stata una «battaglia vinta», e che i rappresentanti dei portuali contrari al Green Pass sarebbero stati ascoltati dal governo nei prossimi giorni. Diversi giornali in serata avevano dato la manifestazione per conclusa. Zeno D’Agostino, presidente del porto di Trieste, in un’intervista a Repubblica aveva detto di «tirare un sospiro di sollievo».
Nel giro di poco, però gli organizzatori del presidio si sono ricreduti.
Secondo una ricostruzione fatta dal Corriere della Sera, il comunicato che annunciava la fine del presidio era stato approvato e concordato da tutti i rappresentanti dei portuali che avevano aderito alla protesta, che volevano tornare a lavorare. Ma sarebbero stati i manifestanti esterni al porto, in netta maggioranza, a insistere per continuare, anche con toni molto duri, che in pratica hanno costretto Puzzer e i suoi a ripensarci.
Nella notte tra sabato e domenica, il CLPT ha pubblicato un altro comunicato di «rettifica», in cui si legge: «IL PRESIDIO CONTINUA FINO AL 20 OTTOBRE E NON SI MOLLA».
Domenica mattina, però, Puzzer si è dimesso dalla guida del coordinamento dei portuali, assumendosi la responsabilità della decisione di continuare con il presidio, e aggiungendo: «La decisione e soltanto mia non è stata forzata da nessuno».
Non è chiaro cosa succederà adesso al porto di Trieste. Domenica mattina il presidio era ancora attivo e il varco 4 bloccato, ma i portuali che partecipano sono sempre meno, superati di molto dai manifestanti anti Green Pass che vengono da fuori.
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