Vite speciali da ufficio stampa
La casa editrice Zanichelli ricorda Laura Lisci con un suo testo sul lavoro di chi promuove libri speciali
La casa editrice bolognese Zanichelli ha annunciato di voler dedicare il “Premio Enriques” (dal nome della famiglia che ne è storica proprietaria, i cui eredi guidano tuttora l’azienda) a Laura Lisci, che è morta tre settimane fa ed era stata per quasi quarant’anni responsabile dell’ufficio stampa dell’azienda, diventando per questo amata e stimata nel mondo dell’editoria e dell’informazione. Segnalando l’assegnazione del premio per la traduzione che avverrà all’interno del Salone del Libro a Torino giovedì 14 ottobre, l’editore ha diffuso un testo di Laura Lisci sul suo lavoro che era stato pubblicato in Castelli di carte (il Mulino, 2008), storia collettiva della Zanichelli tra il 1959 e il 2009, e che il Post ospita in ammirazione per le qualità di Lisci e in coerenza col lavoro fatto fino a oggi nel raccontare come si fanno, promuovono e vendono i libri. Il libro completo è disponibile gratuitamente online qui.
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Rinaldo Forti è stato capo ufficio stampa della Zanichelli dal settembre 1970 al 1983. È mancato improvvisamente, in giovane età, il 24 aprile del 1983.
A metà giugno di quell’anno era prevista l’uscita dell’undicesima edizione del Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, curata da Miro Dogliotti e Luigi Rosiello, con una nuova veste grafica1. E proprio al lancio del nuovo Zingarelli aveva lavorato Rinaldo Forti nei mesi precedenti la sua morte improvvisa. Il piano di «lancio» era predisposto, le principali testate e i giornalisti più attenti alle questioni della lingua erano stati avvertiti e preparati.
Forti lavorava a Roma nell’ufficio di via Pietro Cossa, in Prati, che in Zanichelli era considerato un luogo mitico. Il suo ruolo in casa editrice sembrava diverso da quello degli altri, e non era del tutto chiaro a nessuno2. Neanche a me che, entrata in Zanichelli nel 1970, l’anno della decima edizione dello Zingarelli, prima di diventare responsabile della distribuzione avevo fatto una sostituzione nell’ufficio commerciale, con Gianni Facchini direttore delle vendite, e nella redazione lessicografica diretta da Miro Dogliotti, occupandomi proprio dell’undicesima edizione.
Forti era uomo di vaste relazioni. Aveva rapporti costanti con le istituzioni, con i giornali, i librai, gli insegnanti, gli autori, gli editori. In via Irnerio [la sede bolognese di Zanichelli, ndr] era diverso: in redazione si avevano contatti solo con autori, traduttori, collaboratori, a volte editori; negli uffici commerciali soltanto con librai, funzionari commerciali e magazzinieri. A Bologna arrivavano per posta interna bustoni rigonfi indirizzati alla direzione generale e alla direzione commerciale che contenevano «recensioni». Non sono certa che tutti sapessero che cosa fossero, né quale fosse il compito dell’ufficio stampa (non è infrequente ancora oggi che qualcuno telefoni all’ufficio stampa della casa editrice chiedendo di poter «stampare» un libro). Una collega che lavorava all’ufficio economato una volta disse che il dottor Forti voleva che sul suo biglietto da visita comparisse la scritta «Ufficio Stampa»: ci teneva tanto, diceva, come se si trattasse di un vezzo, non di una funzione.
