Che aria respiriamo
Mentre l'OMS ha abbassato ulteriormente le raccomandazioni sui limiti di particolato e altri inquinanti, l'Italia fatica a rispettare quelli meno rigidi stabiliti dall'Unione Europea
Ogni giorno, a causa delle attività umane, numerose sostanze vengono disperse nell’atmosfera. Alcune, come l’anidride carbonica (CO2), sono la causa del riscaldamento globale. Altre non hanno particolari effetti sul clima, ma sono dannose per la salute. Per questo dal 1987 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) pubblica periodicamente delle linee guida sulla presenza di certe sostanze nell’aria che respiriamo, fissando dei livelli massimi raccomandati.
Il 22 settembre li ha aggiornati, in molti casi abbassandoli rispetto al 2005, e la Commissione Europea ha detto che l’anno prossimo farà una revisione dei propri limiti per tenerne conto. Per questo all’Italia, che spesso non ha rispettato le regole europee sulla qualità dell’aria, sarà richiesto uno sforzo ancora maggiore, sollecitato da numerose organizzazioni di medici italiane.
Le nuove linee guida dell’OMS tengono conto di più di 500 ricerche fatte dal 2005 a oggi sugli effetti sulla salute delle principali sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera, che si stima causino ogni anno la morte prematura di 7 milioni di persone. Le sostanze in questione sono sei ben noti inquinanti dell’aria: il particolato (PM10), il particolato fine (PM2,5), l’ozono (O3), il diossido di azoto (NO2), il diossido di zolfo (SO2) e il monossido di carbonio (CO).
I particolati sono l’insieme delle sostanze – solide e liquide – che si trovano sospese nell’aria in agglomerati di diametro fino a mezzo millimetro e sono gli inquinanti a cui bisogna fare più attenzione perché penetrano nei polmoni (il PM2,5 arriva fino al sangue) e hanno degli effetti sul sistema respiratorio e su quello cardiovascolare. Dal 2013 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) dell’OMS li ha inseriti nella lista delle sostanze cancerogene.
Anche l’NO2 è ritenuto cancerogeno e può essere dannoso per l’apparato respiratorio; lo stesso vale per l’O3, tra le sostanze più rischiose per chi soffre d’asma. In Italia gli attuali limiti di legge per tutte queste sostanze sono stati fissati con un decreto legislativo nel 2010, che recepiva una direttiva dell’Unione Europea del 2008: in buona parte sono più alti rispetto a quelli raccomandati dall’OMS nel 2005, e ancora di più rispetto ai nuovi. Ad esempio, il limite europeo per la concentrazione media annuale di particolato fine è cinque volte più alto rispetto alla nuova raccomandazione dell’OMS.
Anche gli attuali limiti di legge peraltro sono spesso disattesi da molti paesi europei, Italia compresa. Il giorno prima della pubblicazione delle nuove linee guida dell’OMS, l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) ha fatto sapere che la maggior parte dei paesi membri aveva violato almeno uno dei limiti nel 2019. In particolare, in 16 paesi tra cui l’Italia, sono stati superati i valori limite giornalieri per il PM10 e in 4 paesi i valori limite annuali per il PM2,5; nella stragrande maggioranza dei paesi inoltre sono stati superati i limiti raccomandati dall’OMS nel 2005.
I dati provvisori relativi al 2020 sono migliori, ma bisogna considerare che il minore uso dei mezzi di trasporto dovuto alla pandemia da coronavirus ha contribuito a ridurre temporaneamente alcune fonti di inquinamento. Secondo l’organizzazione internazionale nel 2019 più del 90 per cento della popolazione mondiale viveva in zone in cui la concentrazione di PM2,5 superava quella raccomandata nel 2005.
A causa dell’eccessivo inquinamento dell’aria negli ultimi anni circa una decina di stati europei sono stati portati in tribunale per le violazioni. Lo scorso novembre la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha stabilito ad esempio che l’Italia aveva violato la direttiva europea sulla qualità dell’aria, superando «in maniera sistematica e continuata tra il 2008 e il 2017» i valori limite relativi al PM10 e non adottando misure appropriate per evitarlo.
A giugno l’EEA ha fatto una classifica delle città europee relativa alla qualità dell’aria basandosi sui livelli medi di PM2,5 nei due anni precedenti e una città italiana, Cremona, è risultata penultima su 323. Vicenza si è aggiudicata il 320esimo posto, Brescia e Pavia il 315esimo e il 314esimo, seguite a poca distanza da Venezia, Piacenza, Bergamo, Treviso e Milano, al 303esimo posto; le altre città che occupano i venti posti più in basso della classifica sono polacche, bulgare e croate. Sempre secondo dati dell’EEA, nel 2018 in Italia 52.300 persone sono morte prematuramente – cioè in anticipo rispetto a quanto ci si sarebbe potuto stimare per l’aspettativa di vita nazionale – a causa dell’inquinamento da particolato fine: è un numero pari al 13,8 per cento di tutte le morti premature considerate legate a questa forma di inquinamento nell’Unione Europea.
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In generale, nell’ultimo decennio la concentrazione di sostanze inquinanti nell’aria si è ridotta in buona parte dei paesi più industrializzati del mondo, grazie ai progressi tecnologici e a leggi come l’attuale direttiva europea. È però aumentata considerevolmente nei paesi in via di sviluppo e infatti annunciando le nuove linee guida il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ricordato che l’inquinamento dell’aria colpisce soprattutto chi vive in quei paesi.