Alla Francia non dispiacciono le sue centrali nucleari
E ne vuole costruire di nuove, soprattutto adesso che l'Europa è nel pieno di una crisi energetica
Il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato martedì sera un ambizioso piano di investimenti da 30 miliardi di euro per favorire il rilancio dell’economia francese. Il piano, presentato a sei mesi dalle elezioni presidenziali, si chiama Francia 2030 e il suo «obiettivo numero uno», ha detto Macron, è quello di «reinventare il nucleare», costruendo nuove centrali nucleari ad alta efficienza per la produzione di energia elettrica.
Questo è un notevole cambiamento rispetto a qualche anno fa: all’inizio della sua presidenza, Emmanuel Macron disse che avrebbe ridotto di molto la dipendenza della Francia dall’energia nucleare, smantellando parte degli impianti del paese. Al tempo, l’opinione pubblica francese era piuttosto diffidente nei confronti dell’ ampio utilizzo da parte della Francia di centrali nucleari, a causa tra le altre cose di disastri come quello al reattore giapponese di Fukushima nel 2011. Le cose però sono cambiate negli ultimi tempi: in questi mesi, grazie al nucleare, la Francia è stata praticamente immune dalla grave crisi energetica che sta colpendo il resto dell’Europa, e Macron ha rivalutato la possibilità di investire nel nucleare.
«Perché mettere [il nucleare] al primo posto? Perché la prima questione è la produzione di energia. Per produrre energia, e in particolar modo elettricità, noi abbiamo una possibilità, il nostro modello storico: il nucleare», ha detto Macron presentando il progetto.
#France2030, objectif 1.
Réinventer le nucléaire. pic.twitter.com/uifI7piTC3— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) October 12, 2021
Macron vorrebbe far costruire sei nuovi reattori modulari di piccola taglia (SMRs). Secondo i parametri dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA, l’organizzazione dell’ONU incaricata di controllare il settore dell’energia nucleare), un reattore nucleare si può definire “piccolo” sotto i 300 MW di potenza elettrica massima prodotta. I reattori modulari di piccola taglia sono quindi meno potenti di un tradizionale reattore nucleare, ma anche meno complicati da costruire. Alla costruzione di questi reattori il piano ha dedicato un miliardo di euro dei 30 complessivi.
La Francia è, come ha scritto Politico, «l’unica potenza nucleare dell’Unione Europea». Nel paese ci sono 58 reattori nucleari attivi, che producono più del 70 per cento dell’energia elettrica francese. Per la Francia il nucleare è spesso stato un motivo di orgoglio nazionale, che tra l’altro ha una tradizione longeva: la Francia ha aperto la prima centrale nucleare nel 1962 (l’Italia nel 1963), cominciando a usarla per produrre energia elettrica dall’anno successivo, senza più smettere (l’Italia smise nel 1990, dopo il referendum del 1987 indetto anche a seguito del disastro di Chernobyl).
La produzione di energia elettrica tramite centrali nucleari permette ai cittadini francesi di pagare l’elettricità meno degli altri paesi europei, e di potersi autoprodurre l’energia elettrica quando i costi sul mercato salgono, come sta succedendo oggi con la crisi energetica. Successe anche con la crisi petrolifera del 1973, quando i paesi produttori alzarono vertiginosamente i loro prezzi: in quel caso, la Francia investì ancora più risorse nell’energia nucleare, riducendo al minimo le importazioni.
Per una serie di ragioni, negli ultimi anni l’entusiasmo francese nei confronti delle proprie centrali nucleari si era sgonfiato. La ragione più importante è stata sicuramente il disastro della centrale nucleare di Fukushima, in Giappone: uno tsunami la colpì nel 2011, provocando la parziale fusione di alcuni reattori e una serie di successive esplosioni. Le esplosioni diffusero polveri radioattive per chilometri attorno alla centrale, costringendo decine di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case per anni.
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Il disastro di Fukushima – accaduto 25 anni dopo quello di Chernobyl – riaccese in tutto il mondo i dibattiti sulla sicurezza dell’energia nucleare, provocando anche la preoccupazione e pressioni crescenti da parte dell’opinione pubblica sui governi. Dopo Fukushima, per esempio, la Germania decise di rendersi completamente autonoma dall’energia nucleare, smantellando i propri reattori nucleari (17) entro il 2022 (ne mancano ancora 6).
Anche in Francia l’opinione pubblica era molto allarmata per quanto accaduto a Fukushima. Il tema del nucleare fu quindi un argomento molto discusso anche nelle elezioni del 2012 tra il candidato di centrosinistra François Hollande (che le vinse), che proponeva di diminuire la dipendenza della Francia dall’energia nucleare, e quello di centrodestra Nicolas Sarkozy, che non aveva alcuna intenzione di chiudere le centrali.
Nonostante il calo dell’entusiasmo verso l’energia nucleare (e la chiusura di una delle centrali più vecchie, quella di Fessenheim), per la Francia restò però molto difficile diminuire la propria enorme dipendenza dall’energia nucleare. La dismissione delle centrali, tra l’altro, è un processo costosissimo (si parla di miliardi di euro) e molto lungo (può durare anche anni).
E lo stesso Macron, che aveva inizialmente promesso di dismettere 14 dei 58 reattori presenti sul territorio e di ridurre la percentuale di elettricità prodotta con le centrali nucleari dal 75 al 50 per cento entro il 2035, ha detto a marzo di quest’anno che l’energia nucleare «il fondamento dell’autonomia strategica» francese.
La decisione di Macron di avviare la costruzione di sei piccoli reattori nucleari non è, quindi, inaspettata, e appare ancora più motivata dalla crisi energetica in corso, che fa più presa su parte dell’opinione pubblica delle preoccupazioni sulla sicurezza e l’impatto ambientale delle scorie nucleari.
L’aumento dei prezzi dei combustibili fossili sta infatti causando problemi in gran parte del mondo: in Italia il prezzo di gas ed elettricità aumenterà, nel Regno Unito sono fallite nove piccole società fornitrici di energia, e in Cina è stato necessario ridurre o sospendere la produzione industriale in alcuni settori, per citare alcuni esempi.
Descrivendo l’aumento del sostegno popolare francese all’energia nucleare, un sondaggio dell’istituto Odoxa ha parlato di «ritorno di fiamma» tra i francesi e il nucleare negli ultimi due anni (gli effetti della crisi si sono visti soprattutto nell’ultimo anno).
Anche per questa ragione, il governo francese sta facendo ormai da tempo pressione sull’Unione Europea per presentare il nucleare come una valida soluzione alla crisi, e per inserirlo nell’elenco degli investimenti utili e necessari per la transizione energetica e l’abbandono dei combustibili fossili.
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La decisione di Macron va letta anche alla luce delle elezioni presidenziali francesi, che si terranno nel 2022: i candidati più competitivi per la presidenza sono praticamente tutti di destra o centrodestra, e tutti tendenzialmente favorevoli al nucleare. Diversi di loro, come Eric Zemmour (che non si è ancora candidato ufficialmente) e Valérie Pécresse, hanno in programma proprio di far ripartire in modo massiccio l’utilizzo delle centrali nucleari. L’annuncio di Macron, dunque, è anche un tentativo di competere con politiche energetiche attraenti per l’elettorato, nonostante le critiche della sinistra e dei politici ambientalisti, che vorrebbero che la transizione energetica non dipendesse dal nucleare.