In India si usano ancora molte macchine da scrivere
Nonostante le ovvie innovazioni introdotte negli ultimi decenni, restano importanti per alcuni motivi pratici e per certe esigenze
Nel 1936 il giudice indiano Pannalal Bose presentò le sue conclusioni su un caso criminale che in quel momento era il più noto e discusso del paese, e riguardava il ritorno di un ricco nobile che tutti credevano morto, scomparso dieci anni prima a seguito di un tentato omicidio. Il giudice produsse un imponente rapporto di 531 pagine che aveva redatto personalmente con la sua macchina da scrivere portatile dell’azienda americana Remington Rand: è ancora abbastanza celebre in India come una notevole impresa di scrittura. Quasi un secolo dopo, benché computer, laptop e stampanti siano entrati nella vita quotidiana di miliardi di persone in tutto il mondo, in India le macchine da scrivere sono ancora molto utilizzate, sia per motivi pratici, sia per esigenze di altro tipo, e uno degli ambiti di maggior utilizzo è ancora quello giuridico.
In un lungo articolo su BBC Future si racconta che tradizionalmente fuori dai tribunali delle principali città dell’India, in particolare Delhi e Calcutta, lavoravano migliaia di incaricati il cui compito era trascrivere i documenti legali. Grazie al loro lavoro, le persone coinvolte nelle cause potevano avere subito a disposizione i documenti, che peraltro spesso dovevano anche essere tradotti nelle varie lingue che si parlano nel paese.
Sebbene l’avvento degli strumenti digitali abbia portato a un comprensibile declino degli addetti che lavorano a macchina da scrivere fuori dai tribunali, è un mestiere che continua a sopravvivere. Rajesh Palta, titolare della Universal Typewriters, azienda che produce e vende macchine da scrivere dal 1954, ha detto a BBC che oggi fuori dal tribunale di Delhi ne rimangono «solo 14 o 15». Secondo stime citate sempre da BBC, comunque, nel 2014 fuori dai principali tribunali indiani lavoravano a macchina da scrivere ancora circa duemila persone.
Ci sono alcuni motivi per cui le macchine da scrivere portatili in India hanno continuato a essere così diffuse anche dopo che erano diventati molto più comuni i computer o comunque le macchine da scrivere elettroniche.
Intanto, usarle offriva il vantaggio di poter continuare a lavorare anche in caso di interruzioni dell’energia elettrica, che in India sono un fenomeno frequente, e inoltre dava uno strumento anche a chi abitava nelle aree rurali più remote. In più, come ha spiegato a BBC Murugavel Prakash, che insegna come si scrive a macchina a 300 studenti in una scuola di Madurantakam – nel sud del paese –, l’inchiostro delle macchine da scrivere «non scompare mai, al contrario di quello dei documenti stampati a computer».
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Convenzionalmente l’invenzione della macchina da scrivere (o macchina per scrivere) viene fatta risalire all’inizio del Diciottesimo secolo. Uno dei primi brevetti sarebbe opera di Giuseppe Ravizza, un avvocato di Novara che intorno al 1855 brevettò un “cembalo scrivano”, ovvero un dispositivo di scrittura che inizialmente era pensato per persone cieche e utilizzava un meccanismo con i “martelletti” simile a quello degli strumenti come il pianoforte. Qualche anno più tardi l’americano Christopher Sholes inventò una macchina simile per conto dell’azienda Remington Rand; in Italia la storia di questo strumento fu in seguito legata a quella dell’imprenditore Adriano Olivetti, la cui azienda produsse alcuni dei modelli portatili di maggior successo in tutto il mondo. Poco a poco, però, vennero tutti soppiantati dai computer.
In India tuttavia le macchine da scrivere si continuano a usare anche perché permettono a chi non ha un computer né un laptop a casa di esercitarsi e di imparare a lavorare con una tastiera.
Quello che gestisce Prakash è soltanto uno dei moltissimi istituti che in India insegnano a scrivere a macchina. Un altro per esempio è quello che gestisce Dhanalakshmi Bhaskaran, che si trova sempre nel sud del paese e insegna a scrivere in ben tre lingue: inglese, hindi e tamil. Tra gli allievi di Bhaskaran ci sono sia studenti delle scuole superiori, sia adulti che vogliono avere una competenza in più per trovare un lavoro negli uffici governativi e giovani madri che vogliono riprendere la carriera dopo aver avuto figli, racconta BBC.
Alla fine del corso, gli allievi devono superare un esame per ricevere una certificazione che a detta di Bhaskaran è molto utile e ambita: «Esercitandosi con questa macchina, si può davvero migliorare la velocità ed evitare gli errori. Ed è facile applicare queste capacità al computer».
Palta, il titolare della Universal Typewriters, ha raccontato che c’è anche un’altra fetta di persone che continuano a usare le macchine da scrivere. Oltre agli appassionati e ai collezionisti, infatti, vengono utilizzate anche da chi vuole esercitarsi con la scrittura creativa. Uno di questi è Maharaja Jayendra Pratap Singh, un membro della ex famiglia reale dei Balrampur, oggi custode di un tempio sacro indù nell’Uttar Pradesh, nel nord dell’India.
Singh ha detto che per lui la macchina da scrivere è «un mezzo per contenere i pensieri capricciosi e limitare le distrazioni del mondo digitale», che gli impedirebbero di concentrarsi su quello che vorrebbe fare. In più, ha aggiunto Singh: «Amo il modo in cui le lettere sono impresse sulla carta – la stampa a computer non è la stessa cosa. Un messaggio scritto a macchina rende tutto più speciale».
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