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  • Sabato 16 ottobre 2021

Quelli che comprano e vendono ossa umane negli Stati Uniti

Teschi e scheletri servono per lo studio scientifico, ma a volte il modo in cui vengono venduti e poi usati solleva diversi dubbi etici

teschi ossa umane
(Oli Scarff/ Getty Images)

Teschi e scheletri attirano da sempre archeologi, antropologi, collezionisti e artisti, ma sono indispensabili anche per lo studio e la formazione dei medici. Per questo, seppur possa sembrare una pratica macabra, negli Stati Uniti esiste un mercato legale di ossa umane, che nonostante in passato abbia provocato discussioni di natura etica ha continuato a proliferare su diverse piattaforme.

Il 4 luglio del 2016 sul Journal of Forensic Sciences fu pubblicato uno studio di due ricercatori del dipartimento di Giustizia della Louisiana in cui veniva raccontato che tra il 2012 e il 2013 su eBay erano stati messi in vendita 454 teschi umani. Gli autori della ricerca avevano osservato che la base d’asta media per ciascun teschio andava dai 648 ai 5.500 dollari (circa 560-4.800 euro), ma anche che i teschi erano stati messi in vendita in almeno 24 stati in cui le leggi locali vietavano il commercio di resti umani.

Subito dopo la pubblicazione dello studio, eBay fece sapere che avrebbe vietato la vendita di ossa e di qualsiasi altra parte del corpo umano, tranne i capelli, usati per la produzione di parrucche. Il mercato delle ossa umane si spostò semplicemente altrove, compresi alcuni social network dove in alcuni casi teschi e scheletri vengono ancora messi in vendita o comunque pubblicizzati.

Come ha raccontato il Washington Post, una delle persone che si sono inserite in questo mercato è il 21enne Jon Pichaya Ferry, che sul suo sito internet JonsBones dice di comprare e vendere ossa «ottenute in maniera responsabile» e trattate appositamente per essere utilizzate nell’osteologia (lo studio scientifico delle ossa). Teschi, femori, costole e ossi rari vengono messi in mostra sui canali social di JonsBones e si trovano in vendita sul sito per prezzi che vanno da poche decine ad alcune migliaia di dollari. JonsBones ha 50mila follower su Instagram e quasi 500mila su TikTok.

Ferry iniziò ad appassionarsi all’osteologia a 13 anni, quando il padre gli regalò lo scheletro di un topo. Qualche anno fa si trasferì a New York per frequentare una prestigiosa scuola di design e cominciò a distribuire i suoi biglietti da visita a Times Square, vendendo qualche osso ogni tanto. Oggi ha otto collaboratori part-time e vende i 20 e gli 80 ossi al mese.

I suoi clienti sono per lo più università e musei, ma anche privati e sezioni delle forze dell’ordine che usano resti umani per addestrare i cani a rintracciare i cadaveri. Sul sito di JonsBones si legge che uno degli obiettivi dell’attività è la «destigmatizzazione di un mercato stigmatizzato».

Sia alcuni utenti dei social network sia vari esperti di Scienze Umane e Sociali statunitensi hanno contestato attività come quella di Ferry. In primo luogo per le implicazioni etiche della vendita di resti umani: spesso chi compra uno osso non lo fa per scopi educativi, ma per trasformarlo in gioielli o per ricavarne ornamenti, contribuendo a una macabra “spettacolarizzazione” della morte; in più perché c’è il forte sospetto che molti resti che si trovano in vendita sul mercato legale siano stati rubati, provengano da tombe profanate o comunque dal mercato illegale, anziché da persone che avevano deciso di donare il loro corpo alla scienza dopo la morte.

 

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Secondo Shawn Graham, professore di Umanistica digitale alla Carleton University di Ottawa (Canada), una delle questioni etiche centrali riguarda il fatto che le persone che hanno accettato di donare il proprio corpo alla scienza lo hanno fatto con certe garanzie: il commercio delle proprie ossa, o la loro trasformazione in oggetti di antiquariato, non fa parte del “patto”. Secondo Graham permettere di utilizzare il proprio corpo per la ricerca scientifica è «un processo basato sul consenso»: «E sicuramente nessuna di queste persone aveva mai dato il consenso affinché il loro corpo venisse trattato così o venduto e comprato in questo modo».

È impossibile stabilire con esattezza il volume di affari globale del mercato di ossa e scheletri umani, soprattutto perché oltre a quelli venduti tramite i canali legali ci sono anche quelli trafficati sul mercato nero.

Negli ultimi anni negli Stati Uniti è stata data sempre più attenzione all’argomento e gli istituti statunitensi hanno cominciato a indicare la provenienza degli scheletri. Il tema è stato discusso anche per un’altra ragione, cioè per il fatto che spesso in passato le ossa utilizzate negli atenei o esposte nei musei erano quelle di nativi americani, schiavi o gruppi di persone oppresse. Dopo un’intensa campagna da parte di alcuni gruppi attivisti, per esempio, lo scorso aprile il museo di Archeologia e Antropologia dell’Università della Pennsylvania aveva annunciato che avrebbe provveduto a riseppellire i resti che facevano parte di una collezione che conteneva più di 50 teschi di persone che erano state schiavizzate.

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