Quando mi fu proposto, qualche giorno dopo la triste scomparsa di Forti, di occuparmi di quell’ufficio, non so quanto mi fosse chiaro quale sarebbe stato il mio compito. Era il tempo in cui i capi ufficio stampa venivano licenziati in tronco se i giornali riportavano quanto non si doveva sapere (era di quei giorni il licenziamento da parte di Sandro Pertini di Antonio Ghirelli, che quel ruolo svolgeva al Quirinale). Ero perciò consapevole di quanto l’eredità di Forti fosse impegnativa. Ho sempre rimpianto di non aver potuto imparare da lui il mestiere. Mi fu assai utile invece aver lavorato, anche in redazione, con Miro Dogliotti, direttore editoriale dal 1973, a cui devo l’aver imparato a dare ascolto e rapida risposta a ogni istanza proveniente dall’esterno: metodo e stile di lavoro molto utile per l’ufficio stampa, oltre al know–how aziendale acquisito in settori del tutto diversi, come la distribuzione. Eredità impegnativa soprattutto per le qualità dell’uomo: la sua credibilità, le capacità relazionali, la sua esperienza3. Ma anche perché la tecnologia stava imprimendo in tutti i settori un’accelerazione che modificava le procedure e anche i rapporti interpersonali. Nell’ufficio di via Pietro Cossa avevo letto la corrispondenza tenuta da Forti con i responsabili delle pagine culturali dei giornali in occasione dell’uscita di un nuovo libro. Da quegli scritti emergeva chiaro come Forti contribuisse – con competenza e senza pressioni – a informare, e come questi scambi creassero collaborazione nei due sensi. Questa era la lezione che, se non avevo ricevuto da lui, mi era stata rivelata dalle persone che l’avevano conosciuto, e che mi ha permesso di creare e mantenere ancora oggi una rete di solidi rapporti professionali assai produttivi.
A partire da quegli anni la produzione della casa editrice cominciò a mutare: meno libri di varia, meno divulgazione scientifica, più opere di consultazione, ancora più editoria scolastica. È necessario sottolineare quanto sia diverso il lavoro dell’ufficio stampa di una casa editrice che non pubblica narrativa o saggistica, o testi sul dibattito politico o scientifico, da un’altra che produce dizionari, manualistica o divulgazione. Comunicare l’importanza di strumenti di studio e di lavoro che danno le basi per l’accrescimento culturale e civile, che trasmettono conoscenza e capacità critica per sapere – e per sapere dove cercare –, e richiamare su questi l’attenzione dei media, la loro corretta valutazione, non è come far leggere un romanzo a un critico letterario. Un manuale o un dizionario non si «leggono», si consultano e si usano nei tempi lunghi. Fare un comunicato stampa per un’opera di narrativa o un saggio è cosa assai diversa che farne uno altrettanto avvincente e convincente a proposito di un dizionario.
La febbre del dizionario
Tutto cominciò il 15 giugno del 1983 con l’articolo-intervista scritto su «Tuttolibri», il supplemento della «Stampa», da Giampaolo Dossena che firmava la pagina dei Giochi di parole. Dossena venne a trovarci a Bologna, e fu il mio primo pranzo di lavoro «da ufficio stampa». Parlò con Miro Dogliotti e Lorenzo Enriques. L’articolo uscì nella prima pagina del supplemento; vi si raccontava in modo acuto e spiritoso la macchina del dizionario: come si selezionano le parole nuove, perché entrano e perché non entrano. Quell’intervista creò un’enorme curiosità e in qualche modo diede il via alla «febbre del dizionario». Dossena richiamò l’attenzione dei media sulla lingua d’uso, sull’importanza per un dizionario di riportare parole nuove o nuovi significati, e non solo sulla grammatica o sullo scrivere bene (le principali rubriche di lingua trattavano soprattutto gli aspetti normativi), e sulla necessità di rinnovare il vocabolario che si aveva in casa. Era stato un inizio alla grande. L’articolo su «Tuttolibri» aveva scatenato la curiosità e moltissimi furono gli articoli e le recensioni dedicati al Nuovo Zingarelli, con firme importanti, come quella del linguista Raffaele Simone, o inattese, come quella di Tullio Kezich, critico cinematografico. Ci furono anche titoli sorprendenti, come un 7.000 sillogismi nuovi nello Zingarelli della Zanichelli! (si trattava invece di neologismi).
