Come i bambini rifugiati al confine con la Siria vedono ciò che li circonda
Una camera oscura itinerante insegna loro ad usare la fotografia come mezzo d’espressione
A Mardin, una città in Turchia vicino al confine con la Siria, è stato avviato un programma chiamato Sirkhane Darkroom che permette ai bambini e agli adolescenti della zona di fotografare quello che li circonda, con lo scopo di mostrare un pezzo di mondo attraverso i loro occhi. Il progetto è nato nel 2017 ed è curato dal fotografo Serbest Salih, che studiava fotografia ad Aleppo prima di fuggire dalla Siria con la sua famiglia nel 2014, mentre i miliziani dello Stato Islamico avanzavano verso Kobane, la sua città natale.
Come raccontato dalla CNN, Salih ha mostrato ai ragazzi il funzionamento delle macchine fotografiche analogiche, ha insegnato loro le basi della composizione e della tecnica dell’immagine e ha fornito fotocamere a pellicola da usare per un paio di settimane. Poi ha mostrato come sviluppare le foto e scegliere le migliori.
Un centinaio di foto sono state raccolte in un libro, i saw the air fly, pubblicato da Mack. Sirkhane Darkroom fa parte di Her Yerde Sanat-Sirkhane, un’organizzazione no-profit che gestisce una scuola di circo, un festival artistico e una scuola di musica per bambini che vengono da zone di guerra, a cui andranno tutti i proventi del libro.
Nel 2019 Salih ha pensato di rendere il suo progetto mobile e ha iniziato a viaggiare sul confine per offrire laboratori a bambini e ragazzi dai 7 anni in su, fino a quando con la pandemia di coronavirus del 2020 spostarsi è diventato più complicato.
Molti dei bambini che hanno realizzato le fotografie sono profughi fuggiti dalla guerra in Siria e Iraq: il progetto ha lo scopo di insegnare loro a utilizzare la fotografia come mezzo di espressione. Nella conclusione del libro Salih scrive: «Quando guardi queste fotografie raccolte insieme, vedi bambini che condividono momenti veri della loro vita: dentro le loro case, con i loro amici, con la famiglia. Non sono le fotografie che gli adulti si aspetterebbero di vedere da bambini cresciuti circondati da conflitti; non sono fotografie di traumi o tristezza. Sono una testimonianza della resilienza dell’immaginazione infantile, del potere curativo della fotografia e dell’incantevole prospettiva dell’infanzia».
Kenneth Dickerman, photoeditor del Washington Post, ha sottolineato come fotografare sia uno strumento in grado di farsi sentire visti, e come «vedere le persone e riconoscerle aiuti a ripristinare un senso di sé. E condividerlo con il mondo aiuti a cementare quel senso di sé».
Il progetto Sirkhane Darkroom si può seguire su Instagram, qui.