Che cosa c’è nei “Pandora Papers”

Un nuovo grande archivio di documenti riservati mostra come politici e personaggi pubblici sfruttino sistematicamente i paradisi fiscali per i loro patrimoni

(ICIJ)
(ICIJ)

Un’inchiesta giornalistica internazionale coordinata tra decine di giornali ha avviato la pubblicazione di una serie di articoli sugli affari di centinaia di politici, personaggi pubblici e famosi, che negli anni hanno accumulato grandi quantità di denaro nei cosiddetti paradisi fiscali. L’iniziativa è stata chiamata “Pandora Papers” e ricorda quella svolta cinque anni fa con la diffusione dei “Panama Papers”, che aveva reso pubbliche numerose informazioni sui patrimoni conservati nelle società offshore di Panama e non solo.

La nuova inchiesta è stata svolta dai giornalisti dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) e i primi articoli sono stati pubblicati su numerose testate di 117 paesi, come BBC News (Regno Unito), Washington Post (Stati Uniti), Le Monde (Francia), El País (Spagna) e l’Espresso (Italia).

Stando alle informazioni fornite da ICIJ, i Pandora Papers contengono oltre 11,9 milioni di documenti fiscali e finanziari, per un totale di circa 2,9 terabyte (TB) di dati. Derivano da 14 società finanziarie che si occupano di organizzare la gestione e il trasferimento verso i paradisi fiscali dei patrimoni dei loro clienti. Per ora il Consorzio non ha fornito dettagli sull’origine dei documenti e stima che in totale riguardino 32mila miliardi di dollari protetti dalla tassazione dei paesi in cui risiedono i loro proprietari. La stima comprende unicamente i conti bancari, escludendo quindi altre risorse come immobili, gioielli e oggetti di valore.

Nei Pandora Papers si parla di 35 capi o ex capi di governo e leader politici, oltre a circa 400 funzionari a vario livello in circa 100 paesi. La lista comprende l’ex primo ministro britannico, Tony Blair, il presidente del Cile, Sebastián Piñera, il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Nei documenti diffusi finora sui giornali sono compresi un centinaio di miliardari e quasi 30mila conti offshore.

I meccanismi impiegati per evitare la tassazione nei paesi di origine sono per lo più quelli classici, che prevedono l’apertura di società con sede legale nei paradisi fiscali verso le quali far confluire il denaro.

Di solito queste società non hanno dipendenti e sono gestite da intermediari, che offrono servizi per mascherare i trasferimenti di denaro e ridurne la tracciabilità. Alcune di queste attività sono illecite, altre vengono realizzate sfruttando buchi legislativi che derivano dallo scarso coordinamento tra i paesi delle regole sui trasferimenti di denaro in ambito internazionale. Gli stessi paradisi fiscali sfruttano queste carenze per attrarre i grandi capitali e guadagnare rilevanza nella politica e più in generale nel mondo degli affari.

Dai Pandora Papers si è scoperto che il re della Giordania, Abdullah II, ha acquistato tramite le proprie attività offshore residenze per oltre 100 milioni di dollari in California e a Londra. Secondo i suoi legali, gli acquisti furono effettuati senza violare le leggi e soprattutto senza attingere a fondi pubblici.

Il presidente della Repubblica Dominicana, Luis Abinader, possiede una società registrata a Panama insieme ad alcuni familiari. Prima di essere eletto lo scorso anno, Abinader aveva comunque fornito dettagli sul proprio patrimonio (come richiesto dalle leggi del paese) sostenendo di avere fondato società all’estero per semplificare la gestione dei propri affari, a causa della mancanza di leggi adeguate per le aziende nella Repubblica Dominicana.

Il primo ministro della Repubblica Ceca, Andrej Babis, nel 2009 acquistò segretamente un castello in Francia nei pressi di Cannes, pagandolo circa 22 milioni di dollari. Il pagamento fu effettuato tramite trasferimenti di denaro all’estero dalle Isole Vergini britanniche a Washington (Stati Uniti), passando poi per una società di Monaco. Babis è tra le persone più ricche del suo paese: fondatore del conglomerato Agrofert, è stato eletto primo ministro nel 2017.

Il presidente del Montenegro, Milo Djukanovic, una delle figure politiche più influenti nel paese da circa 30 anni, nel 2012 costituì due fondi nelle Isole Vergini britanniche attraverso una società intermediaria svizzera. Djukanovic ha sostenuto di avere svolto l’operazione quando non aveva ancora incarichi pubblici di rilievo e si occupava del settore privato.

