Una canzone dei Massive attack

E l’esperienza preziosa di frequentare quelli nati dopo

(EPA/Balazs Mohai)
(EPA/Balazs Mohai)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Dice Paul McCartney – in un’intervista alla BBC che deve ancora andare in onda – che è stato John Lennon a decidere di andarsene (se no magari c’erano ancora i Beatles).
Mi sono imbattuto nel disco ultimo di Tom Rosenthal, 35enne cantautore inglese di leggerezza pop e limitata fama, che però ha già fatto cinque dischi e si è fatto notare per vivacità di video e interventi sui social network. Ci sono alcune cose belle, provate questa e questa.
Il mese prossimo esce in video e in disco la parte di Springsteen (lunga) di un celebre concerto contro le centrali nucleari del 1979 (allora il disco triplo lo comprò mio fratello Nicola, ma lo trovammo sempre un po’ discontinuo): Springsteen ha messo online Sherry darling, e si può dire che dell’energia alternativa ci sia.
C’è una canzone nuova di Morgan Harper-Jones, giovane cantautrice inglese di cui un anno fa raccontammo questa bella assai.
Per un’associazione mentale che capisco, leggendo la newsletter di ieri sulle grigie immagini di città britanniche del nord, Elena mi ha scritto che ha ripensato a Life in a northern town dei Dream Academy, formativa per noi che non le avevamo ancora mai viste, allora.

Protection
Massive attack

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Le persone che frequento di più, più della mia famiglia, ovvero quelle che lavorano al Post, sono assai più giovani di me: la maggior parte di loro è nata negli anni Ottanta e spesso cita come riferimenti culturali infantili e giovanili le cose degli anni Novanta e inizio Duemila, dove invece io – come vedete spesso – ho i Settanta e Ottanta. È un’esperienza avvincente e preziosa non solo per capire cose del presente, ma anche per capire cose di quei Novanta in cui io avevo già trent’anni e le cose intorno iniziavano già a non fare più parte della mia “formazione”. Da trent’anni, più o meno, il mondo intorno fa più fatica a cambiarti e a entrarti dentro, per quanto tu possa tenerlo d’occhio. Non sei ancora diventato soltanto un osservatore, ma non sei più nemmeno il maggiore abitante del cambiamento, e sei meno permeabile.

Per me quella cosa lì sono stati i tardi anni Novanta: seguivo, ma con la sensazione che le cose non fossero più “mie”. I Massive attack, per esempio, furono come una rivoluzione che stava capitando da un’altra parte e a cui vedevo partecipare altri più giovani. Per chi ci sia stato dentro ancora meno di me, i Massive attack furono i principali protagonisti di una cosa che si chiamò “sound di Bristol” e di cui parlammo a proposito della canzone di Beth Gibbons, un anno e mezzo fa: un modo allora nuovo e affascinante di usare i suoni strumentali, i campionamenti di cose esistenti e l’elettronica, che rese i protagonisti di quel periodo non solo amati dell’amore dei fan, ma anche stimati e ammirati e molto cool.

I Massive attack hanno fatto due grandi canzoni su tutte (anche perché non erano tanto una band “da canzoni”): una è Unfinished sympathy che è considerata una delle cose più perfette e originali della canzone britannica di quel decennio ed era nel loro primo disco, e l’altra è Protection che uscì nel 1995 nel secondo. E ci canta Tracey Thorn, di cui vi direi mirabilie, non ve le avessi già dette e ridette.

Le due cose sono perfette ognuna per sé e sono perfette assieme: l’andamento ipnotico e incessante della musica dei Massive attack, e Thorn che canta come se fosse una canzone “normale”.

I stand in front of you
I’ll take the force of the blow
Protection

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