Come Tesla è sopravvissuta alla mancanza di microchip
La società di Elon Musk non ha rallentato la produzione come altre aziende automobilistiche, grazie alla flessibilità dei suoi sistemi
Da quasi un anno la mancanza di microchip sta interessando numerosi settori industriali e in particolare quello delle automobili, con alcune delle più grandi aziende di auto al mondo che hanno dovuto rallentare sensibilmente la produzione, rassegnandosi a una riduzione dei loro ricavi. Il problema sta interessando Ford, Volkswagen, Daimler e Stellantis, mentre riguarda pochissimo Tesla, la società di Elon Musk che produce automobili elettriche, grazie a una maggiore flessibilità nei suoi cicli di sviluppo e di produzione rispetto alle più grandi e strutturate aziende automobilistiche.
Negli ultimi decenni la quantità di elettronica sui veicoli è aumentata enormemente, con computer e sistemi di bordo per regolare l’attività del motore, i sistemi di frenata, lo sterzo e i sensori per il parcheggio, senza contare i dispositivi per l’intrattenimento e per collegare il proprio smartphone. Ciò rende necessario l’impiego di una grande quantità di microchip su ogni veicolo, con software dedicati per la gestione delle varie funzioni.
Nella prima metà del 2020, a causa della pandemia da coronavirus, il ritmo della produzione di vetture era rallentato fin quasi a fermarsi un po’ in tutto il mondo. Nella seconda metà dell’anno, la produzione era poi ripresa a un ritmo molto sostenuto, che aveva messo in difficoltà i produttori. La maggior parte delle aziende automobilistiche, per tenere i costi bassi, di solito mantiene un inventario ridotto di componenti: il modello di business (che si chiama “just in time supply chain”) prevede che si acquisti quasi esclusivamente ciò che serve per la produzione già programmata, con margini molto ristretti.
Le società automobilistiche che venivano da un periodo di produzione quasi ferma si erano ritrovate con un inventario insufficiente, e si erano affrettate a fare ordini massicci di microchip. A quel punto, però, le aziende che li producono si trovavano già al limite della loro capacità produttiva, perché molti altri (per esempio i produttori di dispositivi elettronici) avevano avuto simili aumenti della domanda, e avevano fatto moltissimi nuovi ordini. I microchip per il settore informatico rendono inoltre di più a chi li produce, perché sono più elaborati rispetto a quelli per molti componenti delle automobili, venduti a prezzi inferiori e con minore potere contrattuale. I produttori di microchip avevano quindi dedicato meno attenzioni al settore auto, privilegiandone altri più redditizi.
Tesla, che utilizza molti microchip nelle proprie automobili elettriche, si era trovata nelle stesse difficoltà della concorrenza. A inizio anno, aveva segnalato agli investitori problemi con vari fornitori, tra ritardi delle consegne e scarsa disponibilità di componenti compresi i chip, definiti «una delle più grandi sfide che Tesla abbia mai dovuto affrontare». La società non aveva escluso che questi problemi potessero riflettersi sulla produzione di nuove automobili.
L’annuncio aveva messo in allarme analisti e investitori, preoccupati da un calo della produzione che avrebbe avuto grandi conseguenze per le finanze di Tesla, migliorate solo negli ultimi anni dopo un forte periodo di crisi.
A distanza di qualche mese, le cose sono andate meglio del previsto per Tesla. A differenza delle grandi aziende automobilistiche, che lavorano su volumi molto più grandi, con una minore flessibilità nelle fasi produttive, la società di Elon Musk è riuscita a riprogrammare parte delle forniture di microchip sfruttando una maggiore flessibilità nei propri sistemi, sia negli impianti di produzione sia sulle singole automobili.
Musk aveva per esempio detto a fine luglio che Tesla era riuscita a non rallentare più di tanto grazie a una rapida sostituzione di alcuni componenti nelle sue automobili, che aveva reso possibile l’attivazione di contratti con nuovo fornitori: «Siamo stati in grado di sostituire i chip con alcune alternative, e poi riprogrammarli nel giro di poche settimane. Non si è trattato solamente di sostituire un chip: abbiamo anche dovuto riscrivere il software».
A differenza di altri produttori di automobili, Tesla sviluppa internamente un maggior numero di sistemi da impiegare direttamente sui propri veicoli, comprese la destinazione e le funzioni dei microchip. I suoi sviluppatori e ingegneri hanno quindi potuto destinare ad altri usi i microchip già impiegati per alcune funzioni, privilegiando le tipologie più disponibili.
Questo e altri accorgimenti hanno consentito a Tesla di mantenere alti livelli di produzione. Nel secondo trimestre di quest’anno la società ha venduto oltre 200mila automobili, mentre nel terzo trimestre da poco terminato i veicoli elettrici consegnati sono stati oltre 240mila, un nuovo record al di sopra delle previsioni degli analisti. Mentre molte aziende automobilistiche hanno ridotto la produzione negli ultimi mesi, Tesla è riuscita ad aumentarla sensibilmente tra luglio e settembre, con una crescita del 73 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Musk ha di recente detto che la carenza di microchip è un problema «di breve periodo» e che non dovrebbe avere particolari ripercussioni nel lungo termine, perché sono in costruzione nuovi impianti per produrre microchip che dovrebbero essere già pronti per il prossimo anno. Musk non ha però fornito molti altri dettagli e le sue previsioni non concordano con quelle della maggior parte degli analisti, che ritengono una durata piuttosto lunga della crisi, almeno fino al 2023. È vero che alcuni dei più grandi produttori di microchip, come Intel e TSMC, hanno in programma la costruzione di nuovi stabilimenti, ma saranno necessari anni prima che siano pronti.
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