La risposta della stampa fece capire che una riflessione più approfondita e a più voci sarebbe stata possibile. Il convegno sulla lingua e sulle lingue, che si svolse nell’aprile del 1984, a Bologna, nella sede dell’istituto di Cultura Germanica, prevedeva un’intera giornata di relazioni e confronto. Era intitolato Babele contro Babele. Il futuro delle grandi lingue. Vi parteciparono Luigi Rosiello, Raffaele Simone, Alexander Langer, Alfredo Suvero, Luigi Schenoni, Umberto Eco, Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli; a presiederlo fu chiamato Giovanni Nencioni, presidente dell’Accademia della Crusca. Alla preparazione avevo lavorato per mesi, ma ne avevo parlato in casa editrice solo dopo aver avuto l’adesione di tutti i relatori. Fu un successo: vi parteciparono più di 600 persone e l’affluenza fu tale da rendere necessario collegare in audio un secondo locale. Federico Enriques arrivò in tarda mattinata: la sua sorpresa era evidente (sono sempre stata convinta – anche se so che non era vero – che fosse arrivato tardi per non assistere al flop del mio primo convegno). Tutti i giornali ne parlarono: i giornalisti avevano aderito in massa.
Per l’ufficio stampa la sfida è continua
Dieci anni dopo, nel 1993, usciva lo Zingarelli 1994: il primo di altri quindici (fino ad ora) Zingarelli annualizzati. E quella fu una nuova sfida per l’ufficio stampa: riuscire a richiamare ogni anno, tutti gli anni, l’attenzione dei media. E ogni anno, a fine settembre, agenzie di stampa, giornali e telegiornali hanno riportato, con rilievo, come fatto sociale, le nuove parole entrate nello Zingarelli4. Giornalisti molto preparati come Giulio Nascimbeni («Corriere della Sera»), Giorgio Calcagno («La Stampa»), Stefano Bartezzaghi («la Repubblica») mettevano in rilievo il piacere di leggere il vocabolario. Allo stesso tempo i puristi disputavano della lingua e alimentavano polemiche mai sopite: il vocabolario deve ammettere anche le parole brutte? e quante parole straniere si devono accogliere? il dizionario è un giudice o un notaio?
Anche dei vignettisti hanno tratto ispirazione con arguzia dai «lanci» sullo Zingarelli, sfruttando (utilmente per noi) la confusione con Zanichelli.
Libri piuma, altre campagne scolastiche e sociali
Di libri scolastici l’ufficio stampa non si deve occupare, in linea di principio5. L’informazione viene data dalla rete commerciale direttamente ai giusti destinatari: i docenti. Ma un’idea, che riguardava trasversalmente tutto il catalogo, doveva essere comunicata: i «libri piuma». I giornalisti capirono e apprezzarono l’iniziativa. Ne scrissero moltissimo e a lungo nel tempo. Persino «la Repubblica» arrivò ad aprire la pagina della cultura con un articolo scritto da Bartezzaghi. Fra sindaci che mettevano le bilance in piazza, pareri di ortopedici, multe ai genitori e altre facezie del genere, la facilità e la felicità della proposta zanichelliana era risultata convincente.
Anche altre novità nel settore scolastico furono comprese dalla stampa, ad esempio «Benvenuti nella scuola italiana», una recente iniziativa destinata a ragazzi di etnie diverse: un manifesto in dodici lingue distribuito nelle scuole e materiali scaricabili dal sito.
Ufficio stampa e ufficio pubblicità: due anime diverse
Benché si tratti di funzioni diverse, che richiedono diverse competenze, e abbiano interlocutori diversi, l’ufficio stampa e l’ufficio pubblicità in editoria sono spesso affidati alla stessa persona/ufficio.