Il presidente del Cile, Sebastián Piñera, fondò tramite alcune proprie aziende due società presso le Isole Vergini britanniche, mentre un’azienda nel settore minerario della quale possedeva circa un terzo delle azioni effettuò alcune transazioni per la vendita di pacchetti azionari tramite un’altra società offshore. Piñera ha fatto sapere di non essere attualmente coinvolto nella proprietà o nel controllo di società nelle Isole Vergini britanniche, ma alcune di quelle iniziative furono condotte insieme a membri della sua famiglia.

Prima di essere eletto presidente dell’Ucraina un paio di anni fa, Volodymyr Zelensky possedeva quote di una società alle Isole Vergini britanniche, registrata come azionista di aziende per la produzione e la distribuzione di film. Zelensky cedette le proprie azioni ad un amico poco prima delle elezioni.

I Pandora Papers riguardano anche il presidente della Russia, Vladimir Putin, e i suoi rapporti con una donna che ha acquistato un appartamento di lusso a Monaco.

Nei documenti non ci sono invece informazioni su alcune delle persone più ricche al mondo come l’ex CEO di Amazon, Jeff Bezos, il CEO di Tesla e SpaceX, Elon Musk, e il miliardario Warren Buffett. La loro assenza è spiegata sia dal fatto che negli Stati Uniti i grandi patrimoni sono tassati meno che altrove, sia dal fatto che i documenti non riguardano le Isole Cayman, uno dei paradisi fiscali più impiegati dagli statunitensi. La documentazione mostra comunque come negli ultimi anni alcuni stati come South Dakota e Nevada abbiano via via approvato nuovi regolamenti e leggi sulla segretezza dei conti bancari, al punto da attrarre il trasferimento di grandi quantità di denaro dall’estero.

I documenti dei Pandora Papers provengono da 14 società internazionali basate non solo alle Isole Vergini britanniche, ma anche a Dubai, Singapore, Panama, Belize e le Seychelles. Interessano 25 anni di transazioni e attività offshore, dal 1996 fino al 2020. Nella documentazione si trovano comunque riferimenti a transazioni effettuate fino a 50 anni fa.

Per quanto riguarda l’Italia, l’Espresso ha segnalato in un primo articolo la vicenda di Raffaele Amato, accusato di essere un boss della camorra:

Ha utilizzato una compagnia di fiduciari con base a Montecarlo per schermare la proprietà di una società-cassaforte inglese, che ha comprato terreni e immobili in Spagna. Amato è stato il capo degli «scissionisti», l’alleanza di clan camorristi che fu al centro della sanguinaria guerra di mafia che ha ispirato il libro e la serie televisiva Gomorra. Arrestato nel 2009 dopo anni di latitanza proprio in Spagna ed estradato in Italia, il boss Amato sta scontando una condanna definitiva a vent’anni di reclusione. I suoi fiduciari di Montecarlo, contattati più volte dal consorzio ICIJ, non hanno risposto alle nostre domande e richieste di chiarimenti.

I documenti forniscono anche informazioni su Delfo Zorzi, condannato in primo grado per la strage di piazza Fontana a Milano e poi assolto in appello con conferma dell’assoluzione da parte della Cassazione:

intercettato dalla polizia italiana nel 1997 mentre era latitante, utilizzava per le comunicazioni più riservate un telefonino intestato alla filiale svizzera di una misteriosa società offshore. La sua esistenza e le sue attività in Italia, dove Zorzi controllava segretamente catene di negozi e aziende di abbigliamento, fu svelata da un’inchiesta giornalistica dell’Espresso firmata da Alessandro Gilioli. I Pandora Papers ora documentano che Zorzi era cliente della Fidinam, una società fiduciaria svizzera controllata da prestigiosi avvocati ed ex magistrati, che aveva registrato quel cliente con il suo nuovo nome giapponese, Hagen Roi, ottenuto a Tokyo dove vive dagli anni ’70.

I Pandora Papers contengono riferimenti ad altri personaggi di spicco in Italia, le cui vicende saranno raccontate nel corso delle prossime settimane sull’Espresso. Anche gli altri giornali che partecipano all’iniziativa pubblicheranno nei prossimi giorni nuovi articoli su singoli personaggi le cui attività sono ora ricostruibili grazie alla grande mole di documenti ottenuti, che ancora una volta mostrano il problema dei paradisi fiscali e la scarsa efficacia delle politiche assunte in ambito internazionale per provare a contenerlo.