La Polonia non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee
La sua Corte Costituzionale ha stabilito che ogni legge europea deve rispettare la legge polacca: è una decisione senza precedenti
Giovedì la Corte Costituzionale polacca ha stabilito che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione Europea deve essere conforme alla legge polacca, per essere applicato in Polonia. La sentenza, arrivata in seguito a un quesito del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, significa di fatto che la Polonia non riconosce più la supremazia delle leggi europee su quelle polacche, cioè uno dei princìpi fondativi dell’Unione Europea.
La decisione della Corte Costituzionale polacca non ha precedenti nella storia europea ma è solo l’ultimo passaggio di una contesa giudiziaria che prosegue da alcuni anni fra l’Unione Europea e la Polonia, diventata un paese a guida semi-autoritaria dopo la vittoria alle elezioni del 2017 da parte del partito Diritto e Giustizia, di estrema destra. L’Unione Europea e la stragrande maggioranza degli esperti di diritto internazionale ritengono che il governo polacco abbia compromesso l’indipendenza dei tribunali e della magistratura con varie decisioni: la stessa Corte Costituzionale polacca è piena di giudici nominati direttamente dal governo e ritenuti vicini a Diritto e Giustizia.
La Corte Costituzionale polacca aveva già preso una decisione simile a luglio, ma allora riguardava una specifica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il principale organo giudiziario dell’Unione. La sentenza di giovedì riguarda in maniera più ampia il Trattato sull’Unione Europea, aggiornato l’ultima volta nel 2007, i cui articoli 1 e 19 – che in estrema sintesi stabiliscono la supremazia del diritto comunitario su quello nazionale in certi ambiti – sarebbero incompatibili con la legge polacca. «Nel sistema giuridico polacco il Trattato sull’Unione Europea è subordinato alla Costituzione, e come ogni norma del sistema polacco deve essere conforme», si legge nelle motivazioni della sentenza, in un passaggio tradotto da Reuters.
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«È una rivoluzione, dal punto di vista legale», ha detto al Guardian René Repasi, che insegna diritto dell’UE all’università di Rotterdam, nei Paesi Bassi: «È vero che la Corte Costituzionale non è indipendente, ma questo è il passaggio più vicino a un’uscita “giudiziaria” dall’Unione Europea mai compiuto da un tribunale nazionale».
I tentativi da parte dell’Unione Europea per risolvere diplomaticamente la contesa giudiziaria con la Polonia sono ormai innumerevoli e comprendono anche una procedura di infrazione, aperta nel 2017 e mai portata a termine. Più di recente la Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione, è passata alle maniere forti e ha bloccato i fondi del cosiddetto Recovery Fund alla Polonia finché non accoglierà le indicazioni dell’Unione Europea sull’indipendenza della magistratura e dei tribunali polacchi.
Il problema del rispetto dello stato di diritto in Polonia non riguarda solo il sistema giudiziario, che ormai da anni è di fatto controllato da Diritto e Giustizia (che peraltro è il principale alleato europeo del partito italiano Fratelli d’Italia). Negli ultimi anni il governo di Diritto e Giustizia ha approvato diverse leggi contro la libertà di informazione, i diritti delle donne e della comunità LGBT+. Finora l’Unione Europea non è riuscita a ottenere quasi nulla dal governo polacco perché, molto banalmente, non dispone di strumenti coercitivi efficaci per costringere uno stato membro a rispettare le proprie decisioni.
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L’unico piccolo successo è arrivato di recente, quando quattro regioni polacche hanno deciso di non chiamarsi più “zone libere dall’ideologia LGBT”, una denominazione discriminatoria introdotta in alcune parti della Polonia nel 2019, per paura di perdere fondi europei. «L’unica lingua che Varsavia comprende è quella dei soldi», ha commentato Daniel Freund, parlamentare europeo tedesco che siede nella commissione Bilancio. Freund ha aggiunto che per ritorsione la Commissione dovrebbe sospendere tutti i finanziamenti alla Polonia, non solo quelli legati al Recovery Fund.
Dopo la sentenza della propria Corte Costituzionale, il governo polacco ha difeso la decisione dei giudici, con cui si è detto d’accordo. La sensazione di alcuni è che il governo e la Corte abbiano voluto «alzare la posta», e minacciare di non rispettare più le leggi e le sentenze europee in modo da trovare un compromesso che sblocchi l’erogazione dei fondi europei. La Polonia infatti è un paese assai povero la cui economia dipende in gran parte dai generosi fondi europei che riceve da anni: né il governo né l’elettorato polacco hanno alcun interesse a uscire dall’Unione Europea.
EuObserver nota che la decisione della Corte Costituzionale sarà legalmente vincolante solo quando sarà pubblicata dalla gazzetta ufficiale del governo polacco, che forse nel frattempo spera di trovare un accordo più ampio con la Commissione Europea. Non è ancora chiaro, però, quale strategia intenda seguire la Commissione, che giovedì si è limitata a definirsi «seriamente preoccupata».