L’ufficio stampa editoriale visita i giornalisti, prevalentemente culturali, provvede all’invio gratuito della copia per recensione o tratta l’intervista all’autore. Quello dell’ufficio stampa è un lavoro di comunicazione che richiede non solo capacità di relazione ma competenza e misura. Non c’è scambio di denaro. Il risultato del lavoro non è garantito. I giornalisti delle pagine culturali non si interessano agli investimenti pubblicitari che l’editore fa sul loro giornale: la recensione non dipende da quanta pubblicità la casa editrice fa sulla loro testata. In altri settori merceologici non è sempre così.
L’ufficio pubblicità riceve i venditori delle concessionarie. Discute di spazi e valuta target e diffusione, conduce trattative per spuntare sconti o posizioni migliori. Firma contratti e pagamenti. In comune tra ufficio stampa e pubblicità ci sono la conoscenza del libro che si vuole promuovere e quella della testata su cui si vuole comparire. Destinazione, contenuti, diffusione e ricadute.
Le campagne pubblicitarie per lo Zingarelli
L’uscita dell’undicesima edizione del Nuovo Zingarelli (1983) con la nuova veste grafica si doveva comunicare al grande pubblico. Una imponente campagna pubblicitaria sia sui giornali che in televisione6 fu affidata all’agenzia torinese CGSS. Si realizzò uno spot televisivo con un Mosè di Michelangelo ricostruito da Carlo Rambaldi, il creatore di E.T., che prendeva la parola grazie allo Zingarelli. Il claim originale era «Parola di Zingarelli»: gli annunci stampa proponevano parole che solo sullo Zingarelli si potevano trovare. Negli anni successivi fu variato in «Parola di Zanichelli», perché esteso a tutta la gamma dei reference (dizionari, atlanti e codici) con annunci multisoggetto.
Con la pubblicazione dell’Enciclopedia Zanichelli nel 1992 – e dal 1993 con l’uscita annuale sia dell’enciclopedia che dello Zingarelli – il claim istituzionale fu rinnovato e divenne I libri sempre aperti. Doveva ribadire, oltre al messaggio di autorevolezza e alla posizione di leader del mercato conquistata, anche quanto fosse indispensabile, sia per la sempre maggior diffusione delle conoscenze che per la circolazione delle lingue, avere un dizionario aggiornato «a portata di mano»: aperto a ogni dubbio e curiosità.
Una campagna particolarmente fortunata del 1996 recitava «Meglio saperlo!» e mostrava oggetti della quotidianità, come i bugiardini dei farmaci, le etichette dei vestiti, un articolo di quotidiano, evidenziando parole straniere entrate nell’uso, oppure termini traslati dalla scienza, che non si sarebbero trovati in altri dizionari più tradizionali e meno aggiornati.
Ci furono anche felici esperienze di concorsi («Come dici che si dice? Chissà chi lo sa?») veicolati dagli annunci delle campagne pubblicitarie su quotidiani che anticipavano in un certo senso le mode più recenti di ruolo interattivo nella comunicazione di prodotto e quindi sfide di elasticità mentale e cultura generale. Nel 2004 si è dato il via ai premi di scrittura per i ragazzi delle scuole, con premiazione alla Fiera del libro di Torino e risvolto benefico: libri inviati a nome dei premiati a onlus che si occupano di giovani.
La televisione/1: lo Zingarelli in RAI
Nel 1993 Rai Due varò una trasmissione quotidiana che occupava strategicamente lo spazio che precedeva il TG2: durava 20 minuti e andava in onda mentre su Rai Uno e Canale 5 venivano trasmessi i telegiornali. La trasmissione (Venti e Venti – Mi manca la parola) era affidata a Michele Mirabella e a Toni Garrani, coppia già molto collaudata in radio. Dalla definizione di una parola e con una progressione di domande non rituali i due conduttori portavano il concorrente a scoprire la parola giusta. Mirabella faceva la parte del «professore» che enfatizzava il valore della lingua e la proprietà di linguaggio. La trasmissione insegnava e divertiva.
