Singapore ha approvato una controversa e criticata legge sulle interferenze straniere nella politica nazionale
Lunedì il parlamento di Singapore ha approvato una nuova legge per limitare le interferenze straniere nella politica nazionale: la norma è stata criticata molto dai partiti dell’opposizione e da molti attivisti, che hanno accusato il governo di volerla usare per reprimere il dissenso e la libertà di espressione.
In sostanza, la legge dà al governo di Singapore il potere di obbligare i fornitori di servizi internet e le piattaforme di social media a consegnargli informazioni sugli utenti, bloccare i contenuti e rimuovere le applicazioni usate per diffondere qualsiasi cosa sia ritenuta ostile verso il governo. Gruppi e individui potranno essere designati come «persone politicamente rilevanti», uno status che li obbliga, tra le altre cose, a rivelare le proprie fonti di finanziamento straniere. Tutti i ricorsi saranno poi gestiti da tribunali indipendenti.
La legge è passata intorno a mezzanotte, dopo dieci ore di acceso dibattito, con 75 voti a favore, 11 contrari e due astenuti. È stata criticata anche da esponenti delle ONG Human Rights Watch e Reporter senza frontiere. C’è anche una petizione online con cui sono già state raccolte più di 75mila firme (a Singapore la popolazione adulta è di quasi 5 milioni).
Non è la prima legge che limita in modo significativo la libertà di espressione e associazione a Singapore, una città-stato governata fin dalla sua indipendenza nel 1965 dallo stesso partito, il Partito d’Azione Popolare, che guida il paese in modo autoritario, con regole rigidissime riguardo a tutti gli aspetti della vita quotidiana e pene molto severe per chi le infrange.