Gli mandai il primo Zingarelli annualizzato 1994 e Mirabella ne citò del tutto spontaneamente alcune definizioni. Pensai che sarebbe stato interessante che lo Zingarelli «partecipasse» esso stesso alla trasmissione. Mi misi così all’inseguimento di qualche funzionario della Sipra (la concessionaria di pubblicità della Rai) che potesse condividere le mie idee e valutare le mie proposte. Infine lo Zingarelli entrò nella trasmissione per le definizioni e per risolvere i giochi linguistici e come premio per le risposte corrette, abbondantemente mostrato in video dai due ammiccanti conduttori.
Registrò grandi ascolti. Divenne addirittura un caso televisivo e per lo Zingarelli 1994 fu un lancio eccezionale. La collaborazione – ma posso dire amicizia – con Michele Mirabella durò assai oltre le vicende di Venti e Venti, che la RAI mantenne in vita solo per un altro anno. Fu spostata alle 14, con il titolo Siamo alla frutta, e infine alle 17 su Rai Tre, anche se la formula era eguale: gag intelligenti in situazioni realistiche con personaggi un po’ paradossali. La collocazione fu penalizzante per gli ascolti, fino alla chiusura del programma. Ancora oggi c’è chi ricorda Mirabella e Garrani con lo Zingarelli dell’anno. In collaborazione con Rai Eri fu pubblicato anche un libro che riportava i giochi linguistici della trasmissione e diversi altri sempre ispirati allo Zingarelli.
La televisione/2: esperienze condivise con il pubblico giovane
Anche Luciano Rispoli – che per Rai Uno aveva condotto l’indimenticabile Parola mia nella quale lo Zingarelli veniva consultato in diretta – è stato testimonial di Zingarelli/Zanichelli nella sua trasmissione domenicale su Telemontecarlo. Agli ascolti non eccelsi della rete in generale suppliva la garbatezza della persona e la qualità della trasmissione: a Il primo campionato della lingua italiana partecipavano, svolgendo temi e rispondendo a domande, giovani dai 15 ai 18 anni. in Genius, su Retequattro, con Mike Bongiorno, che faceva anche la telepromozione, i più giovani dai 10 ai 14. Nella trasmissione pomeridiana Amici di Canale 5 agli esordi erano i ragazzi in studio a parlare dello Zingarelli.
La televisione/3: sempre e solo programmi pertinenti
L’incontro con Gerry Scotti è avvenuto nel 1999. Conduceva la nuova trasmissione Passaparola nella fascia pre-serale di Canale 5, in cui quasi ogni gioco richiedeva la consultazione del vocabolario di italiano. Sembrava una trasmissione fatta apposta per lo Zingarelli, che già i quattro autori della trasmissione avevano spontaneamente scelto come dizionario-arbitro. Fu tramite gli autori che proposi a Publitalia (la concessionaria di pubblicità di Mediaset) di poter mostrare il vocabolario in trasmissione. La risposta arrivò subito e fu creato per lo Zingarelli uno spazio di 30 secondi che chiamarono «Promoflash». Il conduttore, alla fine del gioco delle «Parole impossibili», presentava il vocabolario. La formula «Promoflash», inventata per Zanichelli, portò molta fortuna a noi (Passaparola faceva ascolti intorno ai 5 milioni di telespettatori, con share del 25%, e target assai esteso), risultava vincente per la «pertinenza» del «prodotto vocabolario» con i temi della trasmissione, e fu utile a Publitalia che presentò il Promoflash Zanichelli come un «caso esemplare» nella convention annuale e ne fece uno spazio fisso. In Gerry Scotti e nelle sue trasmissioni (Passaparola e Chi vuol esser miliardario prima e milionario poi) la Zanichelli ha trovato un comunicatore vivacemente attento alla lingua e interessato ai dizionari, e perciò quanto mai convincente. Da quella prima esperienza siamo stati al suo fianco tutti gli anni, non più solo con lo Zingarelli ma anche con tutti gli altri dizionari e l’enciclopedia, in sinergia con la campagna stampa e ogni altra forma di promozione.
La televisione/4: Zanichelli entra in redazione
Ultima in ordine di tempo è la partecipazione alla trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai Tre, Chetempochefa. La telepromozione di 90 secondi permette di creare delle vere e proprie sit-com intorno a nuove parole, o a nuovi significati di parole già esistenti dando alla pubblicità uno stile informativo, in contesti credibili in cui l’uso dei vocabolario sia realistico e serva a risolvere problemi che possono veramente presentarsi, con un tono dinamico e attuale.
La radio: parola di Zanichelli e di Mirabella
Con Michele Mirabella ogni anno ci incontriamo intorno a un tavolo con tanti dizionari e creiamo veloci scenette radiofoniche a due voci in cui lui è sempre «il professor Mirabella»: mediaticamente riconoscibile e autorevole e la sua spalla, di volta in volta, la studentessa, il frequentatore di libreria, ma anche il vocabolario stesso, una lettera dell’alfabeto, una voce dello Zingarelli. La pubblicità in radio consente far parlare le parole.
Qualche dato per chiarire le dimensioni
Le campagne pubblicitarie (stampa, radio, televisione, internet) sono quasi esclusivamente dedicate alle opere di consultazione e si svolgono in un arco di tempo che va da settembre a dicembre.
La pubblicità sulla stampa specializzata di libri di varia può svolgersi, invece, su un arco di tempo più lungo. non viene fatta pubblicità per i libri scolastici, molto raramente per i testi universitari. La preparazione della campagna (intesa come scelta dei mezzi, acquisto degli spazi, studio dei testi per la nuova creatività, studio dell’immagine grafica) inizia a fine maggio ma finisce solo con l’ultimo annuncio, perché viene monitorata con continuità. C’è sempre molta attenzione sia alla risposta delle vendite in libreria sia alla presenza della concorrenza, ma anche a eventuali fatti di costume o politici o culturali che possano richiamare l’attenzione sui contenuti dei dizionari. Si può decidere di cambiare un titolo, o aggiungere un annuncio, o spiegare meglio i contenuti di un dizionario. Si tratta di campagne «mai chiuse», possibili solo in una struttura non rigida.
Dal 2000 la pubblicità non è più affidata a un’agenzia ma viene gestita direttamente con consulenza creativa e grafica esterne. Consulente per la comunicazione pubblicitaria è dal 2001 Adelaide Giordanengo, già direttore creativo dell’agenzia torinese poi diventata BGSd’Arcy, creatrice del Mosè della prima campagna del 1983 a cui si chiedeva «Perché non parli?».
Seminari e Servizio Collaborazione Insegnanti (SCIn)
Quando Franco Bochicchio nel 1999 scelse di dedicarsi solo all’impegno universitario, Federico Enriques mi chiese di sostituirlo nell’organizzazione degli incontri di autori con insegnanti. Si trattava di creare un confronto tra gli autori dei libri scolastici e i docenti che li utilizzavano, per permettere agli uni di verificare la ricaduta del proprio lavoro – e capitalizzare spunti e consigli – e agli altri di colloquiare direttamente con gli autori del progetto. È stato il periodo dei tour musicali di Mario Papa, culminati con la rappresentazione di The Jungle Book, un musical cantato e recitato in inglese da ragazzi delle scuole medie alla presenza di 1.200 docenti durante l’annuale convegno del British Council tenutosi nel 2003 ad Acireale. Nel 1990, con il supporto organizzativo del mio ufficio, era iniziata la serie di seminari di aggiornamento per insegnanti delle scuole superiori, per i quali Franco Bochicchio impostava la parte didattica: ne furono realizzati 5 fino al 1996. Trattavano i nuovi programmi per l’insegnamento di fisica, matematica, scienze, curriculum e contenuti fondamentali, corsi di recupero. Le relazioni scientifiche erano affidate ad autori, scienziati ed esperti di didattica. Nel 1994, quando venne introdotto nei curricula italiani l’insegnamento integrato della chimica e della fisica tenne una relazione sull’esperienza statunitense Uri Haber Schaim. I risultati si sono rivelati utili anche per l’impostazione didattica dei nuovi libri. L’esperienza è ripresa nel 2006 con un seminario a tema: Come sta cambiando la biosfera? Rischio, mutamenti del clima, chimica ambientale e conservazione biologica. Erano presenti 180 docenti delle scuole superiori di scienze naturali, biologia e chimica. Il 2008 è stato l’anno delle lingue straniere.
1 La copertina, realizzata da Anna Maria Zamboni su incarico di Raimondo Biscaretti, era divisa in tre fasce: in quella superiore, la scritta il nuovo, rosso e maiuscolo, e sotto Zingarelli sempre maiuscolo e nero. Divisa da una doppia riga rossa, nella parte centrale su fondo bianco c’era Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, il numero di voci, etimologie, illustrazioni, mentre la fascia bassa era rossa, con ZANICHELLI, in maiuscolo e in negativo, sormontato dal marchio araldico. Le dimensioni del nome dell’editore furono aumentate già nella prima ristampa, un cambiamento grafico che esprimeva una nuova concezione della «linea di prodotti». La nuova copertina riprendeva i colori (rosso e nero su fondo bianco) di quella realizzata da Raimondo Biscaretti per la decima edizione del 1970. Le doppie righe, la suddivisione degli spazi, il carattere e l’allineamento delle scritte risultarono di immediata riconoscibilità in libreria, così che in seguito furono utilizzate per tutte le altre opere di consultazione, con colori diversi per ogni lingua, e riproporzionati a seconda delle dimensioni e dell’ingombro dei titoli. Negli anni novanta il carattere «bastone» fu sostituito dal Times, mantenendo però l’impostazione di Anna Maria Zamboni. Le doppie righe hanno caratterizzato tutte le opere di consultazione (circa 280 titoli) fino al 2006 e «vantano molti tentativi di imitazione». Personalmente credo che la grafica di quella undicesima edizione dello Zingarelli, di forte impatto visivo, sia stata la più riconoscibile realizzata per reference pubblicati sia in Italia che all’estero.
2 Dopo un’esperienza di funzionario commerciale Forti divenne, nell’ottobre 1962, responsabile dei rapporti coi ministeri, prima nell’ambito della direzione commerciale e poi, da inizio 1966, della direzione generale. La responsabilità dell’ufficio stampa (dal 1970, come abbiamo visto nel testo) si accompagnò a questi compiti, che non vennero mai meno.
3 L’Associazione Stampa Estera, di cui Forti faceva parte, istituì un premio alla sua memoria, a riprova della stima per l’uomo. Fu proprio per la prima edizione del premio, nel 1984, che fu ristampato il catalogo storico Le edizioni Zanichelli 1859-1939 (cfr. scheda Catalogo storico, dopo la prefazione).
4 Nei primi dieci anni di annualizzazione lo Zingarelli ottenne una media annua di oltre 500 fra recensioni, passaggi televisivi, citazioni. Anche gli altri dizionari, e tutti i settori della varia, ne hanno avute in gran numero con intervenuti di autori come Mario Rigoni Stern, Umberto Eco, Beppe Severgnini. Difficile dire quante pagine siano state scritte sulla Zanichelli. La media annuale complessiva è di 1.200 presenze. il monitoraggio è quotidiano e al conteggio – non più di soli «ritagli» – si aggiunge la valutazione. L’esito viene comunicato a tutta l’azienda tramite il notiziario interno (cfr. scheda «Zanichelli Scuola» e dintorni alla fine di questa testimonianza).
5 Per il lancio della Geografia di Sofri (cfr. par. 10.7) la presentazione, non a caso, avvenne vicino a Roma e fu seguita personalmente anche da Forti.
6 Anche per l’edizione 1970 si fece un’organica campagna, seguita internamente, che interessò soprattutto i quotidiani (54 annunci su 18 quotidiani), i settimanali (12 annunci) e la radio (50 comunicati).